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Poligono di Torre Veneri, tra esercitazioni e tutela ambientale: il nodo torna davanti al Tar

Nella zona militare, una parte della quale è sito di interesse comunitario, si compiono periodiche attività di monitoraggio: le ultime avrebbero messo in evidenza superamenti di soglia per piombo e antimonio

LECCE – Gli ultimi esiti del monitoraggio nel poligono militare di Torre Veneri, terminati verso la fine di settembre, avrebbero documentato in alcuni punti dell'area il superamento dei limiti previsti per la concentrazione di piombo e antimonio. Si tratta delle prime risultanze che necessitano ancora di ulteriori prossimi approfondimenti.

Ritorna così d’attualità il tema della compatibilità tra le attività militari e la tutela ambientale, dal momento che le esercitazioni interessano anche aree classificate come Sic (sito di interesse comunitario), una terrestre e un’altra marina. La duplice vocazione dell'area è nei fatti: il mese scorso si è assistito, ad esempio, alla schiusa di 59 uova depositate a luglio da una Caretta caretta, specie protetta perché in via di estinzione. A fine settembre, invece, si è svolta un'esercitazione con la Brigata Pinerolo schierata per sperimentare l'utilizzo di alcune nuove tecnologie informatiche, con posti di comando delle operazioni militari interamente digitalizzati.

Nella prossima settimana è atteso tra l’altro, un passaggio davanti ai giudici amministrativi. L’associazione Lecce Città Pubblica, nel giugno del 2016, aveva presentato ricorso al Tar contro il rilascio da parte della Regione Puglia, della Vinca (valutazione di incidenza ambientale). La valutazione, fino a quel momento mancante, è necessaria prima di svolgere qualsiasi attività all’interno di una zona sottoposta a tutela. Dopo un preavviso di diniego, la Regione aveva ricevuto ulteriore documentazione da parte dell’Esercito e si era dunque risolta per il rilascio, seppur con prescrizioni. Un secondo motivo del ricorso risiedeva nella mancata attuazione del piano di caratterizzazione, pronto sin dal 2014, e mai attuato nonostante fosse stata documentata la presenza di elementi nocivi.

Alla fine del 2018, la conferenza dei servizi istituita proprio nell'ambito del piano di caratterizzazione, aveva tratto alcune conclusioni paventando possibili conseguenze negative per la falda a causa della presenza di arsenico, manganese, ferro, nichel, boro e nitriti, presenti in quantità superiore alla Csc (concentrazione soglia di comunicazione). D’altra parte però si diceva che quegli elementi nocivi fossero il frutto “di un singolare ambiente di transizione, il quale influisce sugli scambi che avvengono tra matrice terreno della zona satura e la matrice falda, quest’ultima interessata fortemente presso la costa dall’intrusione marina”. In conclusione non risultava necessario procedere a bonifica, ma si raccomandavano monitoraggi, compresi quelli della falda, i cui esiti, però, ad oggi non sono disponibili.

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