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Elezioni Politiche 2013

Italiani d'oltre confine: "Toglieteci pure lo pseudo-diritto del voto"

La giornalista Luciana Martena, da tempo residente in Germania, ritiene senza senso la votazione all'estero: "Che senso ha così com'é? Meglio evitare altre stupide corse di gente che viene qui solo a raccogliere numeri per sé"

LECCE - Italiani al voto fra circa un mese per rinnovare il Parlamento italiano In periodo elettorale, torna a sentirsi parlare dei connazionali oltre confine e della loro importanza in termini di voto. Ma cosa pensano i diretti interessati? Alla domanda, analizzando le contraddizioni del voto all'estero, ci pensa Luciana Martena, giornalista da anni residente in Germania e che ben conosce la problematica in questione.

"Lontani sono gli anni, in cui si parlava di valigie di cartone....forse.

Ormai la rete e la televisione via satellite offrono a tutti i residenti italiani all’estero una vasta gamma di informazioni sul Bel Paese. Informazioni, che ci aprono sipari da tragedia greca su un panorama politico sconcertante. Con la legge Tremaglia, già dal 2006, siamo stati chiamati alle urne (scarse informazioni, tanti malintesi, poco impegno a spiegare come e soprattutto perché?).

Non vogliamo certamente sputare nel piatto offertoci dalla fatica di un uomo, che credeva nel voto all’estero, vedendolo come un cordone ombelicale, dovutoci, sorvoliamo il “ci”, visto che di anni ne sono passati tanti, e quella generazione sul palcoscenico del teatro della tragedia è ormai in pensione o peggio, non c’è più.

Oggi siamo più di una generazione italo-tedesca (in questo caso). Siamo europei nel nostro modo di vivere e lavorare, siamo quello che Nietzsche sognava, noi siamo coloro che si sono scocciati, di essere visti come dei frutti di una terra dei cachi, che non ci ha mai né ispirato, né tantomeno attirato.

Sì, siamo proprio noi a chiedere ciò, che gli eletti all’estero (spreco di denaro pubblico) non sono riusciti a fare. Nessuno ha chiesto aiuti o sussidi dalla “patria”, noi stiamo bene, abbiamo un ottimo servizio in Germania, ottimi sostegni e soprattutto godiamo della meritocrazia, che qui è scontata, non elemosinata.

Siamo la nuova generazione (seconda o terza), cresciuta sia di mentalità, che professionalmente in un paese, che ci ha offerto un vasto campo di possibilità. Noi non abbiamo bisogno della manna da Roma, mai richiesta o voluta. L’unico compito di coloro che abbiamo eletto (e qui ci sarebbe molto da specificare, eletto, si fa per dire, diciamo, che in un modo o nell’altro si sono cimentati a modo loro a Montecitorio, o forse si sono autoeletti, chissà, i misteri italiani sono tanti), era semplicemente uno sdoganamento dall’immagine di valigia di cartone, che non ci appartiene.

L’unico impegno di costoro era quello di creare un ponte, che favorisse alla patria una possibilità in più di emergere in un paese pieno di opportunità per connazionali, che volessero avere un’esperienza all’estero, o un ponte per quelle aziende ed imprese, anche medio-piccole per aprire il proprio mercato in Germania, un paese che ama la cultura italiana, l’ars vivendi, il made in Italy, e qui non parliamo delle grandi aziende, già presenti. Nemmeno questo sono stati in grado di fare. Ciò che abbiamo chiesto era un interscambio culturale e commerciale, non l’elemosina. Non abbiamo chiesto soldi, per carità, non abbiamo chiesto assistenza, non ridicolizziamoci.

Abbiamo chiesto, anzi abbiamo offerto un input per nuove iniziative, per un nuovo modo di fare politica economica. La Germania era disposta, le istituzioni tedesche hanno aperto i portoni, quelle italiane ci hanno snobbato. Oggi dopo una legislatura costruita su promesse irreali e utopiche, ci ritroviamo punto e a capo, tutti promettono mari e monti, arcobaleni tricolori e chissà che cosa si inventeranno stavolta.

Una cosa però è più che certa, abbiamo una nuova emigrazione dal Bel Paese, giovani, pieni di speranze che arrivano qui in cerca del “sogno tedesco”, non sapendo dove e come muoversi, dove andare, a chi rivolgersi, e soprattutto da dove cominciare. Tranquilli, ci siamo noi ad aiutarli. Noi, i poveri “figli di emigranti”, che non conoscono nemmeno il congiuntivo, forse perché noi non siamo cresciuti a pane e periodi ipotetici.

Cara Italia, noi non siamo più i poveri emigranti con la valigia piena di vino e salsa, siamo coloro, che cresciuti qui abbiamo frequentato scuole superiori, università, siamo i “tuoi” figli laureati, bilingue, che si destreggiano benissimo nell’alta società tedesca, che non soffriamo sotto i fari dei pregiudizi e razzismo, quelli che amano il loro status, per tantissimi motivi.

Noi siamo amati e stimati, accettati, rispettati e valorizzati. Noi siamo la nuova generazione, che vostro malgrado e per vostra sfortuna sa anche scrivere in tedesco e mandare questo articolo in tedesco a tutte le testate giornalistiche in loco teutonico, che forse al contrario di quanto voi siate in grado di fare (urka, ho beccato un congiuntivo, simbolo di evoluzione da figlia di emigrante), loro ci daranno ascolto.

Sinceramente, per quanto Tremaglia mi condanni dall’aldilà, toglietelo questo pseudo-voto agli italiani all’estero, non ci offenderemo, ci eviterete altre stupide corse di gente (che di estero ne sa ben poco) raccomandata, che viene solo a “raccogliere” i numeri necessari per assicurarsi una legislatura. Se veramente volete fare qualcosa di costruttivo, date un mezzo vero e reale (senza vari escamotage per incassare denaro pubblico) per instaurare un ponte fra due paesi, che gioverebbe soprattutto a voi, perché diciamocela tutta, noi non abbiamo bisogno dell’Italia, ma forse e ribadisco forse...l’Italia potrebbe aver, non dico bisogno, ma un positivo stimolo per un futuro comune in un discorso europeo.

Non oso di più, a osare finora siamo stati noi, e siamo riusciti a raggiungere i nostri obiettivi, a volte bisogna essere umili da ammettere, che in fondo forse non siamo da ignorare. Eppure, come diceva Indro Montanelli “In Italia si può cambiare soltanto la Costituzione. Il resto rimane com'è.” (dall'articolo di Polaczek, Teile und sende, in Frankfurter Allgemeine Zeitung, 15 agosto 1996, p. 29)" *

*Luciana Martena

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