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Fifa... mondiale: Maradona e Veron, amici per la palla

Tra scaramanzia, devozione ed imprecazioni per le tante occasioni sprecate, Maradona vince al debutto mondiale come tecnico. Grazie a Messi ma anche grazie al ritorno di Veron

Grecia Corea del Sud. Non ci è dato sapere il segno zodiacale della nazione che fu campione d'Europa solo nel 2004, ma è piuttosto scontato che per la Grecia il 2010 è già da archiviare. Il tracollo economico e finanziario prosegue sulle distese erbose del Sudafrica. La batosta è di quelle che lasciano il segno: le due sberle prese dalla Corea del Sud sprofondano negli abissi l'umore di un paese in ginocchio. Infierire non è mai bello. L'unidici di Rehhagel subisce dall'inizio alla fine l'organizzazione eccellente della Corea del Sud che si muove come un orologio perfetto. Park, che nel suo paese è già una divinità, affonda ad inizio ripresa il coltello nelle piaghe di una ferita aperta già al settimo minuto da Lee Jung-Soo e per gli ellenici, che ai Mondiali non hanno mai segnato, è già notte fonda.

Argentina Nigeria. Per anni lo abbiamo visto in tutti i modi, ripreso dalle telecamere e raffigurato sulle magliette fino al paradosso e alla caricatura: magnetico ed inimitabile sui campi di calcio, scontroso e cupo fuori, quando la sua immagine sembrava eclissarsi per sempre. Ad ogni modo un mito vivente. Vedere però Diego Armando Maradona che si destreggia nell'elegante divisa di ordinanza con l'agilità di un pinguino non lo avevamo messo in conto. Ma c'è qualcosa dei vecchi tempi napoletani nel quadro di insieme: forse il rosario avvolto intorno alla mano per tutta la partita, a dimostrazione di una scaramantica devozione.

Altre pillole di puro spettacolo: il repertorio di José Altafini che, oltre a tirar fuori dal cassetto il solito "manuale del calcio", prova a fare anche il simpaticone. Quando Messi fa il funambolo lui replica al cronista: "Perché facevo questa partita qua?! Perché lo sapevo!". Prendiamo atto, noi che pensavamo lo facesse per il lauto compenso di Sky.

Alla fine l'Argentina la spunta grazie al gol di Heinze ma quanta sofferenza per il grande Diego: le occasioni sprecate dalla sua squadra non si contano; meno male per lui che la Nigeria non è più quella di una volta ma la squadra africana mette comunque a nudo una certa staticità della retroguardia argentina. Da rivedere contro reparti offensivi più in palla. Veron è l'allenatore in campo. Torna sul palcoscenico del campionato del mondo a distanza di otto anni dall'eliminazione contro la Svezia, proprio il 12 giugno del 2002, e rende l'idea di come si possa ringiovanire giocando lontano dall'Europa.

Inghilterra Stati Uniti. Fino a qualche anno fa sarebbe stata una formalità, quasi un fastidio per gli inglesi. Adesso è un vero e proprio derby intercontinentale, paragonabile solo a Brasile Portogallo e a Spagna Argentina. Storia di emigrazioni e colonie, rivoluzioni e guerre. Il movimento calcistico a stelle e strisce ha fatto passi da gigante negli ultimi anni e la vittoria della Confederations Cup del 2009 è un segnale chiaro anche se non definitivo. Dall'altra parte l'Inghilterra, potenza consolidata quanto a club ma eterna incompiuta a livello di nazionale, si affida a Fabio Capello per arrivare sul tetto del mondo. Tra i due paesi un legame d'acciaio sul piano economico e politico ma una profonda rivalità su quello sportivo. Un derby che manca dagli annali da sessanta anni. Ecco perché è una partita dal sapore particolare. La squadra inglese è più forte e si vede ma i ragazzi d'oltreoceano hanno fiato da vendere e si applicano con devozione. Ovvio dunque che il pareggio finale valga oro per gli yankees; per gli inglesi, illusi da flashman Gerrard al quarto minuto, il sollievo finale per il palo che salva il colpevolissimo Green ma anche un inatteso segnale d'allarme. Anche perché Slovenia e Algeria non è che siano, almeno sulla carta, squadre cuscinetto.

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