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"Mazzarano fuori dalla Regione": nuova bufera nel Pd

L'esponente Pd aveva annunciato il ritiro per il coinvolgimento in Sanitopoli: ma è eletto e il partito si divide sull'ingresso in consiglio regionale. Blasi frena contestatori, ma la grana è servita

BARI - Può l'elezione sanare ogni sospetto e risultare come una vera e propria assoluzione da colpe reali o anche solo presunte? Il dilemma amletico è di quelli che meriterebbero risposte lunghe ed analisi approfondite, dentro un'Italia, che, sotto questo profilo, presenta numerose anomalie e molti casi irrisolti. Ma tant'è che in Puglia, se da un lato, la prima grana del nuovo governo Vendola sarà quella dei posti a sedere nel prossimo consiglio, l'incipit del Pd post elezioni si configura come l'ennesima bagarre intorno al recente "caso Mazzarano".

I fatti: l'esponente di spicco del tarantino, coinvolto (anche se ancora non si conosce bene come e perché) in "Sanitopoli", nel filone d'inchiesta che ha portato all'arresto dell'ex vicepresidente della Regione, Sandro Frisullo, aveva ritirato pochi giorni fa, non appena il suo nome era stato tirato in ballo nelle vicende giudiziarie, raccogliendo le lodi di tutto il suo partito per la scelta di grande "coerenza" e "responsabilità". Intanto, però, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il comitato elettorale di Massafra e il Pd locale hanno proseguito la campagna pro Mazzarano, con comizi e manifestazioni sempre più partecipate. I ben informati raccontavano di una candidatura mai ritirata, ma solo di un Mazzarano, incapace di portare avanti per motivi di ragione emotiva la propria campagna elettorale. Le urne, poi, hanno regalato l'ennesimo colpo di scena, ossia che lo stesso esponente è risultato tra gli eletti al consiglio regionale.

La prima considerazione è che l'Italia si conferma un paese "strano", nel senso che proprio la controversia di alcune situazioni, invece, di spostare il consenso verso altre persone, lo incrementa, quasi come frutto di un "vittimismo riconosciuto": Mazzarano, ovviamente, ha tutto il beneficio del dubbio e merita rispetto, ma sarebbe stato logico forse che gli elettori stessi "sanassero" la questione all'origine. E, invece, ecco servito l'equivoco, che si trasforma nel banco di prova per il Pd, che, in campagna elettorale, ha a lungo argomentato sulla credibilità di chi davanti anche solo alla minima ombra ha avuto il coraggio di tirarsi indietro.

La realtà oggi racconta che quell'analisi fatta dai palchi è messa in discussione da un atteggiamento incoerente di chi ha annunciato una scelta, prima di rimangiarsela, davanti al risultato conseguito: e, da ieri, immancabilmente, la polemica è stata servita, con la deputata Cinzia Capano che ha chiesto esplicitamente a Mazzarano di farsi da parte, avendo già tradito "l'impegno preso, mantenendo aperti i suoi comitati elettorali, organizzando comizi e tenendo comportamenti incompatibili con l'annunciata volontà di ritiro", ed accusandolo di aver usato "un escamotage per spostare sulla volontà popolare il suo intento di tradire la parola data".

Alla Capano ha replicato il segretario regionale del Pd, Sergio Blasi, che aveva già evidenziato come Mazzarano non fosse "obbligato ad un passo indietro": l'ex sindaco di Melpignano rimprovera alla deputata del Pd lo "sproloquio pubblico", invitando i "fighetti del partito" a non "spendere giudizi" o solo "a chiedere". Il segretario ricorda che il codice etico del Pd prevede il ritiro solo in caso di misure cautelari, rinvio a giudizio o condanna, elementi tutti che non hanno interessato Mazzarano.

Ma i commenti e le disapprovazioni si estendono a macchia d'olio: anche dalla i rappresentanti del Pd, vicini a Marino, sottolineano come la base del Pd della Puglia si attenda da Mazzarano che "rinunci ad entrare in consiglio regionale". Insomma, per Blasi e compagni subito servita la prima patata bollente del nuovo quinquennio regionale: nei prossimi giorni, il compito difficile di risolverla, confidando che sia lo stesso Mazzarano a superare l'equivoco e l'imbarazzo.

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