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Gial Plast, lavoratori a casa nonostante le sentenze. La protesta sotto il tribunale

Licenziati dopo l'interdittiva antimafia, reclamano il reintegro insieme ai colleghi di Colombo Biagio srl. Chiesto un incontro al presidente del tribunale: "Sacrosanto il diritto al lavoro"

LECCE - Continua la protesta, questa volta sotto il Tribunale di Lecce, dei lavoratori licenziati dalle due ditte che si occupano della gestione dei rifiuti in alcuni comuni del Salento tra cui Gallipoli: Gial Plast e Colombo Biagio srl.

Continuano a reclamare il loro diritti al lavoro e, più precisamente, il reintegro negli organici dopo aver ottenuto sentenze di primo e secondo grado favorevoli nei tribunali competenti. In totale gli interessati sono una trentina di dipendenti di Gial Plast, di cui 20 leccesi e la restante parte divisa tra Brindisi e Foggia, e 5 della Colombo.

Il caso è scoppiato quando Gial Plast è stata raggiunta da una misura di interdittiva antimafia, emanata dalla prefettura del capoluogo: in via cautelativa l'azienda mandò a casa alcuni dipendenti che avevano avuto problemi precedenti con la giustizia. Lo stesso comportamento è stato assunto dalla ditta Colombo Biagio.

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Ora però i lavoratori chiedono il rispetto di quelle sentenze positive. E nella loro battaglia sono sostenuti dai sindacalisti di Cobas di Lecce e Brindisi. “Abbiamo scritto al presidente del tribunale di Lecce per metterlo a conoscenza del comportamento anomalo della società Gial Plast – spiegano i referenti Giuseppe Mancarella e Roberto Aprile -. La posizione dei dipendenti è chiara: l’interdittiva non imponeva a Gial Plast di licenziare i lavoratori e adesso le magistrature del Lavoro di Lecce, Brindisi e Foggia hanno dichiarato l’illegittimità dei licenziamenti, obbligando al reintegro”.

Una situazione paradossale, a dir poco, che ha creato non poche difficoltà economiche alle famiglie coinvolte. Cobas ha sempre rimarcato “l'illegittimità” di quei licenziamenti, appellandosi ai dettami della Costituzione italiana: all'articolo 1, che fissa il lavoro come principio cardine su cui si è costituito l’ordine democratico, ma anche agli articoli 3 e 27 comma 3 e altre disposizioni di legge da cui si evince che la Repubblica italiana deve garantire il lavoro a tutti i cittadini, anche a quelli che si sono macchiati in passato di reati.

“Spesso l’ordimento giuridico prevede che il recupero sociale di quei cittadini che si sono macchiati di reati avvenga proprio tramite il lavoro, addirittura in alcuni casi a chi è detenuto viene concessa la possibilità di uscire dal carcere per andare a lavorare – ricordano Aprile e Mancarella -. Esistono anche disposizioni di legge che prevedono incentivi per i datori di lavoro che assumono questi cittadini che abbiamo commesso reati”.  

“Sia le sentenze dei Tribunali, sia le dichiarazioni della prefettura di Lecce riportano le medesime considerazioni sul diritto al lavoro – aggiungono i sindacalisti -. In particolare nel verbale di riunione del 22 ottobre 2019 la prefettura di Lecce afferma che i licenziamenti sono stati fatti in assoluta autonomia dalla società Gial Plast”. Durante il sit-in i lavoratori non sono riusciti a incontrare il presidente del tribunale di Lecce che si è però reso disponibile ad un colloquio nei prossimi giorni.

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