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Domenica, 28 Aprile 2024
Politica

"Un Pd provinciale aperto e radicato sul territorio"

La proposta arriva da un documento firmato da otto esponenti del Pd, in prossimità del congresso provinciale che eleggerà il nuovo segretario: "Decisivo il rapporto con la base e i cittadini"

LECCE - Il Partito democratico salentino si prepara al congresso provinciale ed iniziano ad emergere nella discussione le priorità necessarie a rilanciare in provincia il progetto della principale forza del centrosinistra: si iscrive in quest'ottica, il documento promosso da otto esponenti del Pd salentino (Gabriele Abaterusso, Sandra Antonica, Sandro De Matteis, Antonio Maniglio, Andrea Mocavero, Giuseppe Nocera, Sandrina Schito, Remigio Venuti), che propongono all'attenzione dell'assemblea e dei cittadini della provincia alcune questioni nodali, ritenendo "riduttivo" l'avvicinamento al prossimo congresso, fatto solo con una semplice raccolta di firme a sostegno delle possibili candidature alla segreteria senza "un confronto politico aperto, trasparente e partecipato, finalizzato a rilanciare su basi più ampie e popolari il progetto del Pd".

È per questo che i promotori del documento non promuovono candidati da lanciare o da sostenere, ma si soffermano ad analizzare le difficoltà del Pd e del centrosinistra nel Salento: "Lecce - scrivono - è l'unica provincia pugliese in cui il centrosinistra non governa né la città capoluogo né la Provincia. È una dato politico in controtendenza con quanto è avvenuto in Puglia anche nelle ultime amministrative e conferma, alla luce anche delle difficoltà nei comuni sopra i 15 mila abitanti governati quasi tutti dal Pdl".

In definitiva, secondo i promotori, è stata capovolta "la positiva anomalia degli anni passati quando le esperienze di governo della provincia di Lecce erano il fulcro del buon governo in Puglia" e questo tema deve essere centrale nel dibattito congressuale. Tra i principali limiti dell'iniziativa del Pd si evidenzia il rapporto "insufficiente" ed "episodico" con i tanti comuni della provincia, che ha comportato una "solitudine" dei gruppi dirigenti locali proprio nella fase di decollo del partito. Le sconfitte alle elezioni provinciali e in tanti comuni sarebbero frutto di una "pigrizia intellettuale", che non fa comprendere quanto oggi più che mai "il rapporto con la base, e quindi con i cittadini, è sostanza politica nel giudizio che l'opinione pubblica esprime su chi governa".

Anche sulle candidature, gli otto firmatari sottolineano come "siano state assunte in gruppi ristretti e in logiche di scambio che hanno impedito la partecipazione vera del gruppo dirigente più largo, complice anche l'assenza di organismi intermedi tra l'assemblea dei delegati e l'esecutivo provinciale": "Questo - scrivono -, al di là della qualità delle proposte, ha indotto tanti a ritenere un artificio formale le decisioni assembleari che sono state vissute più come un momento di ratifica di decisioni già assunte che non di effettiva decisione". Si chiede, dunque, nel documento il ribaltamento completo del modello "centralizzato e ristretto del partito fin qui praticato": "Per questo - scrivono - è opportuno che chi si candida alla guida del partito sfugga alla logica degli accordi con il bilancino e, attraverso la valorizzazione delle energie e delle risorse di tutti, costruisca una proposta forte e condivisa al fine di ricevere un mandato chiaro e ampio a guidare il partito".

Si chiede inoltre un modello di partito "flessibile", che decida la forma organizzativa (unione intercomunale o di zona) a partire "dalle peculiarità di ogni realtà": "Un partito più radicato e più aperto - dichiarano - richiede pertanto più direzione politica, intesa come coordinamento delle scelte dei circoli, disponibilità a discutere, determinazione nelle decisioni".

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