rotate-mobile
Attualità Parabita

I 40 anni di geometrie del cimitero di Parabita: prima opera pubblica internazionale post modern

Un monumento nato dallo studio di urbanisti Grau di Roma, con a capo il noto architetto Alessandro Anselmi. Citato da Paolo Portoghesi alla Biennale di Venezia, il progetto è custodito al Maxxi di Roma. Quello originale si trova invece al Centro Pompidou di Parigi

PARABITA – Pochi i salentini che ne conoscono l'esistenza. Eppure, come scriveva Orazio, “de te fabula narratur”: questa favola parla di te. Del territorio. E del suo essere la prima opera pubblica, a livello internazionale, post modern: è il cimitero monumentale di Parabita. Le sue geometrie si sono rivelate per la prima volta al mondo nell’ambito della mostra “La strada novissima”, allestita nel 1980 alla Biennale di Venezia, per volere del celebre architetto Paolo Portoghesi. La riproduzione è tuttora custodita al museo Maxxi di Roma mentre il progetto originale si trova presso il Centre Georges Pompidou di Parigi.

Il cimitero di Parabita, che proprio quest’anno compirà 40 anni, è una complessa opera che nasce da un incarico affidato dall’amministrazione comunale al Grau (Gruppo romano architetti e urbanisti) nel 1967: il gruppo ha il merito di aver introdotto il post modern in Italia. Cinque anni dopo la cantierizzazione dell'area alla periferia della cittadina  salentina poi, nel 1982, l’inaugurazione dell’opera. Alla base vi è un lavoro di ricerca sugli elementi essenziali dell’architettura: Alessandro Anselmi (progettista della famosa e discussa piazza “pendente” davanti al municipio di Fiumicino)  e il suo gruppo (soprattutto grazie all'architetta Paola Chiatante) hanno realizzato una struttura composta da quattro blocchi che “cita” altrettanti capitelli: uno sguardo persistente alla Grecia classica tipica del post modernismo.

Un capitello in particolare, quello composito, sembrerebbe il perno concettuale dell’opera. Quasi una “esplosione” del mastodontico capitello che genera una spirale centrale e che circonda e ingoia via via le celle destinate agli ossari. Il capitello composito inserisce e prevede anche gli elementi naturali: nel cimitero parabitano vi sono infatti diversi punti di verde e aiuole che circondano la struttura, concepiti come aree di sepoltura nei casi di epidemie, ma quasi fosse un richiamo alla mineralizzazione e decomposizione  della materia.

Gli interni del cimitero monumentale di Parabita.

In realtà in pochi sono a conoscenza delle reali simbologie di quest’opera, che cela tuttora significati insondati tra il carparo di piramidi misteriose,  angolature e spigoli perfetti che compongono il camposanto. Rimandi che familiarizzano con l’esoterismo e mai del tutto spiegati neppure dagli stessi progettisti. “Il maestro ispiratore è stato Louis Isadore Khan - spiega Gianpiero Alfarano, professore associato di Disegno industriale presso la facoltà di Architettura dell’Università di Firenze. “Anselmi ha infatti citato per esempio le finestre a rombo, identiche a quelle realizzate dall’architetto statunitense nell’edificio dell’Assemblea nazionale del Bangladesh a Dacca”.

Un continuum architettonico lega il cimitero contemporaneo a quello precedente e confinante. I camposanti sono infatti armonizzati e uniti da corridoi ultrageometrici che aprono varchi da e verso i due ambienti. Il complesso è un insieme di ingressi tremite feritoie, cunicoli claustrofobici, veri labirinti in cui alienarsi – forse spiritualmente- per venerare i defunti. Ma questo è un luogo che celebra l’architettura e, come hanno sollevato le polemiche accumulate nei decenni scorsi, è un paradosso: non costituisce il massimo dell’accoglienza per chi riposa e per chi viene a ricongiungersi nel PHOTO-2022-08-27-10-40-13-2silenzio delle assenze. Si pone dunque un problema concreto di fruizione.

“L’amministrazione comunale sta provvedendo al recupero e alla manutenzione di parti del cimitero. L’idea è quella di giungere a un progetto che coniughi la tenuta e la staticità del monumento e la sua fruizione”, spiega Stefano Prete, sindaco di Parabita (nella foto accanto assieme al professor Alfarano). “Il monumento è posto sulla collina della cittadina. Nonostante la presenza di rampe,  anziani e disabili non ce la fanno a raggiungere le tombe poste in alto. Anselmi aveva proposto una soluzione impattante nel suo progetto: parlava di uno scavo alle viscere che sarebbe stato complesso da concepire ed economicamente impegnativo. Ora stiamo pensando a un ascensore esterno obliquo, adiacente al muro perimetrale del cimitero, che  permetterà di salire al piano, con fermate sui tre livelli. Un’operazione che non avrà impatti estetici ma che ha un costo: contiamo di farcela”.

Ma l’obiettivo del primo cittadino è anche un altro. Quello di valorizzare il monumento anche dal punto di vista culturale e illuminotecnico, perché possa essere visibile dalla strada e conosciuto maggiormente.  Musealizzare un bene (con spazi ad hoc, separati da quelli di culto e preghiera) che negli anni ha assorbito sì accuse e malcontento da parte dei cittadini. Ma ha altresì calamitato l’attenzione dei principali architetti a livello internazionale e che sarebbe un peccato madornale non esaltare.


 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

I 40 anni di geometrie del cimitero di Parabita: prima opera pubblica internazionale post modern

LeccePrima è in caricamento