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Sabato, 27 Aprile 2024
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Anni di attriti e un tragico epilogo: dietro gli spari, un lungo romanzo criminale

Sarcinella e Afendi si erano conosciuti tramite Augustino Potenza, poi morto assassinato. Dall'amicizia agli sguardi minacciosi in carcere. E poi, il suocero del 28enne accoltellato e la moglie pedinata. “Basta, questa volta l’ammazzo”

CASARANO – C’è una figura che aleggia come una fantasma su tutta questa storia, l’ennesima di sangue versato nelle vie di una Casarano che non sembra trovare mai pace. È quella di Augustino Potenza, cancellato dalla faccia della terra, con tutto il suo ingombrante passato, in un pomeriggio di ottobre del 2016 a sventagliate di kalashnikov.

Dalla comune conoscenza di Potenza era nata, fra il 2014 e il 2015, quella fra Lucio Sarcinella e Antonio Amin Afendi. Ma chiamarla amicizia, sarebbe troppo. I rapporti fra i due avrebbero subito continue oscillazioni. Afendi avrebbe provato sentimenti contrastati, manifestando a volte simpatia, altre un’acredine i cui motivi Sarcinella non avrebbe mai compreso fino in fondo.

Tutto questo emerge dalla confessione resa ai pubblici ministeri Rosaria Petrolo e Giovanna Cannarile da Sarcinella, il 28enne che ieri pomeriggio ha freddato Afendi, 33 anni, con tre colpi d’arma da fuoco, in una scena che sembra presa di sana pianta da un film d’azione.

Tre spari a bruciapelo

Un’auto si ferma all’improvviso, Sarcinella richiama l’attenzione di un gruppo di giovani, uno di loro si fa avanti, lui lo allontana con toni bruschi perché è con Afendi che vuole parlare. Quest’ultimo allora, si avvicina e lo esorta a uscire dall’auto in tono di sfida. Lo sportello, a quel punto si apre. Parte il primo sparo e Afendi, che deve avere la sorpresa stampata in volto, barcolla. Parte il secondo sparo, il 33enne cade. Sarcinella è ormai fuori dall’abitacolo, Afendi al tappeto. Parte il terzo sparo, è il colpo di grazia. Sarcinella risale, l’auto, che è sua, ma guidata da un amico, sgattaiola via a tutta velocità da piazzetta Petracca.  

Certo, Afendi non potrà mai dire la sua sul perché vi fossero attriti con Sarcinella e nella lunga dichiarazione, come detto, quest’ultimo non chiarisce mai questo lato oscuro o, comunque, spiega di non sapere bene il perché. Qui s’insinuerà necessariamente un supplemento d’indagine. Entrambi hanno precedenti di un certo calibro ed è fatto ben noto. Ma va detto che, di episodi di astio, fino all’atto finale, ne racconta davvero tanti, Sarcinella. A partire dal giorno del loro casuale incontro nel carcere di Lecce, nella sala colloqui.

Afendi vi era arrivato nel 2016 in seguito alla condanna per l’operazione “Papira”, dovendo scontare la pena definitiva. Sarcinella, l’anno dopo, essendo rimasto coinvolto nell’operazione “Diarchia”, incentrata sul gruppo capeggiato da Tommaso Montedoro, dopo che gli investigatori avevano rilevato la scissione da quello di Augustino Potenza. Sarcinella racconta di un suo cenno di saluto, ricambiato con uno sguardo minaccioso, tanto che in una seconda occasione preferisce abbassare la testa e procedere dritto.

L'accoltellamento del suocero

Altri segnali di frizioni arriveranno una volta riconquistata entrambi la libertà. Afendi molto prima, e nel frattempo si salva per il rotto della cuffia da un feroce agguato, per il quale sarà condannato Giuseppe Moscara, casaranese 28enne. Sarcinella, anni dopo. Tanto che mentre è ancora in carcere, nel 2020, si fidanza con una ragazza con la quale aveva avuto una relazione tempo prima, arrivando a sposarla il 3 giugno del 2021 e aspettando oggi con lei un figlio. Ed è dal momento in cui si sparge la voce a Casarano della loro relazione che, secondo il racconto di Sarcinella, inizia l’escalation vera e propria.

Il 28enne racconta che Afendi non perde giorno per passare davanti al bar nel quale lavora la moglie e lanciare sguardi minacciosi, appena la vede uscire nelle pause. Ma l’episodio più grave arriva la sera del 22 novembre 2020, quando Afendi e quello che diverrà di lì a poco il suocero di Sarcinella, hanno una discussione per motivi di viabilità. “Ti scanno come un maiale, hai sbagliato giorno, non sai chi sono io”, urlerà Afendi in faccia all’uomo, prima di estrarre un coltello infilare la lama nel suo basso ventre. Afendi finirà in arresto e sarà poi condannato.

Il tragico epilogo

Quando Sarcinella ritorna in libertà, le cose peggiorano. Inizia a lavorare in un bar di proprietà della famiglia della moglie e Afendi vi passa spesso in moto, cercandolo con lo sguardo in atto di aperta sfida. “Ti faccio fare la fine di tuo suocero”, arriverà a dirgli nel corso di un casuale incrocio per le vie di Casarano. Sarcinella, in sostanza, si sente minacciato e perseguitato ovunque e di continuo, ma la goccia che fa tracimare il vaso arriva ieri mattina, quando la moglie, che si trova con un’amica, lo chiama, spaventata. Afendi la sta pedinando, così si ferma nel parcheggio di un supermercato e chiede al marito di raggiungerla lì. E Sarcinella, a quel punto, non ci vede più.

In quel momento è alla guida della sua auto, un’Audi A3, con amico accanto, un 37enne, con il quale si era incontrato poco prima al bar (presenti anche la moglie e l’amica) per un appuntamento con un avvocato. Tutto accade, dunque, dopo che il gruppetto si accomiata. “Stai tranquilla, ci penso io, sono stanco di questa situazione”, risponde alla moglie e, con l’amico a bordo, si reca sulla strada per Taurisano. Lì, ha nascosto in precedenza una pistola e munizioni, acquistati mesi prima per 400 euro.

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“Basta, questa volta l’ammazzo”, ripete più volte Sarcinella durante il tragitto. L’amico, spiega il 28enne, non sa nulla dell’arma nascosta, appare sempre più preoccupato perché teme di aver già capito l’epilogo e lo invita a ragionare. Viene zittito in malo e dopo che Sarcinella recupera l’arma, dice al 37enne di mettersi al volante, arrivando quasi a intimidirlo. I due ritornano a Casarano, fanno alcuni giri, poi, alla fine, Sarcinella nota l’auto di Afendi. È l’inizio della fine. “Se tu hai qualche problema con me, che rimanga tra me e te, la mia famiglia lasciala stare”, gli urla Sarcinella, quando gli sguardi s’incrociano. Poi, gli spari.

L’Audi si allontana, l’amico gli dice che s’è rovinato la vita, lui continua a farlo tacere. “Portami a casa e perditi”. Poi, si disfa dell’arma e delle munizioni rimaste e manda un messaggio vocale con Whatsapp alla moglie in cui, in dialetto, si scusa per quello che ha fatto, le dice di amarla e di pensare al loro figlio in arrivo. Manda quindi altri messaggi, fra cui uno al suocero, al quale confida l’omicidio. Quest’ultimo arriva a casa e contatta l’avvocato Simone Viva il quale, a sua volta, avvisa i carabinieri. Di fatto, Sarcinella è spalle al muro e deve costituirsi.

L'attività di riscontro

Inizia una puntuale attività di riscontro dei carabinieri, con l’ascolto dei vari testimoni presenti in quel momento nella zona della sparatoria, comprese tre ragazze uscite da un bar e che si sono ritrovate davanti al cadavere di Afendi e dei parenti di Sarcinella. Viene nel frattempo recuperata la pistola 357 Magnum nel luogo indicato dall’omicida e con l’acquisizione dei filmati di varie telecamere di sorveglianza si riesce in breve tempo a tracciare il percorso dell’Audi. Tutto come da narrazione.

Per il giovane scatta il fermo. Sarcinella, in tutto ciò, più volte tenta di alleggerire la posizione dell’amico, definendolo ignaro e praticamente costretto a eseguire i suoi ordini, ma è chiaro che la posizione di quest’ultimo dovrà essere vagliata con attenzione, così come si dovrà scavare ancora per chiarire se esiste sotto la superficie degli attriti personali, qualche altro movente. Certo, l’azione in pieno giorno, in una zona centrale, davanti a numerosi testimoni, sembra suggerire sul serio un delitto d’impeto, magari nel cuore covato da tempo (e questo potrebbe spiegare il perché dell’acquisto della pistola), ma maturato all’improvviso e non pianificato con estrema cura.  

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