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La Camera di Commercio nella crisi delle imprese: neo presidente e accademico a confronto

Da pochi giorni Mario Vadrucci è il numero uno dell’ente camerale. Digitalizzazione, nuovi settori e ripresa nel Tacco: ne abbiamo parlato con lui e con Amedeo Maizza, professore universitario di Economia e gestione delle imprese

LECCE – Non ci sarà alcun prodigio esterno a galvanizzare la ripresa economica nel Salento. L’unica strada percorribile è quella che vedrà gli imprenditori cavalcare spediti verso l’innovazione. A pochi giorni dall’elezione del nuovo presidente della Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Lecce – dopo due anni di gestione commissariale - tante le aspettative per il nuovo ruolo che l’ente camerale potrà, dovrà ricoprire.

Quello di Mario Vadrucci, nuovo numero uno, non rappresenterà soltanto un mandato di rappresentanza ma avrà il comfoto mia 4-2pito di indirizzare il mondo dell’economia locale,  traghettandola lontano dalla palude. Un panorama imprenditoriale, quello italiano e quello del sud, che è avanzato di cinque posizioni nella classifica europea sulla capacità di adeguamento alle nuove tecnologie.  Il rapporto Desi (Digital economy and society index), pubblicato come ogni anno nello scorso dicembre, evidenzia le prestazioni digitali dei Paesi europei. L’Italia mostra sì un miglioramento, ma nel Mezzogiorno il divario è ancora notevole. È proprio sulla digitalizzazione e sul capitale umano che punta  Amedeo Maizza, docente ordinario di Economia e gestione delle imprese di Unisalento.

Professor Maizza, quale ruolo potrà ricoprire nei prossimi mesi la Camera di Commercio?  

“Laddove le camere riescano a innovare se stesse e, quindi, ad avere un ruolo proattivo verso il territorio e le sue endemiche potenzialità non valorizzate, non attualizzate, potranno ricoprire un compito vitale. Un bene comune per lo sviluppo economico. In questo senso, ritengo la Camera di Commercio un presidio territoriale indispensabile per l’accompagnamento e il sostegno alle imprese e del territorio tutto”.

Intanto il mondo del lavoro va modificandosi in maniera sostanziale…

“Ricerche internazionali stimano che nel 2030 cambierà buona parte delle professioni: il 60 per cento di quelle attuali saranno modificate, o addirittura sostituite da nuove. Non siamo in grado di fare saldi e bilanci: in ogni rivoluzione industriale lo spauracchio della perdita del posto di lavoro determinato dall’innovazione tecnologica di fatto non si è avverato. In un  tessuto socio economico – in corso di radicali trasformazioni per il post Covid e per gli effetti della quarta rivoluzione industriale ingigantita-  questa situazione comporta una riflessione marcata su due temi. Il primo: valorizzazione del potenziale umano tramite lo sviluppo della filiera formativa che deve adeguarsi al cambiamento e quindi accompagnare i giovani verso il mondo del lavoro. In questo senso, Le camere di commercio sarebbero un ottimo anello congiunzione. Altro ruolo: raccogliere le criticità nel sistema Paese rispetto alla conoscenza tecnologica, quindi al valore del capitale umano nell’innovazione tecnologica accompagnando le imprese nel processo di digital transformation”.

Il cambiamento del mondo del lavoro e il deficit del capitale umano rispetto alle nuove tecnologie impongono al mondo dell’economia e  alla Camera di Commercio, un ripensamento della formazione e di adeguamento delle imprese ad accogliere nuove imprese professionali…

“La Camera di Commercio ha avuto attenzione su queste tematiche. Il processo di trasformazione digitale delle imprese dovrà essere ulteriormente supportato. Interventi di sostegno finanziati alle imprese, anche se esigui, sono un segnale. Occorre un ulteriore sforzo, che si sta facendo a livello nazionale con il Pnrr. Ancora una volta punto il dito sul potenziale del capitale umano da attualizzare; su questo bisogna avere una politica di coesione anche per riscattare quel deficit che, come meridione d’Italia, avvertiamo da troppo tempo. Oggi possiamo avere una grande opportunità: se non siamo messi bene come sistema Paese, quindi se partiamo tutti da una situazione deficitaria (relativamente alle competenze tecnologiche del capitale umano come dimostrano i dati dell’indice DESI), è questo il momento per poter fare uno scatto in avanti visibile. La migrazione che subiamo da parte dei nostri giovani verso altre destinazioni ritenute interessanti è un depauperamento di quel capitale umano che, se opportunamente valorizzato, potrebbe dare una marcia in più. Faccio intanto miei auguri al presidente Vadrucci per il suo nuovo incarico, molto impegnativo e importante per il futuro”.foto-mario-vadrucci-2-2-2

Presidente Vadrucci, da pochi giorni è stato eletto a capo della Camera del commercio, dell’Industria e dell’Artigianato di Lecce. Quale la linea di indirizzo prevista per i prossimi cinque anni?

“Affrontare lo sviluppo dell’’economia salentina dalla parte delle imprese, perché di questo si tratta prima di ogni altra cosa, non è un compito che potrò condurre da solo. Ho insieme a me un Consiglio e, tra qualche giorno, anche una giunta, organi insieme ai quali individuare una direzione lungo la quale muoverci per rilanciare le speranze di tanti imprenditori, di ogni settore, che aspettano di rimettersi in cammino dopo le rinunce che la situazione degli ultimi anni, con la pandemia e gli altri ostacoli antichi, ha creato. Lavoreremo per le imprese e con le imprese, consapevoli che ci sono buone possibilità di ripresa ascoltando i loro problemi, individuando insieme le soluzioni, utilizzando norme e finanziamenti nazionali ed europei, senza dimenticare che questo è un territorio che fa parte di una regione che è tra quelle più trainanti del Mezzogiorno. Non dovremo fare da soli, ma dovremo portare sui tavoli dove si decide, locali, regionali e nazionali, la voce delle aziende e degli imprenditori che vogliono soltanto riprendere a lavorare e a creare lavoro”.

Il ruolo dell’ente camerale, oggi più che mai nell’era post pandemia, ha la necessità di tornare centrale e luogo simbolico di aggregazione per come si era configurato un tempo. Non più dunque un mero elenco e registro di imprese, come si temeva ultimamente…

“Le vicissitudini, anche normative, di questi ultimi anni, hanno cambiato e ridimensionato le possibilità di intervento delle Camere di Commercio. Per questo noi dobbiamo concentrarci sul nostro compito principale. Prima di tutto dobbiamo “rimagliare” il tessuto imprenditoriale del Salento, puntando sui settori che ancora trainano l’economia del nostro territorio. La Camera di Commercio non è mai stata solo un mero elenco di imprese, ma la casa di tutta l’economia salentina e  come tale deve, con la forza delle categorie che nel nostro Consiglio sono tutte rappresentate ad alto livello, fare da capofila della ripresa economica. Dobbiamo essere il lievito che deve aiutare tutta l’imprenditoria a riprendere il suo ruolo guida. Dobbiamo, per raggiungere questo traguardo, avere il coraggio di trovare, insieme agli altri enti locali che dovranno essere coinvolti, le strade più giuste e percorrerle fino in fondo per riaffermare la centralità del nostro progetto. Dobbiamo aiutare le imprese nella logistica, nel perseguimento della qualità, nella eliminazione delle barriere, anche geografiche, che finora hanno tarpato le ali ai nostri prodotti, o li hanno fortemente limitati nella concorrenza con quelli di altre zone d’Italia e d’Europa. I trasporti, per esempio, sono fondamentali per il futuro, sia quelli per i passeggeri che quelli per le merci. Eliminare gli ostacoli che finora si sono frapposti all’ammodernamento completo di questo settore, è una degli argomenti fondamentali che dovranno essere affrontati. Dobbiamo ricostituire le “filiere”, con le aziende più grandi che trascinano quelle più piccole. Il nostro tessuto è fatto di poche medie imprese e di tante aziende più piccole. Bisogna coinvolgere tutti, aumentare la complementarietà dei settori, per marciare uniti moltiplicando la risposta economica”.

Il professor Maizza, accademico di Unisalento ed esperto di economia d’impresa, ha parlato di un ruolo maggiormente proattivo da dover ricoprire oggi. Quali potrebbero essere gli interventi e le innovazioni a stretto giro?

“So che tutto il mondo economico salentino si aspetta tanto da noi. E noi cercheremo di collegarci con l’Università del Salento per poter utilizzare le ricerche e gli studi che possano supportare le nostre azioni e i nostri obiettivi. Non partiamo dal nulla: il Salento non è certamente una “tabula rasa”. Anzi certi settori, che hanno sofferto un appannamento all’inizio di questo secolo, si stanno riprendendo con nuovi processi produttivi e nuovi prodotti.  Pensate solo al Tac (Tessile, abbigliamento e calzature, ndr) che, grazie a giovani imprenditori pieni di idee e capaci di investimenti, è tornato a produrre e a fare qualità, uno degli obiettivi che tutti i settori dovrebbero porsi per poter competere sui mercati nazionali ed esteri. Anche il comparto metalmeccanico è pronto a dare i suoi frutti con nuovi collegamenti con l’apparato produttivo del Nord Italia e dell’Europa. Non dimentichiamo che tra poco le norme europee sulla sostenibilità imporranno delle scelte che dobbiamo essere pronti a fare, pena l’esclusione dai mercati più importanti. Lo Stato deve metterci in condizione di non impiegare gli investimenti coraggiosi dei nostri imprenditori, solo per pagare il prezzo di queste innovazioni, necessarie, ma che non devono metterci fuori mercato. In questi giorni  si sta combattendo una battaglia importante per il futuro delle imprese sul piano dei costi dell’energia, delle materie prime, dei carburanti. L’industria, è emerso dai conti che si stanno facendo, pagherà 37 miliardi invece degli 8 pagati finora, per l’energia, e questo è un problema grossissimo da risolvere tutti insieme. Le aziende non possono rimanere sole e noi saremo accanto a loro nelle sedi più opportune per far valere la loro volontà di non scomparire dal mercato”.

In che modo concreto si intenderà sostenere le attività nella fase, ineludibile, della digitalizzazione? Aspetto sul quale il meridione, Salento compreso, risulta essere piuttosto indietro?

“Questo è un altro importante argomento che nei prossimi mesi tutto il mondo economico salentino si troverà ad affrontare, sperando di poter utilizzare piani e progetti nell’ambito del Pnrr, che non possono essere solo locali, ma che fanno parte di un più ampio cambio di strategia nazionale, sul quale, soprattutto nel Mezzogiorno, siamo in ritardo. Ci devono mettere in grado di poter usufruire di tutte le infrastrutture che in altre parti d’Italia e d’Europa, sono ormai patrimonio comune. La fibra di alto livello deve essere disponibile per tutte le aziende, l’e-commerce deve diventare una pratica comune per tutte le singole unità produttive; le aree industriali devono veramente costituire nuclei di lavoro, offrendo servizi consorziati utili per tutti. Le Zes (Zone economiche speciali, ndr) devono essere attuate per attrarre investimenti e nuove aziende. Questi che sono problemi annosi, ci impegneranno come ente per cercare di avviarli in breve a compimento. Non avremo altre possibilità nei prossimi anni, di cambiare in meglio l’economia del Salento, se non riusciremo a rimuovere questi ostacoli che da sempre bloccano idee e investimenti che partono da questa zona. Bisognerà incoraggiare la formazione di start-up e seguire queste idee nuove, agevolando la nascita di aziende giovani attraverso un uso più mirato del credito”.

È plausibile  immaginare anche una crescente collaborazione  con le organizzazioni sindacali per ridare fiato all’economia a più livelli, puntando però al rispetto di contratti di lavoro? Anzi spingendo, affinché si possa parlare di contratti in una terra che non brilla certamente per legalità in ambito lavorativo?

“C’è veramente tanto da fare, ma non dobbiamo dimenticare di tenere sempre accesi due fari che devono illuminare le strade percorse dal mondo imprenditoriale salentino: la qualità e la legalità. I settori più importanti li conosciamo tutti: Il turismo innovativo, che può dare molte soddisfazioni e deve trainare anche altri comparti collegati, l’artigianato di qualità, il commercio di prodotti della manifattura locale, l’agricoltura moderna che deve anche riparare i guasti della Xylella per i quali ci sono responsabilità antiche. E poi, puntare sulla comunicazione in modo moderno, utilizzando i social con intelligenza per far conoscere i prodotti, i siti, l’ambiente che meglio possano rappresentare il Salento in chiave diversa e più coinvolgente. E alla fine, ma non per ultimo, dare vita ad una task force di esperti in grado di pensare a progetti innovativi, capaci di intercettare fondi comunitari con i quali lavorare, anche con altri Paesi, per sentirsi europei e fare circolare la cultura più antica che ha permeato le nostre terre come tratto distintivo delle nostre comunità. Il tutto nella legalità più piena, chiedendo il controllo dei concorrenti, ma iniziando per primi nelle nostre imprese a perseguire gli obiettivi richiesti dalle leggi che vogliamo più snelle e meno farraginose, capaci di eliminare, e non di produrre, ostacoli e balzelli che le aziende non possono più sopportare”.

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