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Domenica, 28 Aprile 2024
L'approfondimento

Vaccini e reazioni avverse, tra evidenze della scienza e osservazioni personali

I cosiddetti effetti collaterali sono simili a quelli prodotti dalla stessa infezione da Covid, ma la possibilità che si verifichino è di gran lunga inferiore a quella di sviluppare i sintomi gravi della malattia. Allarme sul rischio di spacciare per cure trattamenti che non lo sono

LECCE - Sabato a Lequile si è tenuto un incontro dal titolo “Curarsi dalle cure” con la partecipazione di alcuni medici che nel periodo della pandemia si sono messi in evidenza per la contrarietà alla vaccinazione obbligatoria degli operatori sanitari.

L’obiettivo dell’incontro, riprendendo il testo divulgato dai promotori, “accendere un faro sullo stato di salute dei soggetti trattati con le terapie di profilassi anti covid 19 per valutare, da una parte, i benefici di tali trattamenti, dall’altra, effetti avversi, danni iatrogeni ed efficacia ed anche la possibilità di trattamenti che possano ridurre gli eventuali danni causati dai vaccini. Ed ancora i danni psicologici provocati dalle limitazioni e dai lockdown”.

L’appuntamento, che ha visto gremito il chiostro di Palazzo Andrioli in cui si è tenuto, ha causato polemiche, soprattutto per il patrocinio concesso dall’amministrazione comunale, accusata di sostenere posizioni antiscientifiche quando non complottiste. Anche di questo abbiamo parlato con il dottor Alberto Fedele, direttore del Dipartimento di Prevenzione di Asl, aprendo un vero e proprio approfondimento nel corso dell’intervista (che potete leggere qui).

Come reagisce, considerato il ruolo che ha e l’esperienza medica non solo di questi anni segnati dalla pandemia, davanti a iniziative come quella di Lequile?

“Chi ha un ruolo di autorità sanitaria locale, mi riferisco a chi governa un territorio, e ancor più un uomo di scienza, deve ragionare sulla base delle evidenze scientifiche, non sulla base di esperienze personali. Bisogna tutelare la salute pubblica per cui ci si deve avvalere di competenze adeguate nelle scelte di sanità pubblica, rinunciando a fomentare anche senza contraddittorio posizioni che hanno scarsa o nulla valenza scientifica. Si corre il rischio di una degenerazione che porta non solo a un incremento degli accessi al pronto soccorso, ma anche a una situazione di panico e al peggioramento generale dello stato di salute della popolazione. Direi di diffidare chi spaccia come dati scientifici il prodotto della sua particolare prospettiva di osservatore. Soprattutto se poi certe iniziative sono pretesti per lanciare prodotti che non sono nemmeno farmaci: si parla di trattamenti a base di integratori che costano in maniera spropositata rispetto al loro reale costo di produzione. Il costo dei prodotti omeopatici è sproporzionato: sostanzialmente ingeriamo zucchero e lo paghiamo mediamente 14-15 euro a flaconcino, con solo pochi grammi di prodotto diluito”.

Una parte significativa delle argomentazioni del fronte no vax si fonda sugli effetti collaterali dei vaccini: è un tema che fa breccia in alcuni segmenti di popolazione. Possiamo fare chiarezza?

“Gli effetti cosiddetti collaterali, o reazioni avverse, non sono dissimili da quelli provocati dal virus. Il virus non è un fenomeno on-off, o vivi o muori, perché c’è tutta una scala di grigi dopo la guarigione con sindromi di lunga durata che non sono da sottovalutare. Partiamo da forme neurologiche, da un aggravamento di forme cardiovascolari perché il virus è stato individuato anche nell’endotelio, cioè nelle cellule che rivestono le coronarie. È stato riscontrato nei vasi dove si verificano ictus. Sul piano cardiovascolare e neurologico ci sono gli esiti più evidenti, quindi, poi ci sono una serie di reazione avverse, da problemi di tipo uditivo a problemi di tipo metabolico. Il peso della malattia Covid è rilevante anche nel lungo periodo. Lo stesso si può dire anche per l’influenza: si è notata un incremento dell’incidenza di infarto del miocardio nei soggetti che hanno problemi di coronaropatia proprio a seguito di infezione influenzale, stessa cosa dal punto di vista neurologico. Incartata dunque questa premessa, che non è da poco, gli effetti da vaccino sono uguali perché il vaccino utilizza la parte diciamo più immunogena. Chi è particolarmente reattivo a questa proteina talvolta sviluppa delle reazioni, la cui entità è facilmente riscontrabile dalla documentazione pubblica dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Dobbiamo parlare in termini di sanità pubblica: non posso prendere il caso di un solo soggetto, ancorché con reazioni gravi, e dire che il vaccino produce lo stesso effetto su tutti: non è corretto, non è eticamente né scientificamente accettabile perché nelle azioni di sanità pubblica bisogna guardare ai grandi numeri. Così si fanno gli studi. Il vaccino è un farmaco come gli altri: noi prendiamo tonnellate di farmaci, anche senza prescrizione medica, beatamente ignorando i rischi correlati. A partire dall’aspirina, scoperta senz’altro eccezionale, ma che è uno dei farmaci che più prova reazioni, in assoluto. L’incidenza degli effetti collaterali da vaccino non si può paragonare rispetto alle conseguenze delle infezioni da virus”.

Dottore, se riavvolgesse il nastro del tempo, quali errori si potrebbero evitare? Una delle accuse rivolte alla scienza ufficiale è che ci sia stata un’imposizione di tipo dogmatico.

“Chi non fa non sbaglia, è un concetto abbastanza banale. Una catastrofe come quella che ci siamo trovati ad affrontare si verifica probabilmente una volta ogni secolo e quindi gli errori possono essere dietro l’angolo. Io credo che nel contesto emergenziale che si è determinato sia stato fatto tutto il possibile e che in nessun’altra situazione analoga nella storia si sia riusciti ad avere degli strumenti per arginare un’epidemia in un periodo di tempo così ristretto. Anche la scienza è perfettibile, è chiaro, ma i sistemi sanitari tutto sommato hanno retto. Il problema è anche di risorse: noi vediamo oggi sul piano economico le conseguenze della pandemia, a livello di spese sostenute per fronteggiare l’emergenza. Mantenere un sistema d’allerta che possa dare la migliore risposta possibile sul piano assistenziale comporta un impegno di spesa che non so quanti paesi possano permettersi. Il nostro sistema sanitario è uno di quelli che dà i migliori risultati al mondo, ma in questo momento è minato dalla riduzione delle risorse a disposizione. Dal punto di vista della prevenzione, del controllo, io ritengo che il sistema funzioni bene, a condizione che non venga disarticolato”.

A proposito di controllo qual è la situazione per quanto riguarda il rischio di influenza aviaria, dopo il focolaio scoperto a dicembre in un allevamento?

“Praticamente a ridosso delle vacanze di Natale ci siamo trovati davanti a un imprevisto e grazie ai nostri servizi medici e veterinari siamo riusciti a disinnescare il rischio. Bisogna potenziare questi servizi, anche in relazione alle risorse disponibili. Stiamo per attivare un servizio finanziato con i fondi del Pnrr, incentrato sul rapporto tra ambiente e salute. Speriamo si continui così. Se ben strutturati i servizi rispondono bene. Il sistema di controllo funziona anche sui vaccini: quando si è avuto il minimo dubbio, alcuni lotti sono stati ritirati. I campanelli d’allarme ci sono e funzionano. La storia ci dice che quando non ci sono ragioni per continuare, le vaccinazioni di massa sono state sospese, questo lo dico per i denigratori a prescindere: le autorità sanitarie hanno sospeso quello contro il vaiolo, nel caso della poliomielite siamo passati dal vaccino Sabin al Salk che causa meno reazioni avverse. I sistemi sanitari nazionali e gli organi di controllo fanno di tutto per bilanciare il rapporto tra rischi e benefici. Io mi sento abbastanza tutelato, credo nel mio lavoro”.

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