rotate-mobile
Martedì, 30 Aprile 2024
Politica Santa Cesarea Terme

“Acque contese”, Tar annulla concessione ventennale alla società Terme

È stato cancellato il provvedimento di concessione mineraria per lo sfruttamento delle sorgenti all'azienda termale di Santa Cesarea. Accolto il ricorso del Comune. Cretì: "La nostra opera finalizzata alla tutela del territorio"

LECCE - Il Tribunale amministrativo regionale di Lecce ha annullato il provvedimento di concessione delle acque termali per la durata di vent'anni alla società Terme di Santa Cesarea. Quest’ultima aveva ottenuto, con decreto del presidente della giunta regionale del 30 luglio 1991, la concessione mineraria per lo sfruttamento delle sorgenti, chiedendo, con domanda del 29 luglio 2010, il rinnovo della concessione per altri vent’anni.

Il Comune di Santa Cesarea, con nota del 23 marzo 2011, ha comunicato alla Regione la propria opposizione al rinnovo richiesto, presentando una dettagliata nota di opposizione. L’ente regionale, il 19 luglio 2011, ha rinnovato alla società la concessione ventennale, causando la decisione del Comune di proporre un ricorso al Tar, sulla base di alcune valutazioni: secondo il Comune di Santa Cesarea, la Regione non ha verificato se il concessionario avesse ottemperato agli obblighi impostigli, né se la concessionaria avesse ancora i requisiti.

Inoltre, per il Comune, la domanda di rinnovo sarebbe stata presentata oltre il termine previsto, con la Regione, che non avrebbe preso in considerazioni l’opzione di una gara formale. La società termale, si è costituita con un atto del 10 novembre 2011, e con controricorso del 14 novembre 2011, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso del Comune. Secondo il collegio giudicante, il caso merita la tutela dell’interesse a ricorrere contro gli atti, i cui effetti hanno precluso l’indizione della gara secondo le modalità prescritte dalla normativa di settore e dal diritto comunitario.

Quindi, per i giudici amministrativi, è da riconoscere, in capo al Comune, l’interesse al ricorso proprio perché è diretto a ottenere la riedizione di una gara secondo i principi comunitari. Per quanto riguarda poi il difetto di legittimazione, perché “allo stato non sarebbe neanche localizzabile alcuna struttura da destinarsi all’attività pretesa in concessione”, il Tar sottolinea che sia da rilevare come la giurisprudenza abbia chiarito che l’assenza di una struttura termale realizzata sia un requisito “non esigibile in capo a chi intende accedere all'utilizzo delle acque termali, che solo in presenza dell'atto di concessione può assumere validi impegni sul piano economico per la realizzazione delle strutture a ciò necessarie”.

Nel merito, la questione riguarda il problema se la concessione in questione debba essere considerata una concessione di beni, e come tale sottostare ai principi comunitari di libera concorrenza o debba invece essere considerata una concessione di servizi, e quindi possa essere affidata tramite il cosiddetto in house. Il collegio ha ritenuto che la concessione debba essere qualificata come concessione di beni e non di servizi, poiché l’oggetto è “lo sfruttamento delle sorgenti di acque termali […] per costituire una zona di protezione igienico sanitaria”.

Sulla base di questo, gli impegni comunitari prevedono il rinnovo delle concessioni “qualora il concessionario abbia ottemperato agli obblighi impostigli”, nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento. Posti questi principi, “deve ritenersi – specifica il Tar - che alla concessione in esame, proprio in quanto ha a oggetto lo sfruttamento economico del bene, devono applicarsi i principi comunitari di trasparenza, di non discriminazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, con conseguente disapplicazione della normativa che prevede la proroga automatica senza che abbia luogo la procedura competitiva”.

“Nel caso in esame – proseguono i giudici amministrativi -, nessuna procedura comparativa è stata indetta dall’Amministrazione, non potendosi ritenere che la pubblicazione del ‘Rende noto’ possa assumere il ruolo di indizione di una procedura competitiva”.

In conclusione, sulla base di questa valutazioni, il ricorso è stato accolto. Soddisfatto dell’esito il sindaco di Santa Cesarea Terme, Daniele Cretì, che dichiara: “Credo che l'azione politica di un amministratore pubblico debba essere sempre finalizzata alla tutela e valorizzazione del bene comune. La sentenza emessa dal Tar di Lecce interessa una porzione di terreno su cui circa vent'anni fa è stato realizzato il cosiddetto Nuovo Centro Termale costato alle casse pubbliche quasi 40 miliardi delle vecchie lire”.

“Credo, quindi – prosegue -, sia un dovere delle istituzioni cercare soluzioni idonee per mettere in funzione questa struttura di proprietà comunale ed attualmente concessa in uso alla società ‘Terme di Santa Cesarea’ dotandola delle necessarie acque minerali. Noi non intendiamo nel modo più assoluto mettere in ulteriore difficoltà un'azienda di cui, peraltro, il Comune di Santa Cesarea ne è socio quasi al 50%”.

“Nell'assemblea dei soci che si è tenuta venerdì scorso – conclude Cretì - per l'approvazione del bilancio abbiamo già chiesto al socio Regione un tavolo di concertazione per discutere anche di questa problematica nell' interesse della comunità cesarina e del territorio: sono convinto che con il buon senso da parte di tutti si possa addivenire quanto prima ad una soluzione condivisa".   

 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

“Acque contese”, Tar annulla concessione ventennale alla società Terme

LeccePrima è in caricamento