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Politica in ferie: ma tempo di riflessioni post voto

Il centrodestra analizza la dura sconfitta elettorale, nel centrosinistra tiene banco la questione dell'ingresso di Mazzarano in consiglio regionale. Venti di inciucio Udc-Vendola? Parola a Casini

BARI - Anche la politica regionale e ad ogni livello istituzionale si gode queste ferie in attesa di riprendere le attività abitudinarie. Ma a una settimana dal responso delle urne pugliesi, le riflessioni negli schieramenti sono diverse. Si parte con gli sconfitti: il centrodestra è ancora sotto shock per la sconfitta, che era nell'aria, ma che probabilmente l'ottimismo della vigilia faceva considerare più limitata nelle proporzioni. Le dimissioni, poi rientrate, del ministro Fitto e il disagio dei vertici dinanzi ad una Puglia che ha mandato un segnale forte a questa destra, vittima delle sue divisioni e dei suoi evidenti personalismi, non si possono giustificare solo con l'incapacità comunicativa della propria campagna elettorale, né con lo svantaggio sullo stesso versante del candidato, Rocco Palese, rispetto a Nichi Vendola.

Le battaglie elettorali si dovrebbero combattere con le proprie armi, senza inseguire gli avversari sul loro terreno. Il centrodestra, invece, ha puntato tutta la propria prospettiva programmatica sull'accusa al "cattivo governo" di Vendola (non recepito come tale dagli elettori), basando l'intera proposta elettorale nella dimostrazione del fallimento sanitario del centrosinistra: in realtà, i temi che i pugliesi ritenevano prioritari, oggi, erano altri, primo fra tutti la questione del lavoro. Dopo tutte le critiche alle "chiacchiere", "poesie" e "filastrocche" di Vendola, lo stesso Palese ha scelto come linguaggio per propagandare il suo programma quello della metafora musicale, copiando nei fatti lo stile del suo avversario, ed entrando in contraddizione con le proprie premesse. E si sa, a conti fatti, tra una copia e l'originale, si tende sempre a preferire il secondo.

Un terzo punto a svantaggio del centrodestra (ma vale anche per il Pd, nel caso delle primarie) è nel non aver compreso il "fenomeno Vendola": se, infatti, il governatore godeva e gode di una popolarità rilevante che Palese non poteva avere, le stesse strategie di marketing elettorale di Pdl e company avrebbero dovuto lavorare alla creazione di un "personaggio-candidato", che potesse veicolare la propria proposta in maniera più efficace. Un ultimo punto è nella rilettura del dato elettorale che molti esponenti del Pdl hanno dato, evidenziando che il popolo pugliese non ha "compreso" i disastri di Vendola: in genere, uno schieramento che fa del consenso il proprio dogma di riferimento, dovrebbe saper riconoscere sportivamente che forse, al di là delle questioni di numeri e delle attenuanti, nella vittoria del governatore ci siano i suoi meriti e i propri demeriti, non solo da un mero punto comunicativo, ma di amministrazione. Per non incorrere nell'equivoco che quando si vince, il popolo capisce, quando si perde diventa incomprensibilmente "ottuso".

Nel centrosinistra, invece, la questione del giorno è territoriale: si chiama Michele Mazzarano, l'esponente del Pd, che coinvolto, in maniera ancora tutta da dimostrare, nel giro di sanitopoli, aveva annunciato il ritiro dalla corsa elettorale per la regione. Tuttavia, l'anomalia è stata duplice: prima perché la sua campagna per un posto a Viale Capruzzi è proseguita, anche se portata avanti non in prima persona, ma con i comitati; poi perché paradossalmente lo scranno in regione, Mazzarano se l'è conquistato e pare intenzionato a tenerselo. Una piccola bomba esplosa nel Pd, che evidentemente per sua natura non riesce a stare tre minuti in pace a godersi un successo elettorale e che ha spaccato il partito, costringendo il segretario Blasi ad intervenire per cercare di placare le acque. Ma il problema resta e la palla passa allo stesso Mazzarano, che dovrà decidere il da farsi.

Tempo di riflessione anche per l'Udc, che dopo aver raccolto un risultato meno esaltante del previsto, ma sufficiente a ritenersi determinante ai fini del voto pugliese, sta vagliando se accettare alcune presunte avance del Pd per entrare nel governo regionale: la questione del numero dei consiglieri regionali, che oscilla tra i 70 e i 78, potrebbe risultare decisiva per un accordo con il centrosinistra. Se, infatti, i giudici sosterranno che il consiglio debba rimanere di 70 componenti, il governo di Vendola dovrebbe avere una maggioranza relativamente risicata e potrebbe avanzare l'ipotesi di un allargamento all'Udc, che porterebbe in dote quattro consiglieri in cambio di un assessorato. Voci contrarie ad ogni soluzione di questo tipo si registrano solo nell'Idv, mentre la segreteria provinciale dell'Udc rimanda ogni possibile accordo alle volontà del presidente, Pierferdinando Casini, ma ribadendo di essere alternativi a Vendola e alla sua maggioranza. Ma se queste voci dovessero trovare una fondatezza e risolversi effettivamente in un accordo, perché tanta preclusione a stringere un'alleanza pre-elettorale, che sarebbe sembrata più logica? Perché tanto "casino" per nulla? Ops, Casini…

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