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Lunedì, 29 Aprile 2024
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L’incredulità a Casarano: "Insospettabile, potrebbe allora accadere a chiunque”

Il neo sindaco appena proclamato. I conoscenti. I vicini di casa. Tutti unanimi su due concetti: riluttanza nell'accettare l’accaduto e stima per la famiglia di Giovanni Antonio De Marco

CASARANO – È andata a dormire frastornata da una verità che l’ha coinvolta. Sconvolta. In queste ore, la comunità di Casarano sta facendo i conti con l’incredulità. La difficoltà di accettare che Giovanni Antonio De Marco, un proprio concittadino, possa essersi spinto a tanto. A un massacro.

Il luogo dormiente di provincia svegliato di soprassalto dal tumulto mediatico. Svegliato oggi, nel giorno della proclamazione ufficiale del neo sindaco eletto la scorsa settimana, in quel dannato 21 settembre in cui Eleonora e Daniele hanno perso barbaramente la vita. Così Ottavio De Nuzzo, primo cittadino nel suo primo giorno, si è ritrovato alle prese con vicende che con la politica non hanno davvero nulla a che vedere. “Conosco bene la famiglia: i suoi genitori, così come i nonni. Sebbene, avendo solo 21 anni, non l’abbia mai incontrato, so però da quale contesto proviene. Una famiglia davvero perbene, educata e composta da lavoratori tranquilli. Anche il 21enne mi è stato descritto così: non solo piuttosto riservato ed educato, ma anche tra i primi della classe durante gli anni scolastici”, dichiara il neo sindaco.

Il collage delle percezioni dei cittadini casaranesi su Giovanni Antonio De Marco appare piuttosto univoco: galante nei modi, riservato. Bravo a scuola e neppure sradicato o asociale come le prime immagini ce lo hanno restituito. “Non è vero non avesse amici”, sostengono alcuni suoi coetanei. “In un paio di occasioni ci siamo ritrovati con lui in cene e serate organizzate da conoscenti in comune. È che semplicemente lui era solito frequentare giovani non casaranesi, ma di altri paesi vicini. Forse perché aveva stretto quei legami tra i banchi delle superiori. E poi, ormai, da due anni si era trasferito a Lecce”. Alcuni dipendenti del Municipio ricordano di aver incrociato il 21enne arrestato durante alcuni progetti cosiddetti di “alternanza lavoro”.  Anche gli impiegati comunali che si sono imbattuti per brevi istanti nella vita dell'indagato convergono su un’opinione diffusa e incontrovertibile: la famiglia De Marco, nonostante poco esposta socialmente per via della sua ordinaria, quotidiana riservatezza, è molto stimata e apprezzata. Ma è ora una famiglia distrutta. La terza di questa orribile vicenda. Assieme ai parenti di Daniele ed Eleonora, padre, madre e sorella del presunto pluriomicida sono le altre vittime, spettatrici impotenti della storia.

Annientati i due genitori di 58 e 54 anni che, nella mattinata di oggi, sono stati costretti a lasciare la propria abitazione, nella parte alta della cittadina, assieme alla figlia 27enne, la sorella del giovane arrestato, di professione ragioniera. Madre casalinga, il marito impegnato in lavori saltuari di falegnameria. Tre persone, senza alcuna colpa, attese dalle videocamere e dagli organi di stampa sin dalle prime ore del giorno. Sin dalla serata di ieri, a dire il vero. Alla notizia dell’arresto del casaranese, infatti, tre pattuglie dei carabinieri hanno raggiunto l’abitazione della famiglia, chiudendo persino la strada al traffico per creare un cordone protettivo, come hanno raccontato dei vicini di casa.

 Questi ultimi si sono accodati alla voce unanime di tutti gli altri: famiglia esemplare non soltanto per il modo di vivere e per l’educazione, “ma anche per la disponibilità e la gentilezza verso gli altri, verso noi vicini, per esempio”. Una famiglia dedita anche alla vita religiosa. Vita attiva, con una costante partecipazione agli appuntamenti e agli eventi parrocchiali. Lo stesso 21enne, da bambino, pare svolgesse spesso la funzione di chierichetto durante la celebrazione delle messe domenicali. Non un individuo avulso dalla realtà, dunque. Non lontano dalla vita reale e ordinaria dei suoi coetanei. Non fuori contesto come lo vorrebbe un plot scontato. Lui una vita ce l’aveva. Gli studi all’università abbinati alla libertà di poter abitare da solo, in una città almeno cinque volte più grande della sua. Colleghi e contatti sociali, un tirocinio nel reparto di Medicina dell’ospedale “Vito Fazzi” e una carriera da infermiere. Una vita che ha però deciso di far deragliare. Di far deflagrare deliberatamente, trascinando con sé altri due giovani destini che non hanno potuto dire la propria.

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