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Tentativi dal 2009 / Porto Cesareo

A vuoto il ricorso al Tar: niente spiaggia attrezzata per il resort “Punta Grossa”

Dichiarata improcedibile e comunque infondata la richiesta di avviare la procedura per una concessione demaniale marittima. Il Comune di Porto Cesareo, assistito in giudizio da Antonio Quinto, aveva opposto diniego

PORTO CESAREO – Sin dal 2009 la società che gestisce la struttura ricettiva “Punta Grossa”, a Porto Cesareo, sta cercando di ottenere in concessione una porzione di demanio marittimo da adibire a spiaggia libera con servizi per i propri clienti.

La vicenda ha dato luogo a un contenzioso amministrativo che ha già avuto un doppio grado di giudizio, sempre sfavorevole alla società, ma l’ultimo atto è la sentenza del 21 aprile con cui la Sezione Prima del Tar (presidente Antonio Pasca, estensore Silvio Giancaspro) ha dichiarato improcedibile - e comunque rigettato - il ricorso per l’annullamento del diniego del Comune alla richiesta del 2021 di avvio della procedura di evidenza pubblica mediante la pubblicazione della domanda di concessione demaniale marittima, il cosiddetto 'rende noto' (presentata nel novembre del 2015).

Secondo i giudici amministrativi il ricorso non è procedibile per sopravvenuta carenza di interesse al suo accoglimento: sono state condivise, infatti, le argomentazioni dell’avvocato Antonio Quinto, che ha difeso il Comune di Porto Cesareo. Tra le altre cose, è stato dato rilievo a quanto disposto dalla legge di conversione del Decreto Milleproroghe con il quale si stabilisce che, in attesa dei decreti legislativi relativi al riordino della disciplina delle concessioni demaniali marittime (quelle già in essere sono state prorogate al 31 dicembre 2024), è fatto divieto di procedere all’emanazione di nuovi bandi per l’assegnazione.

Le previsioni in tema di concessioni balneari di quella legge, a dirla tutta, sono state giudicate molto severamente dal Capo dello Stato al momento della promulgazione (fine febbraio). Con una lettera alla presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni (e ai presidenti di Camera e Senato) il presidente della Repubblica aveva prefigurato la possibilità di un nuovo e diffuso contenzioso, dato che i Comuni potrebbero sentirsi legittimati a indire le gare per le concessioni, dopo la storica sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (novembre 2021), mentre operatori interessati a entrare nel settore della balneazione potrebbero impugnare le proroghe concesse in base alle norme interne.  

Il 21 aprile, poi, è stata pubblicata la risposta della Corte di Giustizia Europea ai quesiti che lo stesso Tar di Lecce aveva posto (lo scorso anno) sull’applicabilità diretta nell’ordinamento italiano della direttiva Bolkestein (a garanzia della concorrenza e della libertà di insediamento nell’Unione Europea) e sull’obbligo di disapplicazione delle leggi nazionali ritenute in contrasto con quelle comunitarie. Insomma, ci sono buone ragioni per non ritenere particolarmente solida la tenuta delle attuali disposizioni.

Tornando alla recente sentenza del Tar, entrando nel merito della questione i giudici rilevano due aspetti: da una parte, che la procedura del 'rende noto' richiesta dalla società ricorrente sarebbe comunque incompatibile con la legge regionale del 2015 che impone una selezione tramite evidenza pubblica (bandi); dall’altra, che spetta all’ente concedente determinare “l’oggetto, i contenuti e le modalità dell’eventuale procedura di gara senza che il privato interessato al rilascio della concessione possa chiedere l’indizione della gara sulla base di un progetto concepito al precipuo scopo di soddisfare i propri interessi imprenditoriali”.

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