Chi salverà le zone umide del Salento?
Lungo la Salentina Meridionale, tra Gallipoli e Taviano ci sono piccoli punti paesaggistici molto suggestivi, alcuni sono noti, come la chiesa dei Samari o il parco di Punta Pizzo, altri invece nonostante la loro bellezza sono meno noti, fuori dai percorsi turistici più battuti e completamente sconosciuti anche ai locali i quali in generale non si mostrano particolarmente attenti al territorio.
Qui si possono trovare angoli di natura molto suggestivi: maestose querce, muretti a secco e canali possono creare ambienti bucolici esempio di ciò che questa Terra, con un po' di cura, potrebbe essere. In questi pochi chilometri si trova anche una piccolissima area, caratterizzata da un canneto, un nutrito gruppo di olmi campestri, lecci e pioppi neri così grandi che i loro tronchi bianchi sembrano essere colonne a sostegno del cielo. Nascosto tra la fitta vegetazione c'è anche un piccolo stagno e un lungo canale in pietra, stretto e profondo, è il canale Raho che si immette nel canale dei Samari.
La bellezza di questo posto è così immensa che le parole non possono descriverla, andandoci non sembra neanche di essere nell'arido Salento. È uno scrigno di natura autoctona sopravvissuta alle bonifiche, all'agricoltura, alle specie vegetali esotiche e alle estati sempre più lunghe e calde. Da quando ho scoperto questo posto, non faccio altro che fantasticare su come doveva essere bello, selvaggio ed incontaminato il Salento qualche centinaio di anni fa. Purtroppo questo posto non esiste più, o almeno in gran parte. Nell'estate del 2023 è stato vittima di un grande incendio al quale neanche i fichi d'india, con i loro tessuti acquosi, hanno potuto resistere. Del canneto, dei lecci e dei pioppi non resta più niente a parte i loro monconi, neri e tristi.
A nulla è valso lo sforzo di far proteggere l'area, l'attività di sensibilizzazione rivolta alle associazioni ambientaliste, e alle amministrazioni sempre piene di propositi e belle intenzioni riguardo la necessità di piantare millemila alberi in un batter di ciglio, senza poi essere capaci di proteggere un fazzoletto di terra. Così mentre cammino sulla cenere rimasta e respiro l'odore acro di bruciato, osservo ciò che è rimasto e mi rendo conto che forse per questa Terra, finché non ci sarà una rivoluzione culturale, non c'è più niente da fare.