Aperitivi sonori a San Cesario di Lecce
Ospiti della serata Rachele Andrioli e Rocco Nigro, due giovani autori e interpreti che lavorano a una proposta con tratti innovativi, tra un ben radicato tratto salentino e una dimensione decisamente nuova, tra “world music” e “sensibilità musicali” contemporanee.
Per un musicista salentino d’oggi, tutto nasce laddove tutto ha radice, cioè dalla tradizione.
La relazione profonda con la tradizione è sentita come “originaria”.
Una faccenda più che profonda, quasi un’ossessione, con significati antichi, arcaici.
Qualcosa di religioso, o meglio di “devozionale”, di cui non si può fare a meno.
I testi del repertorio popolare sembrano chiari ed espliciti ad una prima lettura, ma poi si rivelano pieni di sottintesi e di ambiguità.
Questa terra che ha il mare di qua e di là, ti fa esperto di quell’attesa poetica, ti ricorda un che di malinconico, di “atlantico” come nel fado portoghese. C’è, si riconosce, una “malinconia salentina” in musica.”
Nella prima parte della serata si potranno gustare gli storici aperitivi della casa che per la rassegna saranno variati di volta in volta con proposte di degustazione differenti.
Ingresso con Posti Limitati* (è consigliata prenotazione)
INFO 0832 202462 - COSTO APERITIVO CONCERTO 10€
Maldimè
In Maldimè (che arriva un anno dopo l’esordio Malìe), la cantante e il fisarmonicista propongono una chiave differente per attualizzare in modo rispettoso la voce del popolo riscritta dai poeti del canto italiano e pugliese in particolare. Dal tenue e straziante Matteo Salvatore al primo e autentico Domenico Modugno; dagli stornelli toscani di Caterina Bueno, che richiamano i primi anni del secolo scorso, alle ballate di una Sicilia “urlata” da Rosa Balistreri; passando agli omaggi a Gabriella Ferri e alla “tradizione” di Nino Rota ed Ennio Morricone. «I due musicisti sentono fortemente l’esigenza di attingere al passato per esorcizzare un sentimento odierno, pur portandolo a una nuova identità espressiva, cercando di sfruttare al meglio il concetto di presenza, da cui prende il nome maldimè». La presenza in senso antropologico, nella definizione di Ernesto de Martino, è intesa come «la capacità di conservare nella coscienza le memorie e le esperienze necessarie per rispondere in modo adeguato ad una determinata situazione storica (...) Il rito aiuta l’uomo a sopportare una sorta di “crisi della presenza” che esso avverte di fronte alla natura, sentendo minacciata la propria stessa vita. I comportamenti stereotipati dei riti offrono rassicuranti modelli da seguire, costruendo quella che verrà in seguito definita come “tradizione”. La crisi della presenza caratterizza allora quelle condizioni diverse nelle quali l’individuo, al cospetto di particolari eventi o situazioni (malattia, morte, conflitti morali, migrazione), sperimenta un’incertezza, una crisi radicale del suo essere storico», scrive De Martino.