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Martedì, 30 Aprile 2024
Politica Trepuzzi

La "Bolla" e la deriva peronista del sistema italiano

Curzio Maltese, editorialista de La Repubblica, racconta a LeccePrima del suo libro, di precariato e dei limiti della politica italiana. Sulla Puglia: "Il vero laboratorio, il fallimento di Pd e Pdl"

TREPUZZI - Un libro cinico, realista. Una fotografia irriverente e, in fondo, doloroso di un'Italia che incrocia il suo destino con quello di una politica, a rischio di deriva: "La bolla. La pericolosa fine del sogno berlusconiano", edito da Feltrinelli, è l'ultima fatica dell'editorialista de La Repubblica, Curzio Maltese, sceso nel Salento, per presentarla nell'aula consiliare di Trepuzzi: tanti i temi toccati nel libro, che l'autore ha proposto nel suo intervento, dai giovani precari alla crisi economica, dai tagli all'università alle difficoltà delle classi dirigenti, con ampi riferimenti al premier e qualche stilettata anche all'opposizione dormiente. Maltese, prima della presentazione del libro, ha lasciato una breve intervista a LeccePrima.

Curzio Maltese e la sua "Bolla": un testo che nasce dall'analisi di molte storie dell'attualità più o meno recente, che, però, confluiscono tutte in un'istantanea allarmante su questo paese, che denota scarsa attenzione al futuro, o per lo meno, poca fiducia nei giovani. Come sintetizzare questo lavoro?

"Questa analisi grossomodo rispecchia il senso di questo scritto. È certamente un libro che racconta una serie di storie, molte delle quali riguardano i giovani, che vivono nel precariato. Oggi non esiste un paese in Europa dove tutta una generazione, anzi possiamo dire due, siano lasciata in mano al precariato: questo significa effettivamente non avere alcuna fiducia nel futuro, creare dei ghetti sociali dove i giovani cresceranno inevitabilmente più poveri dei propri genitori. Questo credo sia un fatto drammaticamente significativo. Ma ovviamente nella Bolla ci sono molte altre storie".

Una di queste è certamente il fenomeno mediatico, culturale, politico definito "berlusconismo", anche se si evidenzia nell'opera come il termine sia spesso sinonimo di "decadimento". Cos'è, dunque, nello specifico, la "Bolla"?

"È questa stagione di Berlusconi, il suo modo di parlare d'altro, di rinviare il confronto con i problemi seri del paese che purtroppo esistono, nonostante si continui a negare alla fine persino che la crisi economica esista o che se esiste che colpisca solo gli altri paesi, ma non l'Italia. Il punto è che gli altri paesi, a fatica, ma stanno uscendo dalla crisi, mentre l'Italia ne sembra completamente travolta. Il decadimento è proprio di questo modo di fare, ma anche, come spiego nel libro, di quella impresa storica di aver eliminato dalla scena gli intellettuali, le anime critiche, tutto ciò che non si accoda: la sola parola nell'Italia di oggi è un insulto".

Merita attenzione il sottotitolo de La Bolla: quant'è pericolosa la fine del berlusconismo?

"L'aspetto pericoloso si ritrova nel fatto che Berlusconi, come dice la moglie stessa, ha svuotato la democrazia: è un presidente del consiglio, l'unico in occidente, che praticamente da un anno non si presenta più in Parlamento a discutere di nulla, adesso sembra che non presenti neanche più le liste nelle regioni, vabbé… c'è un disprezzo per le istituzioni democratiche, che lo stesso alleato Fini gli ha fatto notare ad intervalli settimanali, da un anno a questa parte, e nella totale indifferenza di Berlusconi. C'è uno svuotamento totale dei sistemi di controllo, che sono l'anima della democrazia: la democrazia non è solo fare le elezioni e chi poi le vince… se ci pensiamo, le elezioni le fa pure Lukashenko, che prende il 98% e non brilla come esempio democratico: infatti, è molto ammirato da Berlusconi. La democrazia allora non consiste nell'avere un voto in più dell'altro, o non solo in quello, ma nel fatto che le minoranze abbiano diritto di espressione e che esistano dei sistemi di controllo del potere. Invece assistiamo all'attacco sistematico della Corte dei Conti, della Corte costituzionale, della magistratura, della stampa indipendente".

Quindi, condivide l'idea del rischio di deriva peronista?

"Secondo me il berlusconismo è pericoloso proprio perché in un paese anche quando, attraverso un grande consenso, si creano grandi poteri, il rischio è che poi arrivi anche chi vuole gestire il grande potere senza grande consenso, che, voglio dire, toccando ferro, è appunto quanto successo in Argentina con Peròn, che non era un dittatore, ma un uomo eletto dal popolo che, però, ha creato un tale potere extraparlamentare che poi lo ha voluto mantenere senza avere la delega del popolo e l'ha fatto poi coi carri armati. Io naturalmente non credo che queste siano le prospettive, ma bisogna stare vigili e attenti".

Ma s'intravede realisticamente la fine del berlusconismo o è solo l'ennesimo annuncio di qualcosa che, invece, per un motivo o per un altro, non si realizza?

"Credo ci siano delle avvisaglie evidenti di quello che appare certamente un declino. Siamo in una fase in cui è sotto gli occhi di tutti come si stia squagliando il Pdl. In ogni luogo d'Italia ci sono mal di pancia, poi ci sono gli attriti tra gli alleati, il premier stesso ha sentito l'esigenza di fare una conta interna dei fedelissimi ed il sistema del berlusconismo è pieno di falle, che si faticano a chiudere. Sono segnali che, a mio giudizio, dicono che si va in quella direzione".

Che idea si è fatto, da osservatore esterno, del laboratorio pugliese, capovolto rispetto alle prospettive di partenza che i dirigenti dei partiti avevano imposto?

"Mi sono fatto un'idea molto semplice: in Puglia il laboratorio politico continua ad esserci ed è estremamente interessante, perché è soprattutto il laboratorio politico del fallimento congiunto di Pd e Pdl. Mi sembra chiaro che ogni qualvolta da Roma si cerchi di imporre qualcosa, poi le decisioni della base, se messa nelle condizioni di esprimersi, vanno in direzione diametralmente opposta a quella dei dirigenti dei partiti. E forse qualche resistente giapponese dovrebbe arrendersi e trarne le conseguenze".

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