rotate-mobile
Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Truffa miliardaria al Banco di Napoli, confermata condanna per ex dipendente

I giudici della Corte d'appello del Tribunale di Lecce, infatti, hanno confermato la condanna a 5 anni e quattro mesi di reclusione Giacinto Bianculli, 66enne. Assolti in due condannati in primo grado

LECCE – Lecce, inizi del nostro secolo. Una truffa miliardaria scuote la tranquillità del capoluogo salentino. Una storia di nobili, funzionari, contabili, suicidi e miliardi che spariscono nel “buco nero” di un istituto bancario: il Banco di Napoli. La vicenda balza alla cronaca nel novembre del 2000, quando il conte Giuseppe Alberti di Catenaya tenta il suicidio sparandosi un colpo alla testa, all'interno del suo ufficio, nell’edificio che sorge nei pressi di piazza Sant'Oronzo. Il conte, sopravvissuto al tentativo di suicidio, morirà in seguito.

Un gesto estremo, quasi d’altri tempi, per prevenire, accerteranno poi le indagini, una verifica contabile presso l’istituto di credito di cui era alto funzionario. Quasi venti miliardi di vecchie lire sottratti in poco meno di dieci anni, attraverso operazioni contabili irregolari e abilmente falsificate. Un ammanco che portò a un maxi sequestro dei beni di Alberti di Catenaya e della sua consorte.

Secondo le indagini condotte dalla Procura, il conte, che nel 2000 ricopriva il ruolo di funzionario del Banco di Napoli, avrebbe fatto in modo di prelevare il denaro che la Camera di commercio avrebbe dovuto depositare nelle casse della Banca d'Italia, il quale transitava sui conti del Banco di Napoli per poi finire su un conto corrente aperto in un ufficio postale del capoluogo.

Oggi, a distanza di oltre dieci anni, la storia è divenuta processo, trasformata in un fiume d’inchiostro di atti giudiziari che hanno portato al secondo verdetto di una tragica vicenda ancora senza fine. I giudici della Corte d'appello del Tribunale di Lecce, infatti, hanno confermato la condanna a 5 anni e quattro mesi di reclusione Giacinto Bianculli, 66enne leccese, ex dipendente dell’istituto bancario. Assolti, invece, Anna Antonia Resta, 65 anni, vedova del conte (condannata a 5 anni in primo grado) e Carlo Frisullo, 58enne leccese, amministratore della società Hippogryphus (4 anni in primo grado). Le accuse a vario titolo nei confronti degli imputati erano di riciclaggio, truffa, appropriazione indebita e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.Una storia tragica e misteriosa che, a distanza di anni, continua a riservare tanti interrogativi. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Truffa miliardaria al Banco di Napoli, confermata condanna per ex dipendente

LeccePrima è in caricamento