rotate-mobile
L'intervista

Scienza e comunicazione in pandemia: gli effetti collaterali di un intreccio a rischio

Negli ultimi due anni il sistema dell'informazione si è inceppato più volte, generando conflitti e prestando il fianco alle fake news. Ma già prima dell'emergenza sanitaria una profonda trasformazione era in atto e gli esiti sono imprevedibili

LECCE - Era dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, probabilmente, che un fatto non si imponeva all'attenzione generale in modo così costante e pervasivo: la pandemia di Sars Cov 2 è stata la protagonista indiscussa dell'ultimo biennio, quasi non s'è parlato d'altro. Ma, mentre allora i canali di informazione erano pochi e con una organizzazione interna molto definita e quindi percepibile, oggi il ruolo giocato dai social network e l'accesso diretto alla dimensione comunicativa, con la possibilità anche per il singolo di raggiungere una platea potenzialmente vasta, hanno cambiato le carte in tavola, rovesciando i paradigmi. Si tratta di un processo, necessario e auspicabile, di democratizzazione oppure di massificazione, dunque di appiattimento? 

Il giornalismo, che del sistema di informazione è asse portante, sta attraversando almeno da un paio di decenni una profonda trasformazione e l'irruzione sulla scena della pandemia ne ha solo accentuato i caratteri patologici. Ne abbiamo parlato con Elio Donno, presidente del Consiglio di disciplina dell'Ordine dei giornalista, organo che vigila sul rispetto delle regole della professione. 

L’esplosione della pandemia ha generato un cortocircuito tra informazione e scienza con il risultato, sovente, di disorientare l’opinione pubblica: che idea si è fatto di quanto è accaduto negli ultimi due anni?

"Purtroppo una comunicazione sbagliata ha accentuato paure, divisioni e confusione. Mi riferisco sia alla comunicazione istituzionale, cioè i messaggi che le istituzioni lanciano quotidianamente sull’andamento del Covid e sulle strategie di contrasto, sia all'informazione giornalistica, che riferisce ai cittadini le scelte delle istituzioni e fornisce le indicazioni essenziali. Non sono mancate contraddizioni, mentre si dovevano spiegare con maggiore semplicità le decisioni assunte e i loro obiettivi, senza annunci di risultati spesso non raggiunti. Le notizie false trovano spazio proprio quando le promesse certe non si realizzano.Perciò è meglio parlare con sincerità quando non si hanno certezze sul futuro".

La proliferazione di teorie antiscientifiche ha invaso il dibattito e aperto riflessioni sulla libertà di espressione, che è un principio inviolabile in democrazia. Dal punto di vista giornalistico hanno diritto di rappresentanza tutte le opinioni, oppure c’è un limite oltre il quale non si può andare?

"Credo che dovrebbero esserci meno invasione di virologi e scienziati, meno dibattiti su opinioni diverse e a volte inconciliabili, più contenuti scientifici sperimentati e chiariti con linguaggio comprensibile da tutti. L’informazione medico-scientifica, pur essenziale durante la pandemia, non può affidarsi esclusivamente al parere degli esperti senza una sintesi giornalistica. E, poi, tante frasi ad effetto magari per aumentare l’audience sfruttando la fragilità emotiva creata dal virus…In situazioni così serie è meglio evitare sensazionalismi e privilegiare la sobrietà della comunicazione".

Ben prima della pandemia, il combinato disposto dall'onnipresenza dei social network e dalla necessità degli editori di monetizzare le letture, ha portato da una parte a rendere difficile la distinzione tra un testo giornalistico e uno che non lo è, dall’altra a inseguire i click a qualunque costo. La professione ha gli strumenti e la forza per reggere all’impatto di questa fase?

"Vi è l’esigenza di un giornalismo che non abbia paura di confrontarsi con il nuovo, in grado di utilizzare al massimo le risorse dei tanti linguaggi che i variegati strumenti di comunicazione propongono, pronto a misurarsi con nuove figure professionali, anzi disposto ad aprirsi apre nei loro confronti. Non si può avere lo sguardo rivolto al passato. E’ necessario adeguarsi, carta stampata e tv ad una realtà che però non può essere però fatta di like, quelli lasciamoli ai leoni da tastiera".

Ieri la cronaca rosa, oggi il gossip: i giornali spesso abbondano di contenuti dal tono squisitamente scandalistico e polemico che riguardano note trasmissioni televisive e personaggi di qualche rilevanza. Ma è davvero tutto inquadrabile come notizia o ci sono delle regole che sarebbe bene considerare?

"Spesso le trasmissioni fatte di intrattenimento e giornalismo pagano questo scotto ed alcuni giornalisti, per evitare sanzioni disciplinari, si sono dimessi dall’Ordine continuando a fare trasmissioni giornalistiche nelle quali c’è di tutto. Un conto è il diritto di esprimere opinioni, un conto comunicare professionalmente con continuità. Anni fa l’allora presidente dell’Ordine, Enzo Iacopino, denunciò il caso alla magistratura ma la denuncia fu archiviata".

Lo sviluppo tecnologico ha reso l’informazione isterica, un inseguimento costante del presente. L’imperativo è pubblicare il prima possibile e si finisce per spacciare come propri dei comunicati stampa che vengono impaginati senza essere ribattuti, come si dice in gergo: è giustificabile questa prassi?

"Qui scatta la professionalità, la sensibilità, la capacità di ammettere che è meglio arrivare dieci minuti dopo che sparare cavolate. Spesso su giornali online leggo polemiche su chi ha dato per primo una notizia. Il segreto è andare al cuore delle vicende, non accontentarsi della prima impressione, scavare, approfondire, scoprire cose nuove ed esporle, pur nella fretta che però non può essere precipitazione sulla tastiera".

Un giornale che fa presumere che un fatto grave o sensazionale sia avvenuto nel bacino di riferimento dei propri lettori, quando invece porta dritto all’altro capo del mondo, senza alcuna specificazione nel titolo o nel sommario, sta facendo bene il suo dovere?

"Assolutamente no. E’ un modo artificioso per ingannare il lettore. Il titolo deve riassumere in poche parole il fatto nel rispetto della vecchia regola: come, dove, quando".

Altro nodo al pettine: la distinzione tra contenuto giornalistico e quello promozionale è sempre più labile. Volutamente più labile. Per arginare questa deriva cosa è possibile fare? Esiste una responsabilità in capo ai direttori?

"La pubblicità, si dice, è l’anima del commercio ed è linfa per gli organi di informazione. Ma basta distinguerla dall’informazione. Spesso affianco a un articolo che illustra tecniche di una materia trovi lo spazio pubblicitario di una ditta o si intervistano persone che illustrano dettagli di una procedura produttiva e poi escono banner della ditta a lui collegata. Questa si chiama pubblicità occulta. I direttori dovrebbero vigilare e in tal senso sanzioni deontologiche ce ne sono state, perché il Testo Unico sui doveri è esplicito. Purtroppo, le aziende sono in difficoltà, lo stato elargisce fondi per i prepensionamenti, ma non fa altrettanto per incoraggiare nuove assunzioni. E’ la storia del cane che si morde la coda".

Il mestiere del giornalista è sempre più precario e i livelli contrattuali del passato sono una chimera. È necessaria anche una riforma degli istituti di governance e di rappresentanza della professione?

"Purtroppo c’è una grande sacca di lavoro nero, sottopagato con una crisi dell’editoria La professione si è allargata, non è più fatta da carta stampata e tv. Perciò, innanzitutto è necessario creare delle condizioni che diano una prospettiva al settore, come ha detto il nuovo presidente dell’Ordine, Carlo Bartoli, riscrivendo le regole della professione e poi quelle degli istituti di governance e di rappresentanza".

Come curatore del massimario che viene edito ogni anno con le decisioni adottate dall'organo che ora presiede, lei è tra i massimi esperti di deontologia giornalistica in Italia. Qual è la vicenda che ricorda come la più spinosa e interessante?

"Più che spinosa, penosa. Un giornalista campano andava in tv presentandosi come moralizzatore denunciando casi di usura e promettendo di fare nomi e cognomi. Poi avvicinò il presunto usuraio chiedendogli soldi pena la rivelazione del suo nome in tv. Su denuncia dell’interessato fu sorpreso dai Ccarabinieri mentre intascava la ‘mazzetta’ ed arrestato. Fu naturalmente radiato dall’Ordine".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Scienza e comunicazione in pandemia: gli effetti collaterali di un intreccio a rischio

LeccePrima è in caricamento