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Martedì, 30 Aprile 2024
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Controdizionario della lingua italiana. Case possibili per dispersi della parola

Il controdizionario nasce da un laboratorio scolastico rivoluzionario con l’intento di creare una lingua che esprima emancipazione sociale, personale e culturale di ragazze e ragazzi

La lingua italiana, come tutte le lingue vive, spesso acquisisce nuove parole. Quando però si tratta di parole nate dal linguaggio parlato dai giovani, ci si potrebbe chiedere dove vadano a finire. Graziano Gala curatore del Controdizionario della lingua italiana. Case possibili per dispersi della parola (Baldini+Castoldi) se lo è chiesto e si è chiesto anche dove si nasconda “il vocabolo masticato nella metropolitana, in cucina o nella camera dell’abitazione” di tanti ragazzi.

Da questa esigenza  è nato Controdizionario della lingua italiana: un progetto che accomuna studenti e studentesse dell’indirizzo commerciale e sociale dell’Istituto Marisa Bellisario di Inzago (MI) di estrazione sociale e provenienza geografica diverse che, dopo laboratori di riflessione sulla lingua, hanno avuto la possibilità di proporre nuove parole.

“Umili sognatori di provincia che provano a raccontare un microcosmo che racchiude i problemi, le speranze e le paure di una generazione” dice Gala, docente di lettere che con questo progetto ha dato il via a una riflessione e un ragionamento di senso con altri docenti di lettere della scuola pubblica.

I protagonisti del Controdizionario hanno avuto modo di lavorare e confrontarsi con professionisti della parola (traduttori, scrittori ed editor) per dare vita a termini che vorrebbero usare nel quotidiano e di cui sentono la mancanza. Il risultato è un insieme di parole provenienti dalla lingua d’origine e mixate con la lingua di arrivo che, in una prospettiva di mutuo scambio, hanno creato interessati combinazioni. Ricercando nuove definizioni, sono nati lemmi che raccontano molto di traumi, separazioni e vissuto di questi ragazzi. Termini che nessun dizionario propone e che invece possono colmare loro vuoti e deficit comunicativi. Con questo progetto i ragazzi sono diventati dunque un dizionario umano, collettivo e condiviso, che si auto esprime.

Per capire meglio di cosa si tratta, ecco una selezione di tre lemmi:

Cafuné (sost. s.m.; anche: cafunette): [dal portoghese] azione che consiste nel passare delicatamente le dita tra i capelli delle persone care. È un momento intimo di cui non tutti sono in grado di comprendere l’importanza. Nell’universalità della condizione umana non tutti vincono la fortuna di poterlo provare: alcuni individui conservano l’impermeabilità che non per colpa loro si è costruita. È un cenno in cui la controparte è essenziale. Il principio innato è la reciprocità: le cafunette sono la traduzione di un bisogno proprio di donare un affetto particolare, ma allo stesso tempo una necessità intrinseca di un tenero piacere. Le cafunette si possono intersecare con realtà emotive differenti: non può essere solo un comportamento materiale, ma l’evoluzione di un nido che dona sicurezza affettiva. Queste forme di carezze sono in grado di dissimulare, fino a lasciar scorrere almeno per qualche istante, quelli che sono gli ossimori della vita. (D. A. Cerri)

Egosione (sost. s.f.): [deriva da «egocentrismo» e «ossessione»] l’egocentrismo, secondo me, è un comportamento decisamente sbagliato, ovvero pensare al nostro benessere, ai nostri obiettivi, alle nostre capacità e alle nostre esperienze trascurando e sminuendo il lavoro altrui. Penso che faccia bene aiutare anche gli altri, se hanno bisogno di un sostegno, dei consigli oppure esserci fisicamente o fare squadra. L’egosione è un qualcosa di più potente: si pensa solo a sé stessi come se il mondo ci girasse attorno, questo ci fa sentire superiori, più forti, ma siamo tutti sullo stesso livello. Una persona che ne soffre si prenderebbe i meriti di una vittoria anche non meritata solo per ricevere attenzioni che ritengo squallide, quindi praticamente avere questo «stile di vita» diventa un’ossessione, un atteggiamento continuo di cui non puoi fare a meno, ormai diventata una personalità intima con noi stessi che fa parte della nostra quotidianità. (G. Finardi)

Morfopapìle (sost. s.f.): [composizione delle parole latine metus, «paura», morfo, inteso come «cambiamento/metamorfosi», e papilio, «farfalla»] si tratta di quella paura che nutriamo quando siamo in uno stato di permanente monotonia e sentiamo di aver bisogno di un cambiamento ed essere finalmente felici, ma la paura di poter rovinare tutto o ritrovarci in una situazione peggiore ci sovrasta e ci blocca. Siamo delle farfalle che vivono poco e cercano la libertà, le stesse farfalle che ci ritroviamo nello stomaco e iniziano a svolazzare in cerca di questa sensazione che noi vietiamo. Ma noi la libertà la bramiamo da tanto tempo e siamo convinti che un cambiamento aiuterebbe, eppure: perché non ci muoviamo e rimaniamo fermi sull’albero senza sbattere le ali? (M. Carino).

Controdizionario della lingua italiana. Case possibili per dispersi della parola (Baldini+Castoldi) a cura di Graziano Gala è un esperimento linguistico con giovani costruttori attivi di parole. Parole nate da reali esigenze comunicative dei ragazzi per avere nuove possibilità di espressione e trasmissione dei propri pensieri o sentimenti, perché come afferma Gala: “per gli studenti vestire una lingua in cui non ci si riconosce può risultare letale”.

Graziano Gala è nato a Tricase, in provincia di Lecce. Vive e lavora come docente in provincia di Milano. È autore di racconti pubblicati su riviste e litblog. Ha pubblicato Sangue di Giuda (Minimumfax,2021 ) e Ciabatteria Maffei (Tetra, 2023). Scrive per Treccani.

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