rotate-mobile
Attualità

Garante dei detenuti: ruolo chiave per spalancare una finestra sul carcere

Nel 2018 il Comune di Lecce si è dotato di questa figura: Maria Mancarella è stata la prima. Giovedì a Borgo San Nicola la presentazione del report di fine mandato

LECCE - Dopo cinque anni di attività si è concluso il mandato di Maria Mancarella quale garante dei diritti delle persone private della libertà personale.

È stata nominata nell’aprile del 2018 dal sindaco di Lecce Carlo Salvemini, dopo che il Consiglio comunale, nel novembre del 2017, aveva istituito la figura del garante e approvato il relativo regolamento.

Laureata in Filosofia e anche in Psicologia, ha a lungo insegnato Sociologia nell’ateneo salentino e ha maturato una vasta esperienza professionale nell’ambito della giustizia minorile, della mediazione familiare, della metodologia della ricerca. Si è occupata diffusamente di minori e di povertà.

In questi giorni la garante sta esponendo il suo resoconto ai consiglieri comunali e giovedì il report sarà presentato nel carcere di Borgo San Nicola. Per le detenute e i detenuti è stata un punto di riferimento, che prima non c’era, e la sua attività è stata fondamentale anche per alleggerire i disagi nel periodo dell’emergenza sanitaria, quando il mondo penitenziario si è trovato davanti all’urgenza di regolare in maniera diversa i rapporti al suo interno, ma anche quelli con l’esterno. 

D'altra parte il suo lavoro ha imposto anche alle istituzioni locali e ai cittadini il dovere di mettersi in relazione con ciò che avviene all'interno delle mura del carcere, dove ci sono individui portatori di diritti che non possono essere ignorati. Una figura chiave, insomma, se è vero come è vero che il grado di civiltà di un Paese si misura osservando le sue carceri (Voltaire).

La relazione è ovviamente preceduta dai dati di contesto. All’inizio di gennaio del 2023 nel carcere di Lecce risultavano detenute 1.113 persone di cui 82 donne e 175 stranieri, a fronte di una capienza regolamentare di 798 posti. In regime di alta sicurezza sono detenuti circa 200 uomini e 35 donne.

MariaMancarella-3

Rispetto al dato precedente (1° gennaio 2022), quando i detenuti effettivi erano 1.141, la condizione di sovraffollamento – eterna zavorra del sistema carcerario italiano - ha registrato un leggero miglioramento, ma il tema resta in cima alle priorità da affrontare. Il nodo ha molto a che fare con la carcerazione preventiva: al 24 marzo di quest’anno sono 178 i detenuti in attesa di giudizio (di cui 11 donne).

Sono in 333 a lavorare per l’amministrazione penitenziaria di cui 8 per la manutenzione ordinaria e 7 in falegnameria (attività per la quale è in allestimento un ambizioso progetto per la produzione di arredi per i penitenziari italiani e per il quale sono stati già selezionati 110 detenuti). Le risorse a disposizione sono però insufficienti e così si attua un principio di rotazione che consente a tutti di avere una qualche retribuzione che per i detenuti è importante perché costituisce una sorta di legame con la propria famiglia, alla quale si garantisce così un sopporto seppur dalla condizione di detenzione.

In carcere si conducono poi attività gestite da ditte esterne (forno, pasticceria, orto, produzione di articoli “Made in carcere”, riparazione modem di Linkem): in questo caso gli occupati sono 37, mentre coloro che lavorano fuori dall’istituto sono 24. In totale la percentuale dei detenuti a vario titolo occupati è del 38,5 percento.

Quello dell’alfabetizzazione e dell’istruzione è un altro campo molto delicato, come dimostra il tasso di abbandono dei corsi (afferenti all’indirizzo tecnico economico curati dall’Ites Olivetti) per l’anno scolastico 2020/2021: dei 43 iscritti al secondo biennio, che abilita all’ultimo anno per il conseguimento del diploma, sono stati ammessi in 13. Questo trend è dovuto a diversi motivi, il principale dei quali è la coincidenza, spesso, tra orari di lezione e attività lavorative: molti detenuti preferiscono le seconde perché generano una qualche forma di reddito, come si diceva sopra.

Sono invece 13 gli iscritti a corsi universitari e la recente attivazione del polo universitario in carcere ha alimentato molte speranze. Nell’ultimo anno però, racconta la garante, i malumori sono stati molti tanto che delle 20 preiscrizioni per l’anno accademico 2022/2023 non se ne è concretizzata nessuno, anche a causa dei trasferimenti intanto decisi da un penitenziario all’altro. Molti fattori hanno generato, infatti, una certa disillusione: la carenza di luoghi adatti allo studio, di figure di tutoraggio che possano facilitare il disbrigo delle pratiche e le informazioni di cui lo studente ha bisogno, l’estrema farraginosità delle procedure obbligatorie per ottenere l’assenso all’uso di strumenti telematici (anche una semplice chiavetta Usb con le dispense dei corsi).

Insomma, moltissimo resta ancora da fare, nonostante lo sforzo encomiabile e generoso del personale docente, dei volontari e il contributo della stessa organizzazione penitenziaria alle prese, come noto, con carenze di organico che si ripercuotono innanzitutto sulla continuità delle attività di formazione e di abilitazione professionale.

Nel report di Maria Mancarella uno spazio significativo è assegnato poi alla salute mentale in carcere: a Borgo San Nicola, infatti, è presente una Sezione intramuraria psichiatrica, diretta emanazione del Dipartimento di salute mentale di Asl. La struttura, unica in Puglia, è destinata al trattamento sanitario di imputati e condannati che durante la detenzione sviluppino patologie psichiatriche, di condannati a pene diminuite per vizio parziale di mente, di detenuti e internati la cui condizione debba essere posta sotto osservazione. Al momento, per carenza assoluta di personale medico specializzato, la struttura, nata con 20 posti letto, accoglie solo due pazienti.

“Paradossalmente il carcere di Lecce – è scritto nella relazione finale della garante -, proprio per il suo essere un carcere da tempo attrezzato e attento ai problemi della psichiatria penitenziaria, ha finito per scontare le carenze di un sistema più ampio che finisce per scaricare le sue inadempienze su chi è già impegnato nell’affrontare i tanti problemi legati alla salute mentale in carcere”.

Nel corso del suo mandato, ovviamente, Maria Mancarella ha raccolto le istanze dei detenuti nel corso di centinaia di colloqui diretti: le lamentele principali riguardano l’inadeguatezza degli ambienti di detenzione, spesso umidi o soggetti a infiltrazione, e della fornitura dei beni di prima necessità, ma anche le attese troppo lunghe per ricevere farmaci acquistati o per effettuare visite specialistiche ed esami diagnostici.

Sul fronte della comunicazione in ambiente carcerario, i detenuti palesano difficoltà nel parlare con la direzione, con i magistrati di sorveglianza, con la polizia penitenziaria.

Il report si conclude con l’indicazione di cosa si dovrebbe fare per migliorare la condizione carceraria: ci sono indicazioni di breve, medio e lungo periodo. Tra le prime c’è quella di aumentare gli investimenti in formazione e istruzione, di ampliare la possibilità di attività culturali e sportive, di agevolare e non contrastare l’uso della tecnologia con la quale molti ostacoli possono essere superati. Tra gli interventi di medio lungo termine, invece, prioritari restano la riqualificazione degli ambienti, spesso degradati e il rafforzamento della pianta organica, non solo della polizia penitenziaria, ma soprattutto di medici, psicologi e operatori pedagogici.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Garante dei detenuti: ruolo chiave per spalancare una finestra sul carcere

LeccePrima è in caricamento