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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Castri di Lecce

Omicidio del falegname, un’imputata: “Volevamo solo i soldi. Mai pensato di ucciderlo”

Si è tenuto oggi l’esame di Patrizia Piccinni sott’accusa per la morte di Donato Montinaro, falegname in pensione di 76 anni, avvenuta nella sua abitazione, in via Roma, a Castri, il 10 giugno del 2022

CASTRI - Sarebbe stata Angela Martella, 59 anni, originaria di Gagliano del Capo ma residente a Salve, la regista della rapina in seguito alla quale, la vittima, Donato Montinaro, falegname in pensione, perse la vita a 76 anni.

A dichiararlo questa mattina nell’aula bunker del carcere di Lecce è stata Patrizia Piccinni, 49enne residente ad Alessano, nel processo che la vede sott’accusa con la prima e altri due uomini, Emanuele Forte e Antonio Esposito, entrambi 40enni e residenti a Corsano, per il delitto avvenuto la sera del 10 giugno del 2022.

L’imputata ha raccontato che Martella aveva conosciuto Montinaro cinque anni addietro, avendo prestato per lui servizi come badante, e che questa, venuta a conoscenza della presenza di un’ingente somma di denaro custodita dal malcapitato nella sua abitazione, in via Roma, a Castri, escogitò il modo per impossessarsene: avrebbe contattato telefonicamente l’anziano, concordando un incontro di natura sessuale tra lui e l’amica.

La versione della donna: “Non ho assistito all’aggressione”

Questa, in sintesi, la ricostruzione dei fatti riportata dalla 49enne dinanzi alla Corte d’Assise, composta dal presidente Pietro Baffa, dalla giudice Cinzia Vergine e dai giudici popolari, in  risposta alle domande della sostituta procuratrice Erika Masetti: entrò lei per prima nell’abitazione dell’uomo e  lasciò la porta aperta per consentire ai complici di intrufolarsi e rovistare nelle stanze alla ricerca del denaro; dopo essere stata accolta, il proprietario la condusse in una camera, mostrando di voler andare subito al sodo, tanto da strapparle il vestito di dosso e sovrastarla seminudo sul letto; a quel punto, provò prima a chiedere aiuto a Martella - con la quale sin dal momento dell’ingresso in casa, era rimasta in contatto telefonico (naturalmente all’insaputa della vittima), così che potesse monitorare i vari spostamenti - poi, sempre col cellulare, allertò Esposito che intervenne con Forte bloccando mani e piedi dell’anziano, e consentendole così di ricomporsi e uscire nel cortile.

Insomma, stando a quanto riferito, da quel momento in poi, Piccini sarebbe stata all’oscuro di ciò che avvenne tra le mura domestiche. Avrebbe appreso che l’uomo fu imbavagliato solo quando, oramai in auto, sulla via del ritorno, Esposito avrebbe manifestato la volontà di tornare indietro e liberare la vittima, trovando però il diniego di Martella.

Processo sulla morte del falegname di Castri

La consulente della difesa: “La vittima non morì soffocata”

Di certo, il corpo senza vita del falegname fu ritrovato il mattino seguente dalla collaboratrice domestica che si prendeva cura della casa e della figlia diversamente abile: aveva i polsi e le caviglie legati con delle fascette, era imbavagliato, incappucciato e intorno al collo aveva indumenti, lenzuola e nastro adesivo.

L’autopsia svolta dal medico legale Roberto Vaglio per conto della sostituta procuratrice Maria Consolata Moschettini (titolare del fascicolo d’inchiesta) stabilì che la morte avvenne per asfissia da soffocamento. Sul punto, tuttavia, è giunta a conclusioni molto diverse la consulente della difesa Francesca Negro, che ha escluso categoricamente l’asfissia come possibile causa, ritenendo piuttosto che a provocare il decesso fu un’aritmia improvvisa.

Queste conclusioni, se condivise dalla Corte, andrebbero a rafforzare la tesi sostenuta dai difensori - gli avvocati Silvio Verri (per Martella), Luca Puce (per Esposito), David Alemanno (per Piccinni), Marco Maria Costantino (per Forte) – secondo cui l’unico obiettivo del gruppo sarebbe stato di impossessarsi del denaro e non di commettere un omicidio.

 L’udienza è stata aggiornata al 2 aprile per l’ascolto degli altri imputati.

Già lo scorso 7 novembre, Esposito aveva letto una lettera scritta per la sorella della vittima, per chiedere scusa e spiegare che in quel periodo era fuori di sé a causa dell’uso di sostanze stupefacenti (come riportato in questo articolo).

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