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Sul modello catalano

Da Borgo San Nicola gli arredi per gli istituti di pena italiani: progetto in atto

Conclusa la presa in carico da parte degli operati dei servizi per il lavoro di 127 detenuti. Soprattutto i più giovani chiedono di essere formati per agevolare il loro reinserimento al termine della reclusione

LECCE - L'iniziativa è ambiziosa, finalizzata a produrre tutti gli arredi in legno necessari al fabbisogno dei penitenziari italiani, ma allo stesso tempo concreta: è terminato, infatti, il lavoro propedeutico alla creazione di una start up nel carcere di Borgo San Nicola.

Nei giorni scorsi un gruppo di operatori dell'Agenzia regionale delle politiche attive del lavoro (Arpal) ha preso in carico 127 detenuti attraverso dei colloqui per la ricognizione di esperienze lavorative, potenzialità e, naturalmente, dei profili psico-sociali. Ha fatto così il primo passo il progetto Modelli sperimentali di intervento per il lavoro e l'inclusione attiva delle persone in esecuzione penale (Milia), promosso dall'assessorato a Lavoro e Formazione della Regione Puglia e ispirato al modello del Centre d'Iniciatives para la Reinserciò (Cire) che fa capo al Dipartimento di giustizia della Comunità Autonoma della Catalogna. La novità essenziale sta nell'approccio integrato e sistemico tra i servizi territoriali per il lavoro e quelli per la formazione e l'inclusione.

Il progetto Milia è sostenuto con 750mila euro del Pon Inclusione e investe gli isituti penitenziari di Lecce e Sulmona. “L’obiettivo  – ha spiegato l’assessore Sebastiano Leo - è il recupero e il rafforzamento delle competenze delle persone detenute, ma anche l'acquisizione di professionalità richieste dal mercato del lavoro: è noto che il tasso di recidiva è di gran lunga inferiore tra chi, durante il periodo di esecuzione della pena, ha svolto attività formative e lavorative finalizzate al reinserimento nel tessuto produttivo. Incentivare la dimensione lavorativa diventa, così, non soltanto un elemento di rieducazione, ma anche un’alternativa per coltivare il riscatto sociale ed evitare che, successivamente, si ricorra al crimine come mezzo di sussistenza”.

foto presa in carico detenuti da personale Arpal Lecce-2

La fase successiva sarà ora quella della formazione specifica per il settore della falegnameria. Dai colloqui con i detenuti, del resto, è emerso forte il bisogno di acquisizione di competenze, soprattutto da parte dei più giovani che spesso provengono direttamente da esperienze di carcere minorile. Il ministero della Giustizia, che con la Regione Puglia ha siglato un'apposita convenzione ha deciso di puntare sulle produzioni agricole e sulla falegnameria per agevolare il reinserimento al termine del periodo di detenzione con qualifiche spendibili nel territorio di residenza. 

Un'altra incoraggiante notizia, dunque, dal penitenziario leccese dove il 9 maggio è stata inaugurata un'aula attrezzata con postazioni dotate di computer a servizio dei detenuti iscritti ai corsi universitari. 

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