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Sabato, 27 Aprile 2024
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Il cielo oltre le polveri. Storie, tragedie e menzogne sull’Ilva

Tante le voci femminili nell’ultimo libro di Valentina Petrini, in collaborazione con Marco Carta (Solferino Collana Saggi, 2022). La giornata internazionale delle donne di TerzaPagina è dedicata a Valentina e tutte le madri, mogli, figlie, amiche e sorelle di Taranto

Leggere le storie dei protagonisti de Il cielo oltre le polveri. Storie, tragedie e menzogne sull'Ilva di Valentina Petrini non può non commuovere. Non possono non commuovere le vite spezzate dei bambini e dei ragazzini a cui è stato negato il diritto alla salute, il diritto di vivere:

Lorenzo morto all’età di cinque anni il 30 luglio del 2014. Il suo calvario inizia a soli tre mesi di vita quando gli viene diagnosticato un astrocitoma pilomixoide, cioè un tumore al cervello tra i più diffusi nei bimbi così piccoli;[…]

Alessandro morto a sedici anni il 2 settembre 2012 mentre aspetta il trapianto di entrambi i polmoni. Dalla nascita soffre di fibrosi cistica. I medici avevano sempre consigliato al papà Aurelio di portarlo via da Taranto perché aveva bisogno di vivere in un ambiente salubre [...]

Miriam morta a cinque anni il 23 febbraio 2008 per un neuroblastoma al quarto stadio, malattia che i genitori hanno sempre messo in relazione all’inquinamento. […]

Siria morta a quattro anni l’11 luglio 2009, anche lei per neuroblastoma e anche la mamma di Siria è ancora convinta che sua figlia si sia ammalata per colpa dell’inquinamento.

Fabiola morta il 14 marzo del 2014 a causa di due gliomi al tronco encefalico. Non aveva ancora compiuto cinque anni.

Rebecca morta il 23 ottobre del 2015 a poco più di tre anni a causa di una leucemia fulminante.

Ambra, sei anni, si spegne il 31 maggio 2017, per una leucemia. I genitori […] chiedevano la creazione a Taranto di un polo pediatrico dedicato ai tanti bambini affetti da patologie simili.

Giorgio, morto a 15 anni […] per un sarcoma in metastasi il 25 gennaio 2019. Anche Giorgio prima di ammalarsi viveva a Paolo VI, ma alla scoperta della malattia i genitori […] si sono trasferiti in affitto sulla litoranea per fargli respirare aria pulita. […]

Vincenzo, 11 anni, morto il 30 novembre 2020 dopo aver lottato contro un linfoma linfoblastico primitivo nelle ossa. Viveva a Tamburi. […]

Federica morta il 9 gennaio 2021 a cinque anni. Tumore al cervello a cui si era aggiunta un’infezione da Covid-19.

Non possono non commuovere le tragiche morti degli operai: Francesco Zaccaria, deceduto a causa di un uragano mentre era dentro la cabina della gru che manovrava e ritrovato dopo due giorni in fondo al mare a 27 metri di profondità; Alessandro Morricella, operaio del piano di colata dell’altoforno 2, colto da un’esplosione mentre era intento a misurare la temperatura della ghisa liquida, che raggiunge anche i 1600 gradi, dal «pozzino» posto proprio di fronte al foro di colata (Natalia racconta che Il maledetto casco gli si è sciolto in testa. Me l’hanno detto i medici. p. 242). Solo nell’anno 2012 oltre a Francesco Zaccaria e Alessandro Morricella muoiono anche Claudio Marsella, Ciro Moccia e Angelo Iodice, un operaio esterno dell’azienda Global Service. Sono uomini a cui è stata negata la sicurezza sul posto di lavoro. Non sono morti bianche, né morti causate dall’errore umano.

Il punto di svolta di questa lunga tragedia arriva nel 2012, quando dopo aver commissionato una perizia epidemiologica a tre luminari con un quesito preciso: possiamo stabilire le cause delle patologie in eccesso osservate a Taranto in adulti e bambini?, la gip di Taranto Patrizia Todisco dispone il sequestro dell’area a caldo degli impianti Ilva (Area Parchi Minerali, Area Cokerie, Area Agglomerato, Area Altiforni, Area Acciaierie e Area Gestione Rottami Ferrosi) e l’arresto di otto persone, tra cui due componenti della famiglia Riva, che avevano acquistato l’acciaieria nel 1995. L’ipotesi di reato è di associazione a delinquere finalizzata, a vario titolo, al disastro ambientale colposo e doloso, all’avvelenamento di sostanze alimentari, all’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, al danneggiamento aggravato di beni pubblici, al getto e sversamento di sostanze pericolose, all’inquinamento atmosferico (pp. 298/299).

L’inchiesta prende il nome di Ambiente Svenduto. Sono passati dieci anni e pochi giorni fa - durante la discussione in Parlamento sul decreto Milleproroghe - si è rischiato che le risorse sequestrate dal tribunale di Milano ai Riva (575 milioni di euro) destinate alle bonifiche delle aree ex Ilva, fossero “spostate” sui lavori di adeguamento ambientale e sanitario dello stabilimento. Grazie a un emendamento, l’articolo 21 che puntava a quello spostamento è stato soppresso.

Il lavoro minuzioso e importante di Valentina Petrini è una ricostruzione della storia dell’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa, fin dalla sua nascita nel 1965. L’autrice oltre ad illustrare le inchieste susseguitesi nel corso degli anni, di cui la più importante e significativa è quella succitata, le numerose relazioni scientifiche, le pagine dei diari del dottor Alessandro Leccese che già negli anni ’60 parlava delle sue battaglie contro l’inquinamento, racconta della sua storia personale: lei è tarantina, ha vissuto a Paolo VI ed è cresciuta a Tamburi e suo padre un operaio e sindacalista. Questo libro, frutto di quindici anni di inchieste sul campo, però non parla solo di Taranto; è un lavoro comparato molto importante che parla di un problema globale, di come altri Paesi siano stati in grado di impegnarsi alla ricerca di soluzioni concrete per tutelare il diritto alla salute dei propri cittadini.

È oggettivamente difficile raccontare Il cielo oltre le polveri. Storie, tragedie e menzogne sull'Ilva per la complessità dell’argomento, per la ricchezza delle informazioni, per la densità dei vissuti coinvolti. Perché Il cielo oltre le polveri. Storie, tragedie e menzogne sull'Ilva è un libro da leggere. Da leggere per sapere e capire che non c’è più spazio per l’indifferenza; perché l’Ilva di Taranto rappresenta un enorme fattore di inquinamento per l’ambiente circostante, che provoca danni sia a livello umano che a livello ambientale, ma con il suo ruolo strategico nazionale ed internazionale nella produzione di acciaio ha ricadute economiche rilevanti in termini di posti di lavoro e indotto. Ed è per questo motivo che si continua a ricercare un equilibrio tra tutela dell’ambiente e della salute e tra salvaguardia occupazionale e profitti economici. Questo dilemma politico ha scritto e continua a scrivere la sua storia. La nostra storia.

Accanto alla copertina del libro, Valentina Petrini fotografata da Barbara Ledda.

Intervista a Valentina Petrini

Il 12 gennaio 2022 il Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu ha pubblicato una relazione in tema di gestione ecologicamente corretta, di smaltimento di sostanze e rifiuti pericolosi e diritti umani. Nel paragrafo 45 si parla espressamente di Taranto e dell’Ilva, ma di fatto non si dice nulla di nuovo o essenziale. Che senso ha parlare di diritti se poi non si fa nulla per garantirli?

“L’Onu in quel rapporto inserisce Taranto fra le 'zone sacrificali' del pianeta. Le zone sacrificali sono l'opposto delle zone sostenibili nell'ottica della environmental justice, che affronta l'esposizione a inquinanti cui si sommano povertà e disuguaglianza sociale. La disciplina della environmental justice è scientifica ma anche sociale e riguarda il tema della esposizione ad inquinanti e la disuguaglianza che causa. È tragico che questo rapporto Onu, l’ennesimo documento ufficiale che certifica la gravità della situazione tarantina, sia passato inosservato. L’indifferenza continua ad essere un dramma, un’arma di distrazione di massa”.

Nell’ultimo decennio, in tema ambientale, l’Italia ha prodotto una dozzina di decreti sulle emissioni inquinanti finalizzati unicamente a mantenere l’Ilva nelle condizioni di poter produrre. A fronte di numerose buone prassi europee, ad esempio mi viene in mente la riconversione di Linz, perché la politica italiana non si è impegnata a cambiare il corso di questa storia?

“Non mi stupisco di nulla. La guerra in corso in Ucraina per esempio ci ha drammaticamente ricordato che l’Italia non ha mai avuto un piano energetico lungimirante. Siamo dipendenti dal petrolio e dal gas russo e, con i proventi delle vendite, la Russia compra armamenti e fa la guerra. I ritardi nella risoluzione dei problemi del siderurgico tarantino dunque sono parte integrante di un quadro in cui sono tante e diverse le colpe della politica. Il dramma è che ancora oggi Taranto insegna che non è detto che riusciremo a vincere la sfida della transizione ecologica. Se dopo 70 anni a Taranto e in altre aree Sin, cioè interessate da bonifiche, siamo al palo, cosa possiamo aspettarci nel breve periodo? C’è poi il grande tema delle dipendenze economiche, le dipendenze creano distorsioni. Catene da rompere, e chissà se siamo ancora in tempo. Non so veramente cos’altro debba accadere per rendere evidente l’emergenza ambientale anche ai governi”.

La transizione ecologica passa attraverso la transizione energetica dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Eppure, durante il dibattito sul Decreto Milleproroghe, si è consumato il tentativo di spostare i fondi per le bonifiche sulla decarbonizzazione (575 milioni di euro). Alla fine l’articolo 21 è stato soppresso e la destinazione dei fondi è tornata alla bonifica delle aree inquinate, ma possiamo stare tranquilli o c’è da aspettarsi ancora qualche colpo di coda?

“Il caso che lei cita è a mio parere la prova lampante che sul capitolo decarbonizzazione non ci sono fondi dedicati e nemmeno idee chiare e trasparenti, ma per ora solo vaghe promesse. Aggiungo che qualche giorno fa sono state annunciate anche altre tremila richieste di cassa integrazione nel comparto siderurgico, quasi tutte a Taranto. La grande fabbrica dunque è strategica e indispensabile per gli interessi nazionali, ma non vedo in che modo lo sia per i lavoratori e la popolazione visto che non distribuisce ricchezza, ma povertà”.

La narrazione delle tragedie dei bambini che si ammalano a pochi mesi di vita e degli operai morti in circostanze atroci sono reiterati e necessari pugni nello stomaco che devono svegliare dal torpore dell’indifferenza. Nessuno ora può più dire “non sapevo”. Al netto della sua indiscussa professionalità per riuscire ad affrontare un’inchiesta così forte e complessa, da un punto di vista umano ed emotivo come ha fatto?

“Ne sono uscita devastata. Provata. Ma non da adesso, sin dal principio. Quando i parenti delle vittime sul lavoro o dei pazienti oncologici convinti che i propri cari sono stati avvelenati, ti aprono la loro casa, il loro cuore, la loro sofferenza, inevitabilmente ti fai investire. E io sono solo una cronista, racconto storie, non ho altre competenze specifiche per alleviare questa valanga di dolore. Verità e giustizia non ti restituiscono un figlio o un marito morto, ma forse almeno ti danno la forza di portare sulle spalle la croce della loro perdita. Nessuno di loro ne ha avuta. C’è poi anche da dire che non tutti coloro che si sentono avvelenati lo sono stati veramente: è perciò compito di uno Stato fare chiarezza e fornire a tutti le necessarie e dovute risposte, se lo Stato non lo fa, se ne lava le mani, lascia la sua gente nel panico, alimenta paure e lascia anche le persone in balia della polarizzazione, di chi li strumentalizza”.

Da quando è uscito il libro ci sono state discussioni, contestazioni o, come temeva, solo silenzio e indifferenza da parte degli attori politici della vicenda?

“Dalle istituzioni silenzio, dai lettori partecipazione e richieste di incontri pubblici. Purtroppo non mi faccio illusioni: ho visto in questi anni come si muove la macchina della disinformazione. Meglio ignorare e quando non si può proprio farne a meno, attaccare, negare l’evidenza”.

Valentina Petrini è una delle migliori giornaliste italiane d’inchiesta. Ha scritto per “L’Unità”, “Repubblica” e “L’Espresso”. Ha collaborato al programma “Exit”, è stata inviata di “Piazza Pulita” e conduttrice di “Nemo. Nessuno escluso” al fianco di Enrico Lucci. Ha lavorato alla realizzazione del programma “I Cacciatori” e ideato e condotto il programma “Fake - La fabbrica delle notizie” sul canale Nove. È autrice di Non chiamatele Fake News (Chiarelettere, 2020), un’inchiesta sulla matematica della disinformazione. Il cielo oltre le polveri. Storie, tragedie e menzogne sull'Ilva (Solferino, 2022) è il suo secondo libro.

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