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Domenica, 28 Aprile 2024
Il commento

Concessioni demaniali, una commedia all’italiana con i contorni della farsa

Il tentativo di dimostrare che la costa non è una risorsa scarsa, e quindi di evitare gare di evidenza pubblica, è fallito. Pensato male e attuato peggio, ha solo acuito la distanza tra la propaganda e la realtà

LECCE - Sul tema delle concessioni demaniali marittime si sta sviluppando una trama che oramai è degna di una serie tv a sfondo distopico in cui il regista, attraverso colpi di scena e flashback, cerca di sovvertire l’esito degli eventi. L’espediente funziona fino a che queste deviazioni sono spiazzanti, ma quando assumono i contorni di meri escamotage per prolungare la durata dell’episodio e rimandare l’epilogo, allora è la storia stessa che inizia a perdere interesse finendo per essere derubricata al rango di telenovela.

Il repertorio delle trovate, nel caso italiano, è ormai esaurito e le parole della presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni nella conferenza stampa “omnibus” di ieri lo hanno confermato: da una parte la volontà di scongiurare la procedura d’infrazione europea, dall’altra quella di dare certezze agli operatori balneari e agli enti locali costieri cui tocca l’onere amministrativo di firmare gli atti di concessione. Le due cose sono conciliabili soltanto in un caso: quello di predisporre la normativa nazionale, senza più equivoci, in direzione dell’apertura del settore, il cui asset strategico non è una proprietà privata ma un bene di tutti, alla partecipazione di nuove imprese.

La direzione in cui si sta andando, infatti, è quella, ma il processo sta avvenendo per inerzia, senza una gestione consapevole delle decisioni. Uno dopo l’altro gli enti locali, compreso il Comune di Lecce che in questa vicenda ha avuto un ruolo importante, stanno predisponendo gli atti di rinnovo delle concessioni esistenti fino al termine del 2024, data indicata nella legge del 2022 vigente (del governo Draghi, di fatto confermata dall’esecutivo attuale) e al contempo annunciando la predisposizione dei bandi di gara, salvo quelli a trazione leghista che rivendicano ancora la proroga al 2033 voluta dal governo giallo verde (Conte I) e poi ampiamente stroncata dalla giurisprudenza nazionale ed europea.

La questione sta dividendo il centrodestra: nella campagna elettorale delle elezioni politiche scorse, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega avevano sbandierato ripetutamente il vessillo della tutela dello status quo, ma una volta al governo i nodi sono venuti al pettine e la protesta non è diventata proposta coerente e razionale. In previsione delle elezioni europee di giugno, il partito di Salvini punta a intestarsi definitivamente la battaglia della difesa degli interessi delle imprese balneari già insediate, mentre Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno un problema di credibilità nei confronti delle rispettive famiglie europee (il Partito Popolare Europeo nel primo caso, i Conservatori e Riformisti Europei nell’altro) che poco o nulla comprendono le posizioni corporativistiche. Va ricordato, a questo proposito, che la situazione italiana – dove interi pezzi del demanio sono stati affidati a canoni irrisori per tempi pressoché infiniti - rappresenta un caso isolato tra tutti i paesi costieri, come hanno constatato tutti coloro che hanno fatto almeno una vacanza estiva all’estero.

Né l’ultima trovata, quella della mappatura delle coste, può essere ritenuta attendibile: l’iniziativa è stata voluta, nel breve termine per guadagnare tempo, nel lungo per dimostrare che la costa non è una risorsa scarsa e che quindi non è necessario introdurre gare di evidenza pubblica perché tanto c’è posto per tutti, vecchi e nuovi concessionari. Come se il Paese che è stato delle gloriose repubbliche marinare, che ha circa 8mila chilometri di litorale e ben 15 regioni affacciate sul mare, abbia davvero bisogno nel 2022 di un comitato di “esperti” per avere una fotografia delle sue coste.

Tale colpo di genio è stato subito cassato dalla Commissione Europea che, nel suo parere motivato di 30 pagine, ha scorto nelle conclusioni del tavolo tecnico istituito a Roma tutte le contraddizioni insite nell’ostinazione di voler manipolare la realtà attraverso forzature e approssimazioni per sfornare le quali si spera che, almeno, non siano stati sborsati gettoni di presenza finanziati dai cittadini.

Tanto per dirne una: nella mappatura fatta a tavolino, ai fini del risultato finale del “solo” 33 percento di costa occupata da concessioni demaniali (il dato è nazionale, senza alcuna declinazione regionale e comunale), è stata inclusa anche quella rocciosa. Nella realtà il mare avanza e la roccia si sgretola, perché l’erosione costiera è un fatto naturale e non un elemento di fiction, come dimostrano i diversi cedimenti avvenuti anche la scorsa estate sul litorale salentino. E bisogna farci i conti se si vuole davvero garantire al settore un futuro e non una rendita di posizione basata sulla reciproca convenienza (sostegno elettorale in cambio di protezionismo all'amatriciana).

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