Taranta, la lunga notte di Melpignano nel segno delle donne e della magia del “rito”
Uno spettacolo intenso guidato dalla maestra concertatrice Fiorella Mannoia: Tananai, Brunori Sas e una incredibile Arisa accendono lo spettacolo. La macchina organizzativa fa il resto
MELPIGNANO – I ritmi della terra, i suoni ancestrali reinterpretati, una marea di mani che tengono il tempo e piedi che ballano. Ad ogni edizione, il mantra è che qualcosa di una “tradizione” ceda il passo a una “diversità” che “altera”. E, invece no, la Notte della Taranta, così cangiante e multiforme, ogni volta si rigenera in un rituale collettivo, che rinnova il miracolo della “liberazione”. E che riesce a raccontare in una sola serata molto di più di un territorio di quanto facciano altre esperienze.
La piazza di Melpignano è un’arena scenica, di emozioni e di catarsi, dove la musica regna incontrastata e veicola linguaggi ulteriori e profondi nell’esteriorità sublime di una festa che sa come stupire. L’edizione ventisei è un viaggio intenso, sotto la guida attenta di Fiorella Mannoia, maestra concertatrice che sembra lasciarsi ipnotizzare e accarezzare dalla magia e, ugualmente, conduce lo spettacolo, imprimendo il suo marchio, dove la voce è quella riconoscibile di un’artista strepitosa che si confonde nell’idioma del popolare.
E che imprime il suo marchio, quello della eccellente interpretazione: il livello è molto alto e il coinvolgimento dei presenti ne è la conseguenza diretta. Poi ci sono i temi chiave del suo impegno umano e professionale: ed è anche questa una cifra della Notte della Taranta e di quella storia che la precede. Per cui, parlando di rispetto, di donne, di libertà, con la capacità di empatia che le è propria, Fiorella Mannoia raccoglie il messaggio del passato e lo ridona attualizzandolo. Maneggia tutto con delicatezza e con cura, come se sentisse il peso della responsabilità di “custodire” qualcosa che viene da molto lontano.
Sono tutti compagni importanti in tal senso quelli che salgono sul palco: Tananai (protagonista nel percorso di avvicinamento al concertone di alcuni video divertenti con Antonio Amato) ci mette la propria genuinità e dalle note del brano “Tango” si tuffa nelle sonorità salentine. Sul palco indossa una camicia con un messaggio diretto e senza bisogno di spiegazioni: “Adesso basta, nessun’altra”. Brunori Sas si cimenta con il grico e si lascia coinvolgere totalmente dall’esibizione, mettendo da parte la sua proverbiale timidezza. E poi c’è Arisa, voce di una elevata perfezione stilistica, che regala una performance di una potenza a tratti commovente.
È una Notte della Taranta insomma che esalta le donne e quasi sembra volerle celebrare, ma che non dimentica anche i grandi uomini che per anni hanno reso importante questa avventura: il nome di Luigi Chiriatti è impresso a fuoco nello scenario narrativo e artistico della serata.
La certezza ovviamente resta l’Orchestra popolare che accompagna, guida gli artisti, li fa sentire a casa, ma detta i tempi a uno show, che corre via senza stancare: senza questa pietra basilare sarebbe tutto meno possibile. Poi c’è tutto il resto, che completa una rappresentazione che, negli anni, è cresciuta talmente tanto da raggiungere i livelli che solo i grandi eventi hanno: dalle luci alle coreografie, passando per il corpo di ballo e le voci.
Ma c’è una considerazione in più da fare: la macchina organizzativa. La Notte della Taranta dimostra sempre più la capacità di mettere in piedi qualcosa di grande, curando ogni minimo dettaglio per evitare intoppi e disagi. Si è fatto molto parlare per quanto accaduto due settimane fa, a Galatina, in occasione del concerto evento dei Negramaro: ecco, la Taranta è un modello di pianificazione, che mette insieme tante teste per una resa massima. E le eccellenze, di solito, dovrebbero fare scuola o almeno “ispirare”.
Poi, certo, ci sono anche le polemiche annuali dei “puristi” della pizzica che lamentano che tutto “sia cambiato” e sia “poco tradizionale”: è una questione “filosofica” che, però, da un lato non coglie le sfide del “rinnovare” costantemente l’esperienza, ma, allo stesso tempo, non tiene conto che la musica è anche e soprattutto contaminazione. Del resto, non è anche una questione di “cast artistico”, perché anche quando c’erano nomi “pesanti” della musica italiana e internazionale, si dicevano le stesse cose. Il messaggio da cogliere, ogni volta da questa notte speciale, che convinca o meno i più scettici, è la sua prorompente capacità di sedurre ancora tanti curiosi e, allo stesso tempo, di mettere in mostra un Salento ricco di una cultura intima e popolare, non rinunciando ad una professione di “autenticità”. È il “prodigio” umano del rituale collettivo che si replica.