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Cronaca Gallipoli

Omicidio Greco, in aula la versione dell'imputato a distanza di 26 anni

Nicola Greco ha spiegato ai giudici di aver accompagnato il killer ma di non essere a conoscenza della volontà di uccidere

LECCE – Nuova udienza nel processo per l'omicidio di Carmine Greco, commesso il lontano 13 agosto del 1990. Sul banco dei testimoni, dinanzi ai giudici della Corte d’Assise di Lecce, è salito uno dei due imputati, Nicola Greco, il 44enne accusato di essere uno degli esecutori dell’omicidio. Nel processo è imputato anche Marcello Padovano, alias “brioscia”, assistito dall’avvocato Gabriele Valentini e ritenuto uno dei presunti mandanti del delitto. 

Greco, assistito dagli avvocati Ladislao Massari e Mario Coppola, ha ribadito sostanzialmente quanto già dichiarato in un memoriale consegnato agli inquirenti e in alcune dichiarazioni spontanee rilasciate in una precedente udienza. In particolare, di aver accompagnato sul luogo del delitto Carmelo Mendolia, convinto che dovesse solo dare una lezione a Carmine Greco. Il 44enne avrebbe dovuto solo accompagnare Mendolia a casa del suo omonimo. Il killer, però, avrebbe estratto la pistola e iniziato a sparare più volte.

Nel corso dell'udienza odierna è stato sentito anche Giuseppe Barba che, incalzato dalle domande del collegio difensivo, ha in parte modificato la propria versione dei fatti, affermando di aver fornito l'arma ma di di non essere a conoscenza della volontà di uccidere. In un altro processo, come evidenziato dall'avvocato Valentini, Barba avrebbe affermato di essersi anche costituito un alibi per il giorno dell'omicidio fingendosi malato.

Un delitto, quello di Greco, avvenuto nell'ambito della gestione del traffico di sostanze stupefacenti. Greco, avrebbe “spacciato ingenti quantitativi di droga sul territorio di Gallipoli da “cane sciolto”, senza rendere conto della sua attività all'organizzazione”. Un omicidio di cui l'altro mandante fu Rosario Padovano e Carmelo Mendolia il secondo esecutore materiale. E’ stato lo stesso Mendolia, siciliano, oggi collaboratore di giustizia a svelare il mistero di quel delitto.

Nicola Greco-2-5“Raggiunsi l’abitazione di Greco a bordo di una Fiat Uno – ha raccontato il collaboratore di giustizia con lucida e spietata freddezza –, con un altro ragazzo. Dopo aver attirato la sua attenzione gli sparammo diversi colpi. Tutto avvenne a poca distanza dalla moglie e dal figlio della vittima”. Rosario Padovano è stato già condannato all'ergastolo e Mendolia a 14 anni di reclusione. Condanna giunta nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio di Salvatore Padovano (alias Nino bomba, fratello di Rosario e storico boss della Scu).

Le indagini sull'omicidio, a distanza di quasi un quarto di secolo, sono state condotte dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Lecce (al comando del tenente colonnello Antonio Massaro). Nei loro confronti è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Vincenzo Brancato su richiesta del sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone. Un'inchiesta lunga e complessa, che a distanza di tanti anni ha ricostruito, tassello dopo tassello, contesto e modalità dell'omicidio, avvalorando o confutando le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: Marco Barba, Franco Ventura, Simone Caforio e Giorgio Manis. 

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