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Il vademecum Asl

Cosa fare o non fare quando s’incontra un lupo: “Restare lontani e non dare cibo”

Il servizio veterinario dell’azienda sanitaria, vista la crescita degli avvistamenti sul territorio salentino, fornisce alcune indicazioni comportamentali per garantire la sicurezza di persone e animali in caso di contatto

LECCE – Poche e basilari indicazioni per garantire una sana convivenza e scongiurare problemi di sicurezza tra specie diverse, quella umana e quella animale: è questo il senso dei suggerimenti che l’Asl di Lecce ha deciso di fornire ai cittadini salentini in considerazione della crescita di avvistamenti di esemplari di lupo nelle campagne e di possibili contatti.

La popolazione di lupo Italiano (Canis Lupus) è in crescita principalmente per due motivi: le norme in materia di protezione della specie risalenti al 1971 e lo spopolamento delle campagne, che ha creato ampie aree favorevoli all’espansione delle popolazioni. Un altro fattore che, però, ha favorito la diffusione del lupo è stato l’incremento delle popolazioni delle prede naturali (cinghiali, caprioli, cervi, daini, ecc.).

Gli allevatori si sono ritrovati sostanzialmente impreparati alla ricomparsa di un grande predatore, in particolare in aree dove la specie era scomparsa da decine e decine di anni. Analogamente si sono ritrovati impreparati e talvolta spaventati i cittadini che si sono imbattuti in incontri con un lupo: da qui la decisione dei servizi veterinari dell’Asl di Lecce di fornire indicazioni specifiche, con consigli utili su cosa fare o non fare e soprattutto per tranquillizzare e indirizzare i comportamenti virtuosi.

Dall’Asl fanno notare che esista certamente un problema di convivenza con un grande predatore che, grazie alla sua elusività e alle sue abitudini notturne, si manifesta spesso soltanto attraverso i danni che procura, come le razzie di animali domestici.

Sul rischio per l’incolumità delle persone – chiariscono dall’Asl - è bene precisare e rassicurare sul fatto che gli attacchi agli uomini sono rarissimi e sono causati fondamentalmente da tre cause scatenanti: esemplari affetti da rabbia (malattia non presente in Italia e per la quale, in ogni caso, vi è una strettissima sorveglianza veterinaria); lupi che si difendono o che difendono cucciolate e altri che perdono il naturale timore nei confronti dell’uomo perché artificialmente alimentati.

Una prima raccomandazione ai cittadini è quella di non disturbare né avvicinare gli animali selvatici anche se appaiono in difficoltà ma, in questi casi, allertare gli enti competenti come carabinieri Forestali e centri di Recupero Fauna. Inoltre, si chiede di non avvicinarsi mai, né di toccare un animale selvatico, vivo o morto che sia.

Regola fondamentale per la convivenza con gli animali selvatici è quella di non alimentarli sia per tutelare il loro benessere che per non alterare la loro biologia (e cucciolate più numerose in un territorio che naturalmente potrebbe offrire sopravvivenza per pochi individui): “Difficilmente – spiegano dal servizio veterinario dell’Asl - saremo in grado di soddisfare le loro esigenze nutrizionali, ma soprattutto non bisogna alterare il comportamento nei confronti dell’uomo”.

“Una maggiore confidenza – precisano - può portare al superamento di ‘distanze di sicurezza’ con possibili reazioni imprevedibili da parte di animali selvatici naturalmente predatori e potenzialmente letali per l’uomo. La recente emergenza per la diffusione della peste suina africana sul territorio nazionale ha reso ancor più cogente il divieto di alimentare artificialmente gli animali selvatici per evitare il rischio di diffondere ulteriormente la malattia”.

Il comando provinciale dei carabinieri Forestali, inoltre, ricorda e ribadisce che il lupo (Canis Lupus) è una specie particolarmente protetta ai sensi della Legge 157/1992 e che è previsto l’arresto da due a otto mesi o l’ammenda da 750 a 2mila euro per chiunque abbatta, catturi o detenga esemplari della specie in questione.

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