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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Truffa al Banco di Napoli: dopo oltre dieci anni, tre condanne

Le pene inflitte a Giacinto Bianculli, ex dipendente, Carlo Frisullo, amministratore della Hippogryphus, e Anna Antonia Resta, vedova del conte Giuseppe Alberti di Catenaya. Tutto partì da un tentato suicidio

LECCE – Lecce, inizi del nostro secolo. Una truffa miliardaria scuote la tranquillità del capoluogo salentino. Una storia di nobili, funzionari, contabili, suicidi e miliardi che spariscono nel “buco nero” di un istituto bancario: il Banco di Napoli. La vicenda balza alla cronaca nel novembre del 2000, quando il conte Giuseppe Alberti di Catenaya tenta il suicidio sparandosi un colpo alla testa, all'interno del suo ufficio, nell’edificio che sorge nei pressi di piazza Sant'Oronzo. Il conte, sopravvissuto al tentativo di suicidio, sarebbe deceduto in seguito.

Un gesto estremo, quasi d’altri tempi, per prevenire, accerteranno poi le indagini, una verifica contabile presso l’istituto di credito di cui era alto funzionario. Quasi venti miliardi di vecchie lire sottratti in poco meno di dieci anni, attraverso operazioni contabili irregolari e abilmente falsificate. Un ammanco che portò a un maxi sequestro dei beni di Alberti di Catenaya e della sua consorte.

Secondo le indagini condotte dalla Procura, il conte, che nel 2000 ricopriva il ruolo di funzionario del Banco di Napoli, avrebbe fatto in modo di prelevare il denaro che la Camera di Commercio avrebbe dovuto depositare nelle casse della Banca d'Italia, il quale transitava sui conti del Banco di Napoli per poi finire su un conto corrente aperto in un ufficio postale del capoluogo.

Oggi, a distanza di oltre dieci anni, la storia è divenuta processo, trasformata in un fiume d’inchiostro di atti giudiziari che hanno portato al primo verdetto di una tragica vicenda ancora senza fine. I giudici della prima sezione penale del Tribunale di Lecce (presidente Silvio Piccinno, a latere Paola Capano e Fabrizio Malagnino), infatti, hanno condannato a 5 anni e quattro mesi di reclusione Giacinto Bianculli, 64enne leccese, ex dipendente dell’istituto bancario. Cinque anni la pena inflitta ad Anna Antonia Resta, 63 anni, vedova del conte. Condanna a 4 anni, infine, per Carlo Frisullo, 56enne leccese, amministratore della società Hippogryphus. Sono stati tutti assolti, perché il fatto non costituisce reato, gli altri imputati: Paolo Ruggeri, 63enne di Tricase, amministratore di una società di Catenaya, e una sua dipendente, Anna Puce, 44enne di Vernole; Luciano Tedesco, 36enne di Cavallino; Alessandro Margiotta, 65enne di Lecce, ex capo economo della Camera di Commercio di Lecce; Annunzio Sciolti, uomo di fiducia del conte; e Amedeo Prato, 64 anni leccese, ex dipendente della banca.

Al termine della sua lunga requisitoria nel marzo 2010, il pubblico ministero Caterina Rizzo aveva richiesto pene per complessivi 39 anni di carcere. Nello specifico il pubblico ministero aveva chiesto sei anni di reclusione per Anna Antonia Resta, Annunzio Sciolti, Giacinto Bianculli, Amedeo Prato e Carlo Frisullo. Quattro anni e mezzo di reclusione, invece, la richiesta dell’accusa per Paolo Ruggeri e Anna Puce. Il pubblico ministero aveva invocato l’assoluzione per Luciano Tedesco e Alessandro Margiotta. Le accuse a vario titolo nei confronti degli imputati erano di ricilaggio, truffa, appropriazione indebita e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Gli imputati erano difesi dagli avvocati Luigi Rella, Silvio Caroli, Giuseppe Bonsegna, Vittorio Vernaleone, Stefano De Francesco, Marco Malinconico, Giuseppe Conte e Luigi Capone. Il Banco di Napoli e la Camera di Commercio si erano costituiti parte civile con gli avvocati Angelo Pallara e Stefano Prontera.

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