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Dentro le suggestioni del festival. Il maestro “presta” la voce alla figlia

La prima giornata d’omaggio a Carmelo Bene è arte e commemorazione: straordinario il momento in cui Salomè, la figlia, “regala” il padre al pubblico con la Lectura Dantis. Suggestiva la mostra preparata da Raffaella Baracchi

OTRANTO - Carmelo Bene rivive nella voce limpida della figlia Salomè: è il momento più toccante della prima giornata dedicata al decennale dalla morte del maestro. Non è solo una questione di suggestione emotiva o della bellezza spiazzante di una giovane universitaria, dal cognome pesante e dalla faccia pulita. È la sintesi più efficace delle memorie da consegnare al tempo, per perpetuare il ricordo del genio che fu l’artista salentino.

È vero. Ci sono state la grande baraonda dialettica e l’attenzione mediatica al trambusto di qualche polemica, che hanno spostato i riflettori altrove, ma l’essenza di questo appuntamento risplende proprio nella interpretazione personale e coinvolgente di una ragazza, che si è messa in gioco per consegnare il padre al pubblico, confrontandosi col mito, sul testo impegnativo della Lectura Dantis, nell’anteprima mondiale di “Carmelo Bene in divini canti, lectura Dantis e altri incantamenti"Salomè Bene-2 di Felice Cappa.

Sorprendente persino, quando con determinazione ed equilibrio, veste i panni da mediatrice nel momento in cui il clima in sala si surriscalda. Ma la lunga maratona pomeridiana dedicata a Bene è incentrata sulla mostra preparata con cura da Raffaella Baracchi. Nelle sale del castello aragonese, al primo piano, trovano spazio sei dipinti di Gino Marotta per Carmelo Bene, alcuni scritti autografi, foto originali e altri oggetti a lui appartenuti, persino un quadro dello stesso artista compianto. Come rivela la moglie, infatti: “Carmelo avrebbe voluto dedicarsi alla pittura, ma se lo dico io nessuno mi crede”. Lo ripete con un misto di rabbia e di amarezza. E con determinazione, che lascia trasparire la fatica di chi difende una memoria.

Poi sottolinea con un sorriso il gioco d’ombra realizzato con dovizia proprio sulla parete alle spalle del quadro. E quel dettaglio la fa apparire di colpo più serena. Una combattente vera, insomma, a tratti spigolosa forse, ma in grado di evocare in tutta la sua carica personale il ricordo del grande artista. Il merito di questa occasione, lo hanno ribadito tutti i relatori intervenuti nel momento introduttivo, è stato principalmente suo. E chi ha amato Carmelo Bene e la sua arte innovativa non può che ringraziarla di questo prezioso regalo.

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