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Interrogato Alfieri: "Ho sparato per difesa, Murinu mi voleva uccidere"

Diego Alfieri, il barista 31enne accusato dell'omicidio dell'agricoltore 39enne, avvenuto sabato pomeriggio nelle campagne di Collemeto, ha reso la sua versione dei fatti davanti al gip. Ma sono ancora tanti gli interrogativi

 

LECCE – “Ormai vivevo nel terrore, avevo paura che mi potesse succedere qualcosa”. E’ un uomo provato Diego Alfieri, il 31enne accusato dell’omicidio di Giampiero Murinu, 39 anni, l’agricoltore assassinato sabato pomeriggio nelle campagne di Collemeto. Alfieri, travolto dagli eventi che hanno segnato irrimediabilmente la sua vita, è comparso questa mattina, nel carcere di Borgo San Nicola, dinanzi al gip del Tribunale di Lecce Antonia Martalò, che ha convalidato il fermo.
 
Il 31enne, barista, accompagnato dal suo legale, l’avvocato Giuseppe Bonsegna, ha ripercorso a ritroso la tragica storia che ha portato a quel pomeriggio di sangue. Come nel più classico dei drammi di Garcia Lorca, la tragedia si è consumata alle 5 della sera, sotto un sole feroce e abbacinante, in cui le umane passioni si trasformano in disgrazia. Al gip Alfieri ha raccontato di come già dalla mattina la vittima, accecato dalla gelosia per la relazione che la moglie aveva intrapreso con lui, gli avesse annunciato un incontro chiarificatore, rinviandolo al pomeriggio.

foto ALFIERI Diego-2-2-2La coppia, dunque, sarebbe passata a prendere il 31enne dal bar dove lavorava, a Galatina. Il presunto omicida, preoccupato, avrebbe portato con sé la pistola che la stessa donna gli avrebbe consegnato alcuni giorni prima, sottraendone una da quelle possedute del marito, una calibro 7.65: “Ha una arsenale” gli avrebbe detto, “stai attento”. Murinu avrebbe quindi condotto i due in campagna, nei pressi della propria abitazione.

 

Lì, secondo il racconto di Alfieri, dopo aver bloccato la chiusura delle portiere della sua autovettura, una Lancia Phedra, Murinu si sarebbe chinato per raccogliere un’arma nascosta sotto il sedile del passeggero, dove si trovava la compagna. Alfieri, seduto sul lato destro della parte posteriore dell’autovettura, temendo per la propria incolumità, avrebbe estratto la pistola ed esploso almeno due colpi: il primo avrebbe colpito la vittima all’omero, il secondo tra la scapola e la nuca. Per il suo legale, l'uomo avrebbe quindi ucciso per legittima difesa. In questo senso maggiori riscontri si avranno dall’autopsia che sarà eseguita domani dal medico legale Alberto Tortorella.l barista, dopo aver gettato la pistola, sarebbe fuggito uscendo dal finestrino, facendo leva con i piedi sul sedile (tracce delle scarpe sarebbero state trovate dagli uomini della scientifica). L'uomo sarebbe fuggito via a piedi e, dopo aver percorso un lungo tratto di strada, avrebbe chiamato un amico per farsi accompagnare a casa. Alfieri ha poi confermato di aver ricevuto un sms dal figlio della vittima, che lo avvertiva dell’arrivo dei carabinieri. I telefoni cellulari dell’uomo, già sottoposti a sequestro, saranno ora sottoposti a consulenza tecnica. Un esame utile a chiarire molti aspetti di questa complessa e torbida vicenda.
 
Molti, infatti, i dubbi da chiarire, a cominciare dalle armi (o dall’arma) che le forze dell’ordine non hanno rinvenuto sul luogo dell’omicidio. Bisogna poi chiarire che tipo di relazione unisse il 31enne alla moglie della vittima e se realmente l’uomo avesse subito minacce e intimidazioni da Murinu. Nella mano dell’agricoltore gli inquirenti avrebbero rinvenuto un pezzo di maniglia, particolare che, almeno all’apparenza, potrebbe evidenziare come il 39enne abbia cercato di fuggire.
 
Ipotesi, dichiarazioni e circostanze al vaglio degli inquirenti e del pubblico ministero Paola Guglielmi, che sta valutando anche il ruolo della donna in tutta la vicenda. Al momento l’accusa nei confronti di Alfieri rimane di omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi, ma presto potrebbero esserci nuovi colpi di scena in quello che sin qui è sembrato un “semplice” delitto passionale.

 

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