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Domenica, 28 Aprile 2024
La rabbia dei pescatori locali / Ugento

Pesca al cianciolo, nuova mattanza nello Ionio. La battaglia di Pagliaro e Minerva

Almeno tre imbarcazioni provenienti dai compartimenti marittimi di Sicilia e Campania sono in attività tra le secche di Ugento e l’alto Ionio gallipolino riproponendo il rastrellamento dei fondali con le reti da circuizione. All’allarme del consigliere regionale si associa la dura presa di posizione del sindaco

UGENTO/GALLIPOLI – Uno scenario già visto e che ha mandato su tutte le furie, già nella scorsa stagione, la marineria salentina che grazie anche all’intervento della capitaneria di porto è riuscita a rimandare a casa il peschereccio siciliano dedito alla pesca cosiddetta “a cianciolo”. Ma l’incubo sembra essersi nuovamente riaffacciato al largo delle secche di Ugento e lungo il litorale ionico di Gallipoli. Quello di una nuova mattanza nei mari del Salento che nei giorni scorsi è stata ampiamente denunciata anche all’attenzione del governo regionale dal consigliere Paolo Pagliaro.             

“L’incubo è tornato. Una nuova mattanza è in atto nelle acque del Salento da parte di pescherecci che arrivano da fuori regione, in particolare dalla Sicilia, e rastrellano i fondali con la famigerata tecnica del cianciolo, desertificando intere aree marine. Per tutta l’estate scorsa abbiamo denunciato e osteggiato questa carneficina” ha sottolineato il consigliere regionale, “con il sostegno dei pescatori salentini e la collaborazione delle capitanerie di porto, tanto da costringere i barconi siciliani a battere in ritirata”. A seguito di  ciò lo stesso consigliere aveva presentato già nell’ottobre scorso una mozione in consiglio regionale per mettere una pietra definitiva contro questa pratica predatoria, impegnando la giunta regionale a creare zone cuscinetto nelle acque del Salento e della Puglia, in corrispondenza delle secche tra i 20 e i 40 metri di profondità laddove i pesci si concentrano per riprodursi, vietando lo stazionamento delle motonavi da pesca

L’obiettivo ovviamente quello di impedire che interi banchi di pesce possano essere localizzati e trascinati al largo con l’uso di luci e sonar, per poi essere messi in trappola con il cianciolo in una sola retata. Quella pratica che si è  riaffacciata prepotentemente in queste settimane dove sono state segnalate le attività di almeno tre imbarcazioni, rivenienti dai compartimenti marittimi di Sicilia e Campania, operative lungo i litorali ionici con la tecnica della pesca con il cianciolo, la rete da circuizione a chiusura meccanica.

“La mia mozione, dopo quasi un anno, non è stata ancora discussa in consiglio regionale ma chiederò che venga portata in aula nella prima seduta utile, per difendere i nostri mari da questa nuova minaccia” ha precisato Pagliaro, “se venissero istituite le zone cuscinetto, nel raggio di 3 miglia dai punti più alti delle secche con profondità dai 20 ai 40 metri verrebbe proibito lo stazionamento dei pescherecci industriali, mentre non ci sarebbero divieti per le piccole imbarcazioni da pesca che praticano tecniche non invasive”.

Minerva: “Stop alla razzia nel nostro mare”

La questione non ha lasciato indifferenti anche la marinerai gallipolina e le istituzioni locali che con il sindaco Stefano Minerva, hanno lanciato un nuovo grido di allarme.

“Siamo alle porte dell'autunno e come ogni anno si presentano le stesse problematiche che interessano il nostro habitat marino. Vorrei dire pescherecci, ma in realtà si tratta di vere e proprie navi, provenienti da altri compartimenti, Sicilia e Campania, attrezzate per la pesca dei pelagici, fornite di reti cieche alte 100 metri e di sofisticata attrezzatura elettronica per l'individuazione dei banchi di pesce” dice il primo cittadini di Gallipoli, “qualsiasi tipo di pesce, dal più grande al più piccolo, non ha via di scampo e il saccheggio è pressoché totale in quanto oltretutto l'orario di pesca è h24 per giorni e giorni. Inoltre il pesce già imballato, per occultare la natura del pescato, viene scaricato la notte per non dare nell'occhio”.

Tutto ciò avviene nelle acque territoriali salentine dove i pescatori praticano una pesca ecosostenibile, dettata da un tempo di lavoro in mare autoregolato e limitato intorno a una media di 9/10 ore, caratterizzato dall'utilizzo di reti controllate dalla regolamentazione della piccola pesca.

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“Il nostro mare, che è di per sé ricco di fauna e flora in fondali incontaminati, che consentono l'arrivo di varie specie per la deposizione delle uova” continua Minerva, “non può e non deve essere saccheggiato con una pesca indiscriminata e soprattutto di tipo industriale, in quanto arreca danni incalcolabili all'intero ecosistema marino. Continuare a consentire un operato di questo tipo significa inoltre deturpare sensibilmente un meraviglioso luogo di straordinaria attrattiva turistica che, oltre alla pesca, per i locali è fonte di reddito. In buona sostanza, l'arrivo ciclico di queste navi da pesca rappresenta un autentico pericolo per l'ecosistema marino e un sicuro danno alla nostra economia”.

Per questo motivo il primo cittadino di Gallipoli ha specificato la sua “più sincera e netta” contrarietà a questa modalità di pesca, motivo per cui ha chiesto, a gran voce, alle istituzioni, alla Regione, al Governo, all’Unione Europea di intervenire per evitare “questi veri e propri scempi”.

“Mi permetto anche di aggiungere, relativamente a questa modalità e alle zone in cui svolgere le attività” conclude Minerva, “un forte dispiacere nell’apprendere che certe, chiamiamole così, soffiate vengano date degli abitanti del posto. Questo vuol dire solo una cosa: non avere a cuore il proprio territorio. Infine, il mio invito a chi di dovere di effettuare gli opportuni controlli poiché probabilmente le azioni di pesca iniziano già sulle secche inferiori a 100 metri con attività di pastura, perciò ritengo inammissibile che altri pescherecci provenienti da fuori debbano deturpare così il nostro ecosistema”.

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