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Consiglio di Stato

Nessuno spiraglio, royalty non dovuta: inevitabile il rimborso di 8 milioni di euro

Il Comune di Cavallino aveva fatto ricorso per la revocazione della sentenza di maggio. Per i giudici non ci sono, però, i presupposti: altri 26 enti hanno corrisposto per anni più del dovuto per il conferimento dei rifiuti indifferenziati

CAVALLINO - È stato dichiarato inammissibile dalla Sezione Quarta del Consiglio di Stato il ricorso presentato dal Comune di Cavallino per la revocazione della sentenza con la quale lo stesso collegio aveva confermato l’esito davanti al Tar del contenzioso relativo a una voce della tariffa di conferimento dei rifiuti indifferenziati presso l’impianto gestito da “Ambiente & Sviluppo” sul territorio di Cavallino.

La conseguenza principale è che l’ente dovrà restituire ai 26 Comuni dell’ex Ato Le 1 circa 8 milioni di euro, cioè quanto percepito a titolo di royalty. Si tratta di un corrispettivo pari a 7,23 a tonnellata, inserito nella convenzione del 1999 siglata tra l’ente e l’associazione temporanea di imprese che ha progettato, realizzato e messo in esercizio l’impianto La convenzione aveva durata decennale, ma la gestione del sito è andata avanti di proroga in proroga.

Il contenzioso era sorto quando il Comune di Cavallino aveva impugnato il provvedimento con cui l’Agenzia regionale per i rifiuti (Ager), nel 2018, aveva rideterminato (in coerenza con l’annullamento da parte dei giudici di precedenti deliberazioni), le tariffe di conferimento per gli anni 2011, 2012, 2013, 2017, 2018 escludendo la royalty a favore del comune ospitante. Il Tar Puglia, sede di Lecce, aveva però respinto le argomentazioni prospettate dall'ente che rivendicava la legittimità di quella componente tarriffaria.

Il Consiglio di Stato, da ultimo, non ha ravvisato i presupposti di una revocazione. Secondo i legali del Comune di Cavallino, Ernesto Sticchi Damiani e Lucio Giuseppe Longo, l’errore per il quale sarebbe stato doveroso per i giudici di secodo grado tornare sui propri passi consisteva nel fatto che la sentenza impugnata avesse escluso categoricamente una proroga della convenzione, nonostante una deliberazione del 29 novembre del 2010 da parte dall’Assemblea dei sindaci dell’Ato Lecce 1 che prevedeva che la gestione dell’impianto rimanesse in capo alla stessa società fino al 31 dicembre dello stesso anno “e comunque fino a quando l’assemblea non assuma ulteriori determinazioni in merito”.

Sul punto il Consiglio di Stato ha spiegato che non c’è stato alcun errore di fatto a determinare la sentenza impugnata dal Comune, dal momento che, pur ammettendo l’interpretazione del ricorrente, la convenzione sarebbe stata comunque prorogata fino al termine del 2010, termine dopo il quale non sarebbe stato possibile, in ogni caso, avanzare una legittima rivendicazione.

Il collegio ha ribadito, poi, che in materia di rifiuti i fattori che determinano la tariffa sono stabiliti per legge e che nessuna norma prevede una royalty di quel tipo. È stato richiamato dai giudici che il principio della copertura necessaria dei costi vale tanto per il gestore dell’impianto, che ha diritto a sostenere l’esercizio del sito, quanto per i Comuni che conferiscono e che devono essere gravati dei soli costi necessari allo svolgimento delle attività di trattamento dei rifiuti. Chi ospita un impianto, secondo la normativa vigente, beneficia già del cosiddetto ristoro ambientale.

I 26 comuni interessati (Guagnano, Porto Cesareo, San Donato di Lecce, Lizzanello, Caprarica di Lecce, Castri di Lecce, Carmiano, Lequile, Melendugno, Salice Salentino, Monteroni di Lecce, Squinzano, Lecce, Campi Salentina, Martignano, Trepuzzi, Copertino, San Cesario di Lecce, Vernole, Arnesano, Calimera, Leverano, Novoli, San Pietro in Lama, Surbo, Veglie) sono stati rappresentati in giudizio dagli avvocati Luigi Quinto, Angelo Vantaggiato, Domenico Mastrolia, Francesco Marchello, Roberto De Giuseppe, Nicola De Filippis e Laura Astuto, mentre Francesco Cantobelli, Luca Vergine e Marco Lancieri hanno tutelato gli interessi dell’Ager.

“Il giudice – ha commentato Luigi Quinto - ha ritenuto legittimo il provvedimento di Ager che ha escluso la corresponsione di quella voce in favore del Comune di Cavallino alla luce del principio di riserva di legge di cui all’aricolo 23 della Costituzione, che impone che ogni voce tariffaria sia coperta da una previsione normativa. Di contro (come già rilevato nel primo grado di giudizio) il Comune di Cavallino non ha fornito alcuna plausibile giustificazione dei motivi per cui la royalty debba continuare ad essergli corrisposta, nemmeno da un punto di vista economico-finanziario collegato all’esercizio dell’impianto”.

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