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Le vecchie insegne sui muri, il racconto di una città che non c'è più

Viene da chiedersi, quanto ci appaiono rari oggi questi "inutili" frammenti di memoria cittadina, semplici scritte commerciali o draghi di ferro, o tettorie liberty e quanto sia utile un pensiero nuovo, capace di custodire il passato in questo tempo di mezzo che viviamo

Raccontano la città che non c’è più. Le insegne delle attività commerciali di un tempo, scritte direttamente sui muri. Senza effetti speciali. Al massimo, lettere di legno, per dare un po’ di rilevo e sentirsi già avanti con la réclame.

Ma in qualche modo sono opere e tali possono ritenersi, non certo per lo spessore dell’artista che le ha prodotte, dato che sono semplici scritte, ma, forse, per il semplice fatto che sono ancora lì e resistono all’era che viviamo. Se durante la giornata, mentre cammini veloce sul marciapiede, scarichi posta sullo smartphone, rispondi a Whatsapp e lo sguardo cade sul muro dove leggi serrandificio, inizi a seguire il filo di Arianna. Ma quante ce ne saranno cose del genere in città?

La scritta in stampatello “serrandificio” (che il correttore ortografico dà ovviamente in rosso), te la ritrovi lungo la parete delle ex Officine Cantelmo, su viale De Pietro. Insomma è lì, di fronte i parcheggi sotterranei dell’ex Enel. Andrebbe tutelata, come quelle a seguire.

E ancora, lungo la centralissima via Otranto, sul prospetto di un palazzo signorile, difficile da intravedere, una scritta dal carattere sobrio, per la vendita di Legnami. La prima parte, il cognome, quasi sicuramente il brand del negozio, se l’è portato via il tempo.

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Cine Ottica. È l’insegna, forse, che rompe meno con tutto il resto, trovandosi all’angolo di una corte su via Palmieri, in pieno centro storico. Ma pensi subito alle pellicole Kodak, ai rullini, alle Reflex. Ma poi ti arriva la notifica su Instagram. Ed è un altro passaggio nello stargate.

Dietro quei nomi d’altronde, e chissà se in giro ce ne sono altri, si è costruito il vivere quotidiano di una città, il suo storytelling, una memoria e una mappa di relazioni che oggi non esiste più, ma che è memoria.

E comunque. Erano i tempi in cui i lampioni che illuminavano le facciate dei palazzi di Lecce, quelli di una certa importanza, erano portati in volo tra le fauci di draghi in ferro battuto, per dire. Proprio queste figure mitologiche hanno preso chissà quale destinazione: sono state smontate per fare spazio ai lavori di recupero del palazzo delle Poste, versante via Cavallotti.

Viene da chiedersi, quanto ci appaiono rari oggi questi inutili frammenti di memoria cittadina, semplici scritte commerciali o draghi di ferro, o tettorie liberty e quanto sia utile un pensiero nuovo, capace di custodire il passato in questo tempo di mezzo che viviamo.

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