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La chiosa è sulle elezioni

Il messaggio dell'arcivescovo è quasi un manifesto: le proposte per una città di tutti

Un territorio a vocazione culturale è quello che ha auspicato Seccia nel suo discorso al termine della processione. Amministratori incoraggiati a scelte impopolari per ridare a Lecce il suo “vero volto”

LECCE – Il discorso alla città dell’arcivescovo, al termine della processione dei santi patroni, non è un momento solo rituale e riservato all’ambito prettamente religioso, ma occasione di riflessione e stimolo sui temi dell’attualità, sui problemi del presente che investono la comunità.

Monsignor Michele Seccia, che come il suo predecessore Domenico D’Ambrosio dimostra di essere parte attiva e punto di riferimento nel dibattito pubblico, ha segnato quest’anno un ulteriore scatto in avanti auspicando – quasi fosse una proposta politica – un futuro prossimo nel quale Lecce possa essere città della cultura intesa come bellezza e tutela della tradizione, dell’educazione civica, della carità cristiana (il testo integrale è allegato sotto, in formato Pdf).

Il vescovo ha esorato la città a ripensare il proprio futuro “alla luce delle sue meravigliose radici. Il suo centro è un pullulare di chiese, conventi, cappelle, edicole votive, opere sacre in cartapesta, segni meravigliosi della fede di un popolo. E anche, le periferie sono state costruite attorno alle nuove chiese parrocchiali, veri centri aggregativi e formativi pure nei quartieri più disagiati. Al termine dell’intensa stagione turistica che ha portato sollievo economico, ma anche tanta fatica e frenetico lavoro, non permettiamo che le nostre bellezze siano solo luoghi da ammirare, ma piuttosto realtà da vivere, sorgenti d’acqua viva da cui attingere, posti in cui rifocillarsi nello spirito. Ripensiamo anche ai luoghi dello svago, affinché non diventino siti per bivaccare”.

Su quest’ultimo punto il vescovo ha invitato la classe dirigente a fare scelte controcorrente. Non ci sono riferimenti diretti ed espliciti, ma che sullo sfondo ci sia anche la prolungata e anche infuocata polemica sulla cosiddetta movida - e sugli equilibri tra interessi spesso difficili da conciliare di residenti e locali pubblici - è probabile.

Rivolgendosi agli amministratori “a ogni livello istituzionale”, Seccia ha infatti detto: “Non temete, qualche volta, ad assumere decisioni impopolari quando queste hanno una finalità fortemente educativa e formativa. Non abbiate paura di fare passi in avanti per restituire a questa città il suo vero volto: quello di un territorio a vocazione culturale nel quale i principi umani e i diritti, quelli di tutti, restano a fondamento dell’umana convivenza. So bene che cambiare provoca sempre disagio, ma se non proviamo a ridimensionare il valore del denaro non daremo mai un giusto senso alla nostra vita”.

Quale modello alternativo abbia in mente, il vescovo lo ha chiarito subito dopo: “Penso ad una rivoluzione educativa nella quale vorrei tanto sentirmi accompagnato dagli adulti, dai formatori, dai padri e dalle madri di famiglia: sarebbe un gran bell’investimento per il futuro dei nostri ragazzi. Aumentino invece nella nostra città i momenti culturali, i cantieri per la riflessione, e qui mi appello non solo agli amministratori ma soprattutto alla scuola, al mondo accademico, al prezioso contributo del mondo dell’associazionismo che, grazie al cielo, pullula a Lecce e crea notevoli occasioni di sviluppo”.

Un altro punto a suo politico del discorso è sembrato quello che riguarda la solidarietà verso chi si trova in difficoltà economiche, rischiando di attraversare le varie forme della marginalità sociale: “Anche in questo campo, però, bisogna evitare facili equivoci - ha ammonito Seccia -. La solidarietà non si deve trasformare in compiacimento e accondiscendenza a proposte che favoriscano qualsiasi forma di pigrizia o di mancanza di laboriosità che talvolta riscontro tra le varie forme di emarginazione. A tutti va ricordato che la vita implica sacrificio, che il pane va guadagnato con il sudore della fronte e che l’accattonaggio non può diventare il lavoro di una intera esistenza”. 

Altrettanto significativo, ma in una cornice più nazionale, è suonato anche il passaggio finale, con la testa alle elezioni per il rinnovo del Parlamento, in programma il 25 settembre: “Tra un mese esatto saremo tutti chiamati ad esprimere il nostro voto, in piena libertà e coscienza, con la speranza di inaugurare una nuova stagione fatta di scelte forti, lungimiranti e volte a garantire il vero bene della Comunità - questa la chiosa del discorso alla città -. Perché ciò avvenga dobbiamo rifuggire dalla tentazione dell’astensionismo: rinunceremmo ad un diritto imprescindibile della democrazia, quello di essere protagonisti del destino della nostra società. Auspico vivamente che le settimane che ci separano dalle urne continuino ad essere all’insegna della moderazione, evitando le sterili polemiche e si arricchiscano, invece, di un dibattito serio, profondo e rispettoso delle idee altrui. Questo vi chiede il nostro popolo, questo spera la nostra gente. Solo questo vi farà guadagnare la fiducia dei cittadini affamati di speranza come non mai. Così sia”.

Leggi qui il messaggio alla città 2022

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