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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

A vent'anni dalla strage. Lo sdegno delle vedove, la rabbia dei giovani

Nel giorno della commemorazione dell'eccidio di Capaci, una delegazione brindisina sbarca a Palermo dalle navi della legalità. Intanto le donne degli agenti di scorta morti con Falcone e Morvillo disertano le cerimonie ufficiali

LECCE - A venti anni dalla strage di Capaci nella quale morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e tre degli agenti di scorta - ma anche da quella di via D'Amelio che si portò via Paolo Borsellino e cinque poliziotti della sua scorta -, sono due gli aspetti, apparentemente contrastanti, che colpiscono in maniera particolare e che legano, al di là delle suggestioni e delle analogie, il dolore di ieri a quello di oggi. Da una parte è incoraggiante la mobilitazione che il mondo giovanile studentesco ha saputo organizzare, anno dopo anno, contro la criminalità organizzata e la subcultua mafiosa grazie soprattutto al sapiente magistero di "pastori" come don Luigi Ciotti, che non a caso è stato osannato nel corso della manifestazione di sabato pomeriggio a Brindisi, sull'onda emotiva dell'attentato che è costato la vita a Melissa Bassi e il ferimento di altre quattro ragazze. 

Dall'altra, è emblematico il rifiuto da parte dei parenti degli agenti di scorta saltati in aria quel 23 maggio 1992 di partecipare a cerimonie ufficiali. Il messaggio è chiaro: il timore è quello di ritrovarsi accanto - in maniera metaforica più che fisica - pezzi dello stato in qualche modo ritenuti contigui, o peggio organici, al sistema dei mandanti e dei complici. E' un'ossessione questa, che ricorre nella storia dell'Italia repubblicana. Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, quest'ultimo di Calimera: così si chiamavano gli agenti trucidati sull'autostrada che collega Palermo a Capaci. Nomi sospesi tra memoria e oblio e se non fosse per lo struggente appello della vedova di Schifani che risuona ancora straziante nella testa di molti italiani,  chi se ne ricorderebbe più? Quell'eccidio - così come l'attentato a Borsellino e poi ancora le bombe di Firenze, Roma e Milano dell'anno dopo - mostrarono alla generazione che non aveva vissuto le stragi degli anni '70, quale potesse essere il prezzo da pagare quando la legalità istituzionale, per qualche ragione sempre troppo complicata da ritrovare, va in cortocircuito.

Oggi, a Palermo, sono sbarcati da due navi duemila e 600 giovani, provenienti da tutto il paese, per partecipare alle manifestazioni organizzate nel capoluogo siciliano. Una ventata di entusiasmo per certi versibrindisiclaudia7-2 garibaldino - sul molo altre migliaia di ragazzi in attesa - verso la quale non saranno indifferenti i cuori di quelle mogli e di quelle madri che, vent'anni addietro, sono morti con i loro uomini. A bordo, anche una delegazione dell'istituto professionale brindisino, per testimoniare la ferrea determinazione di chi non vuole farsi chiudere nell'angolo dalla paura di non poter andare più a scuola. Come ha detto con parole esemplari Martina Carpani, la studentessa che, sabato 20 maggio, sul palco di Piazza della Vittoria ha surclassato - per lucidità di analisi -  tutti coloro che l'hanno preceduta e seguita al microfono (a sinistra foto di Claudia De Blasi). Eccezion fatta per don Ciotti, i cui interventi generano oramai un'attesa mistica in chi ha perso quasi ogni speranza nei tradizionali punti di riferimento.

Ecco, sul legame sottile ma indissolubile che lega il dolore del passato che non si deve dimenticare a quello del presente che non si vuole accettare, si può costruire la tela di una rinascita civile troppo spesso invocata, ma di fatto ostacolata da resistenze trasversali che preferiscono il mantenimento dello status quo.

 

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