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Cronaca

Acque contaminate? Asl vuole vederci chiaro con il progetto "Minore"

Presentato progetto che prevede monitoraggi non obbligatori nelle zone inquinate. Lo scopo è indagare sulla qualità dell'acqua. Coinvolti anche i sindaci salentini

LECCE – In provincia di Lecce si muore di tumore, polmonare per l’esattezza, ma anche di carcinoma alla vescica. E non è neppure una novità. I dati epidemiologici, messi nero su bianco nel Registro dei tumori, sono noti dal 2008 e le ultime evidenze scientifiche registrano un incremento di queste patologie anche nella popolazione femminile.

Un aumento “inspiegabile”, quello delle neoplasie alla vescica, secondo il direttore dell’unità medica di Oncologia della Asl di Lecce, Giammarco Surico, le cui cause non sono ancora del tutto note. Di certo c’è che i due big killer (così definiti dal collega dell’unità di Epidemiologia, Fabrizio Quarta) presentano fattori di rischio simili. Tra i principali si annoverano il fumo di sigaretta, gli agenti occupazionali, l’abuso di radioterapia, fattori dietetici (compresa la salubrità dell’acqua) e la chemioterapia. Ma, a ben vedere, il Cnr ha precisato che i salentini non sono tra i più accaniti fumatori su scala nazionale e l’inquinamento ambientale è salito da tempo sul banco dei principali imputati.

I due medici hanno sciorinato i dati nel corso di un incontro organizzato dall’azienda sanitaria, aperto ai sindaci dei Comuni salentini, e volto a presentare il nuovo progetto di monitoraggio della falda acquifera. Il punto di partenza sono, come sempre, i dati a disposizione, per quanto incompleti. La mappatura del registro dei tumori, riproposta questa mattina, non presenta grandi novità: ogni anno si registrano mediamente 330 nuovi casi di tumore su una popolazione che tende ad invecchiare; il tasso standardizzato (che rappresenta l’indice più rilevante per le analisi) è tra i più elevati in Italia ed in Europa; le possibilità di sopravvivenza hanno raggiunto l’80 percento, segno dell’ottimo lavoro svolto da medici e personale sanitario della rete oncologica.

Il territorio, visto con la lente d’ingrandimento, presenta un’ incidenza di neoplasie nella popolazione maschile particolarmente significativa nei distretti di Maglie, Gallipoli e Lecce; nella variante femminile sono interessati invece di territori di Martano, Nardò e Gagliano del Capo. A breve giro di posta saranno resi noti anche i dati che riguardano il cluster del carcinoma alla vescica che ha sta risalendo la classifica, collocandosi al 7° posto, mentre il nefasto primato rimane quello del tumore alla mammella.

A dispetto delle notizie di cronaca, che si agganciano alle dichiarazioni dell’imprenditore Rosalfio sui fusti di Pbc tombati nella ex discarica di Burgesi, non vi è nessun allarme sanitario. O meglio, la situazione è preoccupante da diversi anni ed è nota. L’unica soluzione efficace – come hanno spiegato il sostituto procuratore della Repubblica, Elsa Valeria Mignone prima, ed il dottore Surico poi - rimane quella della bonifica delle discariche. Bonifica che dovrebbe essere a carico di chi ha inquinato e non pesare sulle tasche della comunità, traducendosi in un boom incontrollato della spesa farmaceutica.

Perché i livelli d’inquinamento si traducono in un costo sanitario alla lunga insostenibile. Lo ha spiegato efficacemente la dirigente generale della Asl, Silvana Melli in apertura dei lavori: “è vero che non si può ragionare in termini campanilistici, ma non possiamo pagare in Puglia  lo scotto dell’inquinamento ambientale, ed emblematico è il caso di Taranto. È bene ricordare che prima viene la salute, e poi l’industria. In ogni caso l’azienda sanitaria è attiva sul fronte della prevenzione e partecipa al progetto Geneo della Lilt, volto al monitoraggio dello stato d’inquinamento del suolo; è parner di due progetti europei ed sta portando avanti il progetto Minore per i monitoraggi idrici non obbligatori della falda acquifera”.

Da un anno l’Asl di Lecce è impegnata sul progetto Protos, volto a costruire i report sull’incidenza delle neoplasie e indagare i fattori di rischio. “Lo studio è stato avviato dal dipartimento di prevenzione della Asl insieme al Cnr ed Unisalento – ha puntualizzato il direttore sanitario Antonio Sanguedolce – ed entro fine anno potremo divulgare i risultati definitivi. Per adesso si è sottoposto a questionario un campione di 343 pazienti, su 500 casi totali, ed i ricercatori hanno analizzato i fattori di rischio su 71 comuni della provincia”.

Il direttore del dipartimento di Prevenzione, Giovanni De Filippis, ha chiarito i dettagli del progetto MINORE, avviato proprio al fine di ottenere risposte concrete sui rischi per la salute pubblica di una falda idrica potenzialmente inquinata. Una premessa è doverosa: le caratteriste idrogeologiche del territorio, ovvero la sua natura carsica e l’alta salinità, rendono il Salento una potenziale bomba ecologica a lento rilascio. A ciò va aggiunto che i dati che attestano lo stato di qualità delle acque, per quanto rassicuranti, risultano parziali.

“Esistono dei buchi informativi ed il numero di analisi eseguite è inferiore a quello programmato – ha precisato De Filippis -. Vi sono 13 mila pozzi autorizzati da monitorare e la Asl, di concerto con i sindaci, ha intenzione di chiedere alla Regione Puglia, di ampliare le analisi aggiungendo altri 40 pesticidi all’elenco dei monitoraggi del Rapporto Ispra 2016”.

Nonostante la Puglia sia al terzo posto nella classifica delle regioni che utilizzano prodotti fitosanitari, il loro uso non è sufficientemente monitorato nelle acque sotterranee. Tra questi spicca il noto Glifosate, un erbicida dichiarato potenzialmente cancerogeno e massivamente usato dagli agricoltori, anche per contrastare gli effetti della temuta Xylella.  

Il progetto MINORE – che costerà 420 mila euro cofinanziati da Regione e Asl - mira proprio a colmare queste lacune, controllando le acque sotterranee in aree potenzialmente contaminate da sostanze pericolose, a partire dalle discariche attive e dismesse.  Dal punto di vista della metodologia, il percorso è strutturato in più fasi: ampliamento dei monitoraggi delle acque destinate al consumo umano; ampliamento delle analisi relative al progetto MAGGIORE; monitoraggio delle aree con inquinamento documentato; valutazione del rischio sanitario; azioni di informazione alla popolazione e approfondimenti sulle matrici alimentari.

La Asl si avvarrà delle sue risorse professionali interne e della collaborazione con Università del Salento, Acquedotto Pugliese, Arpa, Cnr, Procura della Repubblica, Provincia di Lecce e Comuni del Salento. Al termine dell’incontro la dottoressa Melli ha proposto ai sindaci presenti di aprire un tavolo operativo volto alla costituzione di un Protocollo d’intesa per la corretta gestione della falda acquifera. Lo scopo è quello di fissare delle linee guida, a disposizione di tutte le amministrazioni comunali, con paletti più rigidi rispetto alla normativa vigente.

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