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Sabato, 27 Aprile 2024
Politica

Regione: querelle sugli eletti e pastrocchi della casta

Di difficile soluzione il problema sul numero dei consiglieri nella prossima assemblea regionale: 70 0 78? Intanto, però, fanno discutere le cifre che ruotano dietro agli inquilini di viale Capruzzi

BARI - Un vero e proprio pasticcio: la querelle sui 70 o 78 consiglieri regionali della prossima assise barese, uscita dalle urne del 28 e 29 marzo, sembra destinata ad alimentare il dibattito delle prossime settimane, presumibilmente non risolvendosi prima della metà di aprile, quando si pronuncerà l'ufficio centrale presso la Corte d'Appello di Bari, con la proclamazione degli eletti. Ma il clima nei partiti appare nevrastenico, per il timore di vedere coinvolti nella possibile esclusione propri elementi: la causa principe di questo pastrocchio, oltre alla legge in sé che appare concepita per infoltire la "casta", sta nella discesa in campo di tre poli, con le opposizioni che hanno ottenuto un risultato importante rispetto alle forze di maggioranza, premiate solo dall'effetto Vendola. Ventisei i seggi assegnati al centrodestra, 4 all'Udc, appena 25 che si sommano a quello per il presidente, conseguiti dal centrosinistra.

In pratica, una parità, superata solo dal premio di maggioranza, che conferisce ulteriori 14 seggi alla coalizione vincente, per un totale di 39 seggi al centrosinistra contro i 26 del centrodestra e i 4 dell'Udc, con un rapporto di 39 a 30, che non garantirebbe, come voluto dalla legge, la composizione di un consiglio regionale con rapporti percentuali maggioranza-opposizione di 60 a 40. Da qui, l'arrivo di altre otto poltrone, per la governabilità. Tra i consiglieri fortemente indiziati a perdere il posto, ci sono Pisicchio de La Puglia per Vendola, Lemma, Clemente, Cozzoli e Russo del Pd, Calò e Borraccino di Sinistra Ecologia e Libertà e Caiolo dell'Idv. Ma con l'uscita degli 8 di centrosinistra, l'obiezione della sproporzione del rapporto di 60 a 40 non verrebbe superata, ma si riproporrebbe: perciò, dalla maggioranza sostengono che l'uscita di consiglieri dovrebbe riguardare maggioranza ed opposizione.

Ma, al di là della risoluzione della diatriba, la questione dei costi della casta resta: otto consiglieri in più sono otto indennità in più sulle tasche del cittadino pugliese. Spese non certo di piccole dimensioni, sapendo quanto guadagna un inquilino dell'assise regionale. Al di là della questione dei costi, si pone anche un problema di opportunità: le elezioni regionali meno partecipate non possono avere come primo effetto l'allargamento dei ranghi della casta. Altre spese, infatti, attendono fin da subito il popolo pugliese: per i ben 35 consiglieri regionali non riconfermati nell'ultima tornata, infatti, non tutti i mali vengono a nuocere, perché, comunque sia, per loro c'è un bel biglietto da riscuotere alla cassa: si tratta dell'assegno di fine mandato, che per i più "sfortunati" varrà almeno130mila euro. Se poi qualcuno ha raggiunto i 60 anni (in qualche caso ne bastano 55), c'è anche la pensione, con un salasso per le casse pugliesi di non meno di 4 milioni di euro.

Merito della legge 8 del 2003, nota come "legge De Cristofaro", già presidente del consiglio regionale, che gli aneddoti dell'epoca raccontano venne fatta su misura, ad uso e consumo della casta, che gradì e se l'approvò, senza battere più di tanto ciglio. Il vitalizio dei consiglieri regionali è fuori dalle cifre della vita quotidiana dell'uomo qualunque: cinque anni a "lavoro" (o come dice qualche più coraggioso esponente politico "a servizio della collettività") in Regione permettono a 60 anni il diritto ad una pensione pari al 40% dell'indennità mensile da consigliere, che male che vada becca appena 10.800 euro lordi "per le spese correnti". Se poi il fortunato inquilino di Viale Capruzzi riesce a farsi rieleggere per la seconda legislatura, la percentuale sale al 65%, mentre scende di cinque anni l'età richiesta per la pensione. Più soldi, pensione anticipata. Ovviamente chi và oltre le due legislature, vede il suo bottino aumentare in maniera esponenziale.

Ad oggi, sono ben 152 gli assegni vitalizi erogati dalla Regione: 102 sono pensioni dirette, 50 sono pensioni di reversibilità, con un costo mensile totale di circa 800mila euro, qualcosa più probabilmente. Significa che l'assegno mediamente si assesta intorno ai 5mila euro. L'assegno vitalizio per tre anni crescerà annualmente con lo stesso meccanismo utilizzato per gli stipendi dei diplomatici ed è spettante anche agli eredi, se il consigliere regionale dovesse, gesti apotropaici concessi e con tutti gli scongiuri del caso, passare a miglior vita.

E forse anche il timore di uscire dal consiglio regionale, prima di poterne fare parte si inquadra anche sotto questa luce: il sospetto, a questo punto, è che non ci sia solo "passione politica". La domanda che il cittadino comune si fa dinanzi a certe cifre è estremamente semplice: se tutti gli inquilini alla Regione prendessero uno stipendio comune, tra i mille e i duemila euro, ci sarebbero stati oltre mille candidati alla competizione elettorale? Probabilmente no. Sicuramente, in compenso, casta o non casta, i costi sarebbero di colpo magicamente abbattuti.

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