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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Squinzano

Stalking e violenza sessuale alla ex convivente, ma i cellulari raccontano altro: assolto

Dopo il verdetto di oggi, è tornato in libertà un 47enne di Squinzano, attualmente ai domiciliari col braccialetto. Molte, troppe le incongruenze e le anomalie rilevate dalla giudice nel racconto della persona offesa

LECCE - E’ stato assolto ed è tornato un uomo libero, Emiliano Vergine, il 47enne residente a Squinzano noto alle cronache per diverse inchieste giudiziarie, ma stavolta finito al banco degli imputati con l’accusa di aver tormentato la ex e, in una circostanza di aver abusato di lei, appena uscito da “Borgo San Nicola”. Così nell’ambito di questo procedimento, lo scorso settembre, l’uomo era rientrato nel penitenziario, salvo poi ottenere, quattro mesi dopo, i domiciliari (con braccialetto elettronico).

Sin dal momento dell’arresto, Vergine aveva proclamato la sua innocenza, spiegando, durante l’interrogatorio di garanzia, che sarebbe riuscito a dimostrare che la sua accusatrice mentiva perché in realtà la loro relazione, seppur tra alti e bassi, non si era mai realmente interrotta.

Fondamentali a sostenere la tesi difensiva, sono state la consulenza sui telefonini della coppia svolta dalla ingegnera Tania De Benedittis, per conto della Procura, su sollecitazione dell’avvocata dell’imputato Rita Ciccarese, e le dichiarazioni rilasciate da alcuni testimoni in merito alla presenza dei due in strutture ricettive e in una Spa, dove la donna a suo dire sarebbe stata molestata dall’imputato.

Dal reciproco “buongiorno” del mattino, alle sfuriate di gelosia, passando per foto di gioielli e borse che il 47enne avrebbe inoltrato alla donna chiedendole di esprimere la sua preferenza, così da poter procedere all’acquisto, e le risposte, con tanta di scelta, di lei: c’era tutto questo nei dispositivi.

“Ebbene, il copioso scambio di messaggi documenta un dato fattuale inconfutabile, vale a dire l’esistenza di una relazione affettiva connotata da continui contrasti: i due non hanno mai veramente interrotto i loro rapporti, continuando a vedersi e sentirsi, sebbene con alterni stati d’animo e con modalità ora affettuose, ora provocatorie, ora conflittuali (nelle chat, difatti, i messaggi affettuosi si alternano a diverbi e battibecchi)”, scrive la giudice del tribunale di Lecce Anna Paola Capano nella sentenza emessa oggi nei riguardi di Vergine, precisando in un successivo passaggio: “Pertanto, la lettura delle chat intercorse tra l’imputato e la persona offesa impedisce di assegnare alla denunciante un sufficiente grado di attendibilità, dal momento che la donna ha sicuramente taciuto quale fosse la vera natura del suo rapporto con Vergine, offrendo un quadro fazioso e parziale della vicenda (passando sotto silenzio, in particolare i contatti quotidiano, le sfuriate dovute a gelosia, la pretesa continua di regali personali”.

Nessun messaggio invece avrebbe mai fatto riferimento ai due episodi di violenza sessuale denunciati dalla donna, uno in casa, l’altro in un centro estetico, uno dei quali, oltretutto, osserva la gup, “aggiunto” successivamente alla prima denuncia.

A seguito del decreto di giudizio immediato, Vergine aveva chiesto e ottenuto, attraverso la sua legale, di essere processato col rito abbreviato, sicuro che sarebbe riuscito a dimostrare, in tempi rapidi, l’infondatezza degli addebiti. Ha ottenuto così un verdetto assolutorio "perché il fatto non sussiste", sollecitato dalla stessa pubblica accusa, rappresentata in aula dal sostituto procuratore Alberto Santacatterina.

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