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Sabato, 27 Aprile 2024
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Passaggio in auto in cambio di sesso, si ritrova imputata per furto, ma viene assolta

Della singolare vicenda, avvenuta il 27 novembre del 2021, rispondeva nel processo abbreviato una 48enne residente a Veglie, già nota. Per il giudice le prove a suo carico non sono sufficienti a emettere un verdetto di condanna

VEGLIE - Era finita sotto processo con l’accusa di aver adescato un 70enne con la scusa di aver bisogno di un passaggio e, una volta in auto, dal portafoglio gli avrebbe sfilato 100 euro e la carta di credito con la quale avrebbe fatto prelievi da sportelli bancomat e acquisti in negozi per un totale di quasi 1.500 euro.

Ma la donna, A.V. una 48enne residente a Veglie, già nota, è stata assolta per insufficienza di prove. A decidere il verdetto è stato il giudice del tribunale di Lecce Marcello Rizzo, all’esito del processo discusso due giorni fa col rito abbreviato, durante il quale la sostituta procuratrice Giorgia Villa aveva chiesto una condanna a un anno e mezzo di reclusione.

Molte, anzi troppe, le incongruenze rilevate dall’avvocato difensore dell’imputata, Umberto Leo, nella denuncia sporta dall’uomo. Questi raccontò ai carabinieri di essere incappato nella sconosciuta mentre era fermo al semaforo rosso e di aver accolto la sua richiesta di essere accompagnata in un B&B a Porto Cesareo. Durante il tragitto, la 48enne avrebbe raccontato di chiamarsi Sara, di essere salentina, ma di vivere a Milano, e che avrebbe ricompensato l’automobilista col sesso; giunti nella struttura, avrebbe asserito di avere il telefono scarico, ottenendo così in prestito quello del malcapitato per mettersi in contatto con la responsabile che non era ancora giunta sul posto; avrebbe poi ricevuto alcune telefonate, una delle quali da parte di un certo “Cutro”, nome apparso sul display del dispositivo.

Stando ancora alla sua versione, nell’attesa dell’arrivo della titolare, le avrebbe affidato la guida dell’auto per accompagnarla a fare spese, non conoscendo le strade, ma durante uno di questi acquisti, nello scendere dal mezzo, le sarebbe scivolata una carta di credito sul sedile, non una qualunque ma la sua (di lui). Compreso il raggiro, avrebbe taciuto per paura di eventuali ritorsioni da parte di quel “Cutro” che immaginava fosse un individuo collegato all’ ‘ndrangheta.

Il giorno dopo, la signora avrebbe ricontattato il 65enne dalla sua utenza, ma questi non le avrebbe risposto. Fu proprio  grazie al numero telefonico fornito dallo stesso agli investigatori  che fu individuata la presunta truffatrice.

Ma chi chiamerebbe mai con il proprio numero di cellulare la persona verso la quale ha commesso un illecito? E’ stato questo uno dei quesiti sollevati dal legale della donna per evidenziare come i fatti esposti in denuncia siano inverosimili.

Al di là degli aspetti illogici emersi nella ricostruzione accusatoria e i vuoti narrativi sullo  scambio sessuale, il legale ha sollevato elementi oggettivi in sostegno della tesi difensiva, come l’impossibilità di eseguire prelievi da sportelli bancomat o acquisti in esercizi commerciali per importi di rilievo senza il codice pin.

Ma per sapere cosa abbia convinto il giudice a emettere un verdetto assolutorio, bisognerà attendere le motivazioni che saranno depositate nei prossimi giorni.

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