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Venerdì, 26 Aprile 2024
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No alle classi pollaio e ai tagli alla scuola: Cobas in sciopero

Tra gli altri obiettivi del sindacato: garantire la continuità didattica e la sicurezza, assumendo docenti precari e personale Ata; investimenti nell'edilizia scolastica per assicurare le lezioni in presenza. "I problemi sono la conseguenza dello smantellamento dello Stato sociale"

LECCE – Basta tagli alla scuola pubblica e ai servizi sociali essenziali: questa la battaglia di Cobas Lecce che questa mattina, insieme ad un gruppo di madri con figli impegnati nella didattica a distanza, ha manifestato davanti alla sede della prefettura locale.

La rivendicazione nasce in seno allo sciopero nazionale proclamato dal sindacato di base, contrario alla Dad e in lotta, da mesi, per la rifondazione di una scuola pubblica “moderna, inclusiva e aperta ai bisogni della comunità”.

Tre gli obiettivi che si è posto Cobas, ritenuti imprescindibili, l'eliminazione delle classi pollaio, innanzitutto. La scuola dovrebbe prevedere aule con massimo 20 alunni per classe e 15 nel caso in cui siano presenti ragazzi diversamente abili.

Il secondo obiettivo è quello di garantire la continuità didattica e la sicurezza reale nelle aule, nei laboratori e nelle palestre, assumendo, tramite concorsi per soli titoli, docenti precari che abbiano svolto 3 anni di servizio e personale Ata con 24 mesi di esperienza.

Imprescindibile, poi, l'investimento massiccio nell'edilizia scolastica per ricavare spazi idonei alle lezioni in presenza.

“Il conflitto politico e sindacale che si apre nella fase attuale con una pandemia mondiale in corso è incentrato sulla destinazione delle risorse economiche e pubbliche del recovery found, in cui scuola, sanità e trasporti sono capitoli di spesa decisivi”, spiegano i sindacalisti.

“È urgente porre all'ordine del giorno una visione diversa ed alternativa rispetto alla gestione economica e politica pre-covid – proseguono gli esponenti Cobas -. Durante la pandemia sono infatti tragicamente emerse tutte le problematiche reali che attanagliano le scuole, come precarietà, inefficienze e disorganizzazione”.

I problemi attuali, secondo il sindacato, sarebbero la diretta conseguenza di anni di tagli e privatizzazioni, e del progressivo smantellamento dello Stato sociale.

E ancora: “Le destinazioni principali dei 20 miliardi di euro previsti dal Recovery plan, che il nuovo governo di accinge a riscrivere, rischiano di allontanarci ancora di più dal modello di scuola pubblica previsto dalla Costituzione”.

“Una comunità educante vivace, libera, inclusiva e aperta ai bisogni dei territori dovrebbe invece puntare sulla formazione di cittadini dotati di strumenti cognitivi a 360 gradi e di spirito critico, per una lettura approfondita e articolata della complessa realtà sociale”.

La critica di Cobas è ad ampio raggio: “I fondi per la digitalizzazione, con l'adozione acritica delle nuove tecnologie, implicano il rischio della trasformazione dei docenti in meri “facilitatori” di un processo di apprendimento standardizzato, gestito dalle multinazionali del web”.

Anche i fondi per la ricerca e l'impresa “rischiano di trasformare la scuola in un'agenzia per l'addestramento al lavoro precario, saltuario e non tutelato”.

“Occorre invertire la rotta, con un intervento di risarcimento per i tagli decennali subiti dal settore dell'istruzione. Quello del 26 marzo non è solo uno sciopero sindacale, ma anche politico e sociale per un nuovo modello di scuola”, concludono i sindacalisti.

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