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Mai più schiavi. Camusso e Crogi tracciano la rotta per l'emersione dal nero

Dibattito con la leader di Cgil Susanna Camusso e la segretaria nazionale Flai, Stefania Crogi, sul tema del caporalato. Sul palco del Politeama Greco le storie dei migranti posti sotto ricatto. Si riaccende la polemica sulla chiusura di Masseria Boncuri e sulla collaborazione con le istituzioni

LECCE -"Gli invisibili dei campi li faremo vedere a tutti". Detto fatto, la promessa di Cgil e Flai Cgil è stata rispettata ed è costata anni d'impegno per tenere alta l'attenzione sui diritti violanti, o semplicemente inesistenti, delle campagne salentine. Anni di lotte, a partire dal lontano sciopero di Masseria Boncuri a Nardò, finalizzati a convincere le istituzioni a intervenire normativamente per arginare il fenomeno del caporalato. Visto che la sua completa eliminazione non sembra alla portata di questa generazione e di questo pezzo di Occidente che pure ama definirsi civile.

Anni di battaglie sindacali che si sono tradotti in una più decisa presa di coscienza della condizione di semi schiavismo da parte dei braccianti. E nell'introduzione di alcuni strumenti, sostenuti dalla Regione Puglia, utili a riportare il confronto tra domanda e offerta sul terreno della legalità e della trasparenza: dunque l'istituzione delle liste di collocamento dedicate, aperte presso i Centri per l'impiego della provincia che oggi contano 198 iscritti su un totale di oltre 300 persone; l'introduzione degli indici di congruità tra numero di personale impiegato, ettari di terreno e prodotto coltivato.

E l'ingresso nel codice penale del reato di caporalato, laddove con questo termine s'intende quel fenomeno di intermediazione illecita tra forza lavoro e aziende agricole. Banalmente, ciò che si verifica puntualmente nelle campagne salentine e pugliesi in occasione della raccolta stagionale delle angurie e dei pomodori: circostanze in cui interi eserciti di immigrati (clandestini e non) vengono arruolati da pattuglie di malviventi. Il contraltare del ricatto occupazionale è la regressione in uno stato ancestrale, privo di consapevolezza, diritti, tutele, dignità: a raccontarlo sono gli stessi ospiti di Flai Cgil che si sono alternati sul palco, a loro dedicato, allestito dal sindacato presso il teatro Politeama Greco di Lecce.

L'occasione era quella del dibattito sul lavoro nero in agricoltura promosso dal sindacato di categoria e da Cgil, cui hanno partecipato anche la segretaria nazionale Flai, Stefania Crogi e la leader di Cgil Susanna Camusso.

Nei resoconti infervorati a tratti, e densi di un'umanità sofferta, è emerso un quadro di ricordi a tinte fosche pari a quello che rimane impresso dopo un sopralluogo alla vecchia (e smantellata) tendopoli estiva di Nardò: salari da 400 euro al mese, elargiti come fossero un regalo e non una misera ricompensa per una giornata che, sui campi, può durare anche 10 ore di fila; levatacce all'alba solo per sperare di essere scelti dal delinquente di turno e caricati su un furgone direttp chissà dove.

Storie poco edificanti  di alimenti e bevande razionati, infortuni ai margini dei campi, degrado, sogni infranti e promesse mancate. In primis quella di mettere piede in una Nazione prospera, a caccia di una occupazione dignitosa, per ritrovarsi ai margini della società civile: con in mano un permesso di soggiorno scaduto, lo spauracchio del rimpatrio e del carcere introdotto dalla legge Bossi-Fini, la necessità di piegarsi ai capricci del caporale di turno pur di sbarcare il lunario quotidiano.

E per "capricci" s'intende l'intero campionario di possibilità umane: dalla violenza verbale, alla minaccia fino alle avances sessuali, al sopruso ed all'aggressione fisica. "Se fossi il Francesco di una volta ti avrei già fatta sparire": le ultime parole pronunciate da un caporale, precedenti all' osceno pestaggio, sono vivide nella mente di una lavoratrice. Una storia, putroppo ed incredibilmente, come tante: da Castel Volturno a Casal di Principe, da Caserta a Foggia, fino a Parma è lo stesso "inferno". Un inferno raccontato con una dignità che profuma di riscatto. Un inferno di cui si sono fatti carico molti sindacalisti che combattono un'estenuante battaglia sui territori martoriati dall'illegalità.

E Lecce non è stata scelta a caso: il circondario di Nardò è uno dei luoghi simbolo della rivolta nazionale. Il suo leader di allora, Pierre Yvan Sagnet, è tornato per raccontare i chiaro scuri del post-ribellione dei braccianti di Masseria Boncuri: nuovi strumenti legali (pagati a caro prezzo), una tendopoli che probabilmente non riaprirà più i battenti. Chiusa su disposizione della prefettura per ragioni legate ad una presunta contrazione del mercato. Rinnegata dal Comune di Nardò per il presunto danno d'immagine e per i rischi connessi all'ordine pubblico legati a quell'accampamento sistemato, comunque, alla bell' e meglio. In buona sostanza,secondo Ivan e l'intera Flai, la chiusura nient'altro sarebbe che l'ovvio risultato di uno sciopero scomodo. Quand'è certamente più comoda la solita scorciatia della "polvere nascosta sotto il tappeto".

L'incontro con i sindacati al Politeama Greco

Non ci sta il segretario di Cgil Lecce, Salvatore Arnesano che ha richiamato apertamente le istituzioni ad un impegno costruttivo e non di facciata per la risoluzione dell'annoso problema. Appello accolto dall'assessore provinciale ai Trasporti, Bruno Ciccarese che ha voluto rassicurare sulla continuità degli interventi "positivi" già messi in atto dall'ente di Palazzo dei Celestini.

Su tutto, la complessiva valutazione della centralità del "lavoro" in Italia sostenuta dalla leader nazionale Susanna Camusso: "In questo momento particolarmente difficile è facile prendersela con la rappresentanza collettiva degli interessi – ha spiegato -. Questa è l'epoca dell'individualismo in cui si può ancora morire bruciati in fabbrica o abbandonati su un campo agricolo. Ma un Paese che ha perso di vista il ruolo del lavoro, che è fatto di persone ed è sempre un mezzo, mai una merce, così non regge".

Se il lavoro rimane una concretizzazione dell'aspirazione personale alla libertà ed all'identità, oltre ogni distinzione di sesso e razza, la Camusso rilancia il ritorno al sistema del collocamento pubblico: "Non è un passo all'indietro ma uno scatto verso la modernità perché vogliamo ridare certezze e stabilità e regolare, senza favorire chi guadagna dalla precarietà e stabilendo regole certe nel rapporto tra capitale e lavoro".

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