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Economia

Appena mille euro a testa: i dipendenti salentini sono tra i più poveri d'Italia

La media pro-capite del settore privato, elaborata da Uil, vede la provincia di Lecce fanalino di coda anche in Puglia. Il segretario Giannetto: "Servono misure concrete per l'occupazione"

LECCE – Mille euro, a malapena, per un mese di lavoro: i dipendenti del settore privato che vivono in provincia Lecce non se la passano benissimo. E, al danno di un salario così esiguo, si aggiunge la beffa di essere tra i più penalizzati su scala nazionale.

Il sindacato Uil ha infatti elaborato un classifica che prova quanto detto, analizzando le retribuzioni pro-capite medie delle varie province. Lecce, come si diceva, è al sestultimo posto in classifica: nel 2018 il salario medio di 147mila lavoratori si aggirava intorno ai mille euro; nel 2017 era addirittura inferiore, pari a 995 euro di media per circa 143mila lavoratori.

Peggio hanno fatto solo Cosenza (995), Nuoro (990), Trapani (988), Crotone (987) e Vibo Valentia (886).

Guardando alla Puglia, Taranto è il territorio che vanta le retribuzioni medie pro-capite più elevate (mille e 269 euro nel 2018), Bari si attesta a un salario medio pari a mille 236 euro, seguita da Brindisi (mille e 158), Foggia (mille e 87). A livello regionale, la retribuzione media pro-capite ammonta a mille e 166 euro.

Passando ai dati sull'occupazione reale nel settore privato, dai quali sono esclusi dallo studio gli operai agricoli e domestici, Bari è prima come numero di occupati nelle aziende private con 332.231 nel 2108, Lecce è seconda con 147.363, quindi seguono Foggia con 108.029, Taranto con 104.775 e Brindisi con 72.207.

“È un quadro sconfortante quello che emerge per la nostra provincia" , ha commentato il segretario generale della Uil di Lecce, Salvatore Giannetto.

A detta del sindacalista, a penalizzare ulteriormente le retribuzioni medie è anche la forte componente di lavoro part-time nel settore privato, che in Puglia incide per il 46 percento e che riduce sensibilmente le giornate lavorative.

I dati aiutano a capire: in tutta la regione, nel 2018, risultano attivi 416.977 lavoratori full time, contro 347.628 part-time.

“Ciò che che fa ancor più rabbia sono poi alcuni elementi di criticità divenuti strutturali nel nostro mercato del lavoro – ha aggiunto Giannetto -: parliamo dell’evidente divario retributivo di genere a parità di qualifica ed una bassissima presenza femminile nelle qualifiche più alte; un Mezzogiorno caratterizzato da retribuzioni medie mensili più basse rispetto al Centro-Nord”.

“Sono temi, questi – ha concluso - su cui occorrerà continuare a lavorare con costanza: non bastano più le buone intenzioni, servono misure concrete che incentivino la buona e stabile occupazione, cercando di ridurre, fino ad eliminare, le disparità di genere e territoriali che sono ancora marcate”.

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