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Venerdì, 26 Aprile 2024
Gallipoli

Rosario Padovano in video: “Mio fratello voleva uccidere me e i nostri genitori”

Dal carcere di Voghera le dichiarazioni sull'omicidio di "Nino Bomba", consumato il 6 settembre del 2008. Una chiave tutta familiare che ricalca l'interpretazione già fornita per la morte di Peppino Basile, esponente dell'Idv

LECCE – E’ stato il gran giorno di Rosario Padovano nel processo in corso dinanzi ai giudici della Corte d'Assise di Lecce, per l’omicidio di suo fratello Salvatore, boss della Sacra corona unita (nella fot, in basso a destra). Un delitto avvenuto il 6 settembre del 2008 a Gallipoli, nei pressi della pescheria “Il Paradiso del Mare”. Rosario Padovano è stato sentito in videoconferenza dal carcere di Voghera in cui si trova detenuto.  “Ero legato a mio fratello, ma andava eliminato perché era ormai fuori di testa – ha spiegato Rosario Padovano ai giudici –. Ho dovuto eliminarlo perché lui voleva uccidere me e i miei genitori”.

L'imputato ha raccontato di aver cercato di evitare in ogni modo di giungere a un atto così grave come l'omicidio del fratello. Padovano, infatti, avrebbe chiesto aiuto alle forze dell’ordine, attraverso il suo legale l'avvocato Flavio Fasano, per cui ha speso parole di elogio. Il penalista, infatti, avrebbe cercato in ogni modo di portarlo sulla via della "redenzione". Fu proprio l'avvocato Fasano a metterlo in contatto prima con i carabinieri, epoi con la Direzione nazionale antimafia. In entrambi i casi, però, il suo j'accuse sarebbe caduto nel vuoto. "Quando ho capito che nessuno sarebbe intervenuto - ha detto Rosario Padovano evidenziando le presunte colpe delle forze dell'ordine - ho deciso di fare a modo mio. Il destino ha voluto che incontrassi Mendolia, l'uomo adatto ad agire".

Una questione familiare dunque, almeno secondo il fratello del boss assassinato. Una versione che ricalca quella già rilasciata, in qualità di teste, in occasione di un altro processo, quello per l’omicidio di Peppino Basile. In quel caso, infatti, Padovano junior affermò che si era trattato soltanto di “una vicenda familiare”, in cui lui era stato il mandante e Mendolia l’esecutore materiale.

Pompero Rosario Padovano.-2-2In merito al presunto piano per uccidere l’ex senatore Vincenzo Barba, Padovano ha smentito con decisione le dichiarazioni rilasciate nella scorsa udienza dal presunto collaboratore di giustizia Giuseppe Barba. Oltre a Rosario Pompeo Padovano, gli altri imputati sono Giuseppe Barba; Cosimo Cavalera; Fabio Della Ducata; Massimiliano Scialpi e Giorgio Pianoforte. Carmelo Mendolia, collaboratore di giustizia, ha scelto invece il giudizio abbreviato ed è stato condannato a 14 anni di reclusione.

Le indagini sulla morte di “Nino Bomba” hanno permesso di far luce anche sull'omicidio di Carmine Greco, risalente al lontano 13 agosto 1990. Un delitto avvenuto nell’ambito della gestione del traffico di sostanze stupefacenti. Greco avrebbe “spacciato ingenti quantitativi di droga sul territorio di Gallipoli da cane sciolto, senza rendere conto della sua attività all’organizzazione”. Anche in questo caso Rosario Padovano sarebbe il mandante, Mendolia l'esecutore materiale.

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Elsa Valeria Mignone, hanno ricostruito scenari e moventi in cui l’omicidio avrebbe avuto origine. Un delitto di mafia scaturito dai contrasti sorti tra i Padovano all’indomani della loro scarcerazione. In quest’ottica, secondo la ricostruzione accusatoria, sarebbe scaturita la volontà di Rosario Padovano, in qualità di mandante, di far uccidere Salvatore, alias “Nino bomba”. 

Salvatore Padovano-2Esecutore materiale dell'omicidio di Salvatore Padovano (nella foto, a sinistra) Mendolia, collaboratore di giustizia e già autoaccusatosi dell’omicidio. Della Ducata gli avrebbe fornito ospitalità a Gallipoli, presso la propria abitazione, e gli avrebbe consegnato, pochi giorni dopo l’omicidio (a Casamassima, in provincia di Bari), una parte dei 10mila euro di compenso pattuito, pari a 6.770 euro.

Pianoforte, cugino dei Padovano, avrebbe chiamato Salvatore fuori dalla pescheria di famiglia “dicendogli che una persona gli aveva tamponato la macchina”. In realtà, ad attenderlo vi era Mendolia che l'avrebbe freddato con quattro colpi sparati con una pistola “Beretta modello 83 F”. 

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