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Venerdì, 26 Aprile 2024
Politica

Primarie Pd: per Bersani nel Salento consenso al 73%

Al 50% dello scrutinio dei circoli Pd provinciali, l'ex ministro ha un vantaggio importante Blasi all'80% per la segreteria regionale. Eppure in Puglia il clima resta teso su molti nodi politici

LECCE - Come da copione. Al 50% dello scrutinio dei circoli Pd della provincia di Lecce, la mozione interna a sostegno della candidatura di Pier Luigi Bersani alla segreteria nazionale del partito, raccoglie un ampio consenso: l'ex ministro e presidente della Regione Emilia, si attesta al momento al 73,3% e lancia un segnale forte ai concorrenti. Non che ce ne fosse bisogno, visto che la vittoria di Bersani in tutta Italia appare abbastanza scontata, ma certamente il dato leccese assume un'importanza strategica soprattutto in relazione alla questione della segreteria regionale, visto che i maggiori candidati al ruolo (l'uscente Michele Emiliano e Sergio Blasi, sindaco di Melpignano) hanno assicurato il proprio appoggio al quasi certo futuro leader del Pd. Dal coordinamento provinciale della Mozione Bersani, traspare un evidente ottimismo, sempre più crescente ad ogni scrutinio di circolo e sezione: finora hanno votato 53 circoli su 105.

Lo sfidante di Bersani, nonché segretario uscente, Dario Franceschini, per il momento si è fermato al 20,7%, mentre il "terzo incomodo", Ignazio Marino, al 6%. Il candidato alla segreteria regionale pugliese, il salentino Blasi si è attestato all' 81,8%. La coordinatrice provinciale della mozione Bersani, Teresa Bellanova, parla apertamente di "un risultato che premia la partecipazione e del quale tutto il partito deve essere soddisfatto".

Tutto bello, allora? Non proprio. Anche perché, mentre si vota nelle sezioni, è ancora polemica a tutto campo tra il sindaco di Bari, Michele Emiliano, e i dalemiani del Pd, dopo le affermazioni a mezzo stampa di quest'ultimo sulla Puglia come "Hiroshima assediata dai dalemiani", che ha mandato su tutte le furie gli uomini vicini all'ex ministro degli Esteri italiano, che hanno levato gli scudi contro il primo cittadino del capoluogo, riaprendo peraltro il nodo sulle candidature del partito alle ultime europee. I dalemiani sostengono che tutte le scelte, invece, siano state operate dal segretario del Pd uscente con un metodo personalistico ed esclusivo, emerso in tutta la sua conduzione del partito, e con l'obiettivo di rafforzare la propria campagna amministrativa a Bari.

Ma oltre agli screzi pubblici, sottobanco si coltivano ulteriori malumori: se, infatti, qualcuno imputa ad Emiliano uno stile di gestione molto personalizzato, esistono frange interne al partito, che, pur sostenendo per logiche di corrente la candidatura di Sergio Blasi, ritengono anche il sindaco di Melpignano, non propriamente estraneo dallo stesso meccanismo, rinfacciando i problemi emersi nella segreteria leccese e il dibattito sulle primarie per la selezione del candidato del centrosinistra a Palazzo dei Celestini. Un altro punto, che, però rappresenta la vera questione a livello nazionale, è comprendere effettivamente quale sia il ruolo da attribuire agli stessi dalemiani, visto che da più parti si ribatte l'intenzione di ridurne il potere gestionale nel partito: se da un lato, le parole e le promesse si sprecano, i fatti sembrano andare in tutt'altra direzione, visto che lo stesso Bersani altro non è se non un dalemiano, e, nello specifico pugliese, lo stesso possa dirsi per il candidato numero uno alla segreteria regionale, Blasi. Al di là, dunque, dei responsi che sembrano dare già indicazioni molto chiare sul futuro del Pd, dunque, in Puglia, le spine saranno tante: dalla riapertura di un dialogo alla pacificazione delle correnti interne, allo scoglio delle alleanze e della candidatura del centrosinistra alle prossime regionali.

L'Udc, che, ieri, ha presentato il neo acquisto, Lorenzo Ria, guarda con interesse i moti del Pd, mentre il leader dello scudo crociato, Pierferdinando Casini, continua a non escludere la riproposizione del modello Ferrarese anche su scala regionale. Ma solo a patto che ci sia "discontinuità" con il quinquennio amministrativo che si sta chiudendo. Le gatte da pelare per il Partito Democratico, insomma, non sono poche e non si esauriscono con la sola scelta della segreteria.

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