...e dicono di esser democratici!
La celebrazione del referendum in Grecia ha sollevato un vespaio di tensioni e polemiche inusitate; difficile, in apparenza, comprendere il perché il ricorso al più trasparente degli strumenti della democrazia abbia suscitato da parte delle cancellerie europee, ma anche di una fetta importante di intellettuali radical chic (per non parlare della quasi totalità dei media) un'avversione a tratti parossistica.
Forse la consultazione popolare è stata organizzata troppo frettolosamente, ma la fretta appare ampiamente giustificata dalla estrema gravità della situazione; forse i quesiti sono stati formulati in maniera poco chiara ed addirittura pedissequa, ma alla fine si trattava di esprimere un semplice sì o no alle arcinote posizioni del governo di Tsipras.
In ogni caso, i greci hanno visto riconosciuto il diritto sovrano di esprimersi liberamente, la qual cosa concettualmente pare disturbare non poco eurocrati e governi dell'eurozona, ormai avvezzi gli uni ad esercitare un potere assoluto ed oligarchico, gli altri a far passivamente ratificare dai parlamenti nazionali quanto ordinato dalla Commissione europea. Con buona pace della residuale sovranità di nazioni e popoli.
Già, perché come in Italia, i parlamentari in effetti sono quasi tutti nominati dalle segreterie di partito, quindi indissolubilmente legati al carro di coloro che ne possono determinare la rielezione. Le dichiarazioni ed i commenti stizziti, a volte velenosi di esponenti europei rilasciati ieri sera a caldo quando ormai la vittoria di Tsipras appariva netta e chiara sono la spia del terrore che in determinati circoli aleggia davanti alla possibilità, forse remota che la Grecia decida o sia costretta ad abbandonare la moneta unica e di conseguenza maturare scelte geopolitiche che la aiutino a sopravvivere, accettando un allineamento probabilmente indispensabile alla Russia ed alla sua Unione doganale con Bielorussia e Kazakhistan, allineamento in grado di garantire sostegno finanziario, investimenti e mercato per ìagroalimentare greco.
Siamo al punto critico del problema. Ove la Grecia venisse fatta oggetto di ostracismo dai Paesi dell'Eurozona, avrebbe la chance di congelare tutti i debiti compresi quelli rappresentati dai titoli di stato emessi, decidere una moratoria unilaterale per poi, con tutta calma eventualmente rinegoziarli. Eventualmente. Fosse invece il Governo greco ad abbandonare il carrozzone sbattendo la porta, la situazione per i greci sarebbe più complessa, poiché i titoli di stato emessi furono emessi sotto l'egida della legge inglese, a garanzia dei portatori, e quindi rapide sentenze di corti inglesi metterebbero a rischio gli assets ellenici ovunque individuati.
Per la diarchia Merkel Hollande il pericolo maggiore consiste adesso nell'affrontare concretamente la richiesta greca di ristrutturare il debito pubblico; non tanto per l'importo (circa 320 miliardi di euro) quanto per il fatto che, accogliendola, sarebbe poi difficile non accordare lo stesso beneficio ad altri paesi come Spagna, Portogallo, Irlanda. Non parlo dell'Italia, perlomeno di questa Italia, con un Renzi schienato e prono davanti a qualsiasi desiderata della Merkel, esclusa, nonostante i circa 40 miliardi sborsati per la Grecia, da qualunque tavolo negoziale e decisionale importante.
Al vertice odierno Merkel-Hollande,Renzi ovviamente non è stato invitato; manca, a lui, al suo governo e, dispiace ancor di più al nostro Paese l'autorevolezza per esser ritenuti partner strategici e credibili. Non dimentichiamo che quello attuale eè l terzo esecutivo NON eletto dal popolo, grazie a Napolitano, e quindi ab originis pressocché privo di legittimazione democratica, al di là delle ciance e dei contorcimenti fumosi dei pronunciamenti della Corte Costituzionale. Al di là di come si concluderà la storia, i greci comunque ci hanno impartito ieri una bella e grande lezione di democrazia sostanziale. Efkharistò.
Dr Antonio Ancora