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Tap come viatico dell'intesa tra Italia e Azerbaigian: al Quirinale i due presidenti

Visita di Stato di Alyev: nel discorso Mattarella cita la contestata opera con approdo a San Foca come simbolo della collaborazione tra i due Paesi. Nel 2013 l'allora premier Letta si recò a Baku

LECCE - Il gasdotto Tap come viatico di una collaborazione economica e commerciale che deve andare oltre il settore energetico. Questo l'auspicio espresso oggi dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della visita ufficiale del suo omologo azero, Ilham Alyev. 

"Con la conclusione dei lavori del Trans Adriatic Pipeline - è scritto in una nota ufficiale del Qurinale - non solo si intensifica la collaborazione tra l'Azerbiagian e l'Italia, ma si dà anche un contributo alla stabilità e allo sviluppo delle relazioni tra l'area del Caspio e l'area del Mediterraneo. Vorrei sottolineare l'approccio positivo che l'Azerbaigian sviluppa sul piano energetico, con atteggiamento inclusivo di apertura e di collaborazione con tutti: è un esempio, nella comunità internazionale, che desidero sottolineare in questa occasione". 

Con l'incontro odierno è stata suggellata definitivamente una intesa che parte da lontano: già nell'agosto del 2013, l'allora presidente del Consiglio dei Ministri, Enrico Letta, si recò a Baku, la capitale: Alyev, infatti, aveva scelto il corridoio meridionale e non quello continentale per portare in Europa il gas dei giacimenti del bacino di Shah Deniz.

La missione di Letta si inseriva in un chiaro disegno geopolitico condiviso con l'Unione Europea: nel mese di febbraio di quell'anno l'Italia aveva sottoscritto un accordo trilaterale con Grecia e Albania e a dicembre il Parlamento ratificò l'intesa. Da quel momento in poi l'ago della bilancia si è spostato decisamente dalla parte della realizzazione dell'opera, rispetto alla quale stava intanto germogliando nel Salento - e principalmente a Melendugno e zone limitrofe - un movimento di opposizione, animato da sindaci del territorio e attivisti, che si è sempre mosso nel solco dello slogan "né qui né altrove". 

Quello stesso movimento, oggi, critica duramente l'apertura di credito data all'Azerbaigian, paese del quale si rimarca un assetto politico e istituzionale simile al modello autoritario e una tendenza alla sistematica repressione del dissenso, in barba all'attenzione per i diritti umani che l'Europa sostiene come premessa delle sue politiche. Richiamando un presumibile e recente interesse russo per l'operazione Tap, ma anche la posizione degli Stati Uniti quando il presidente Trump chiese al premier Conte di supeare ogni resistenza alla costruzione del gasdotto, i No Tap paventano il rischio di "azioni militari che possano stabilire il controllo energetico sul corridoio Sud del gas, con l'Italia direttamente coinvolta per pressapochismo istituzionale. E quelle strette di mani, quegli accordi 'strategici' criminali, potrebbero diventare il crocevia di pericolose conseguenze". 

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