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Cronaca

Nuovo colpo al business della droga a Melissano: all’alba 23 in manette

Una nuova fase dell’indagine partita nel 2018 a seguito di alcuni fatti di sangue, tra cui l’omicidio di Francesco Luigi Fasano, è sfociata nel blitz denominato “La svolta 2.0”

LECCE – Nuova fase nell’indagine partita nel 2018. Disarticolato l’organigramma dell’organizzazione dedita al traffico e spaccio di stupefacenti sulla piazza di Melissano: blitz all’alba, in 23 finiscono in manette, di cui otto in carcere e 15 ai domiciliari. Altri sette sono indagati a piede libero. I provvedimenti cautelari sono stati emessi dal gip del Tribunale di Lecce, Sergio Tosi e su richiesta della Direzione distrettuale antimafia (Guglielmo Cataldi e Maria Vallefuoco), al termine di una complessa attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica e condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo, in collaborazione la compagnia di Casarano. Le operazioni hanno avuto inizio alle prime luci dell’alba, con il supporto di un elicottero del sesto Nucleo di bari, di due unità cinofile del Nucleo cinofili di Modugno e dello squadrone eliportato “Cacciatori” di Puglia.

I destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono: Rocco Bevilacqua, alias “Fettina”, melissanese di 30 anni; Salvatore Caputo detto “U nanu”, melissanese di 43 anni; Paolo Stefanelli, detto “Mangone”, 39enne di Ugento; Antonio Bevilacqua, alias “Fettina”, melissanese di 62 anni; Ferdinando Librando, melissanese di 54 anni; Luciano Manni, alias “Barbetta”, melissanese di 68 anni; Maicol Andrea Manni, melissanese di 29 anni e Angelo Rizzo, melissanese di 25 anni, attualmente detenuto nel carcere di Lecce.

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Ai domiciliari, invece: Diego Antonio Caputo, 25enne di Melissano, Paola Caputo, melissanese di 38 anni; Fabio Antonio Causo, melissanese  di 64 anni; Matteo Cazzato, melissanese di 29 anni; Rosario Cazzato, melissanese di 59 anni; Stefano Ciurlia, melissanese di 42 anni, Natasha Micaletto, 38enne di Melissano; Giuliano Pizzi, alias “Tigna”, 60enne residente a Melissano; Gianluca Pizzolante, ugentino 45enne; Ottavio Salvatore Scorrano, di 35 anni e residente ad Alliste; Caterina Spennato, melissanese di 28 anni; Beniamino Stamerra, melissanese di 36 anni; Luca Tarantino, alias “Quartara”, ugentino di 38 anni; Vito Paolo Vacca, racalino di 25 anni; Tommasa Isabella Venosa, melissanese di 40 anni.  Gli indagati fermati all’alba, nell’operazione denominata “La svolta 2.0”, rispondono a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, concorso in duplice omicidio, porto e detenzione abusiva di armi, detenzione e spaccio di stupefacenti, estorsione e tentata estorsione.

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Quella di oggi è la prosecuzione di un’attività investigativa che, il 26 luglio di due anni addietro, portò i carabinieri del nucleo investigativo ad eseguire dieci fermi nei confronti di altrettanti degli odierni indagati, in seguito all’omicidio del giovane Francesco Luigi Fasano. Le misure, in quell’occasione, erano state emesse nei confronti di Daniele Manni, Angelo Rizzo, Maicol Andrea, Luciano Manni, Biagio Manni, Pietro Bevilacqua, Luca Rimo, Luca Piscopiello, Gianni Vantaggiato e Antonio Librando che rispondevano tutti del reato di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, i primi due inoltre dell’omicidio di Fasano e solo Daniele Manni, in concorso con altri non identificati, del tentato omicidio di Bevilacqua e Fasano.  Provvidenziali le intercettazioni telefoniche e quelle effettuate in carcere.

Il video: il blitz dei carabinieri all'alba

Da dove tutto è cominciato

Due gli episodi di sangue a Melissano che hanno dato input all’indagine. Uno il 21 marzo del 2018, con l’omicidio di Manuele Cesari (di fatto deceduto, dopo la sua gambizzazione, il 27 marzo, dopo una degenza in ospedale durata 6 giorni) e il 24 luglio dello stesso anno, con l’efferato omicidio di Francesco Luigi Fasano. Episodi segnati in maniera risolutiva dalla frattura interna al clan capeggiato dai gemelli Antonio e Ferdinando Librando, maturata nell’ambito della spartizione per il controllo del traffico illecito di droga sulla piazza di Melissano. Le risultanze investigative hanno evidenziato la scissione della compagine melissanese, fino ad allora ancorata a Cesari che, in seguito alla sua morte, con il tempo ed i contrasti tra i sodali, ha portato alla creazione di due consorterie criminali: da un lato, il gruppo “Barbetta”(costituito da Luciano Manni e i figli Daniele e Maicol Andrea), dall’altro quello di Pietro Bevilacqua e Biagio Manni.

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Durante questa fase di riorganizzazione e istituzione dei due gruppo, Fasano è rimasto legato alla famiglia Bevilacqua, in virtù di una storica amicizia con quest’ultimo sin dai tempi dell’infanzia. L’indagine ha consentito di documentare l’estrema operatività del clan al cui vertice si pone Antonio Librando, già condannato per associazione per delinquere di tipo mafioso. Si sarebbe avvalso di Luciano Manni, (già condannato per associazione per delinquere di tipo mafioso), Manni Daniele, Manni Maicol Andrea, Rizzo Angelo, Vantaggiato Gianni (condannato per associazione per delinquere di tipo mafioso ed omicidio), Piscopiello luca, Rimo luca, contrapposto alla scissa consorteria criminale, in via di formazione, promossa da Biagio Manni(condannato per omicidio) con Pietro Bevilacqua e Fasano, poi vittima dell’omicidio.

L’organizzazione e il linguaggio

L’associazione in questione è stata particolarmente attenta negli atteggiamenti e nei linguaggi, così come negli spostamenti e nelle tecniche di avvicinamento e comunicazione da utilizzare quando entravano in contatto tra loro, denotando una elevata caratura criminale anche dal punto di vista organizzativo. Nel corso delle conversazioni telefoniche, è emerso, infatti, un accurato studio anche per l’individuazione dei luoghi in cui effettuare gli incontri. Hanno spesso utilizzato un linguaggio criptico finalizzato a mantenere riservata la loro identità e quella degli altri sodali, attribuendosi ognuno, nelle stesse, un nome in codice.

Una tensione continua fra le due fazioni

L’acuirsi delle vicende tra i due gruppi dell’associazione hanno portato a una guerra in cui le vittime designate erano, in maniera indistinta, gli appartenenti all’una o all’altra fazione. Così come a tensioni e per la conquista di posizioni gerarchiche da rivestire all’interno dell’associazione per il controllo dell’attività di approvvigionamento e distribuzione dello stupefacente e per la spartizione dei relativi compensi. Vicende che hanno determinato l’ira tra i gruppi di Manni Luciano “barbetta” e Bevilacqua Pietro/Manni Biagio, entrambi disposti a uccidere. Tanto che per raggiungere questo scopo hanno escogitato un sistema di “controllo” basato sul pedinamento dell’appartenente al gruppo rivale con veri e propri servizi di osservazione anche notturna e dove, alla prima favorevole occasione, si sarebbe proceduto alla soppressione dell’avversario, se ce ne fosse stata l’occasione.

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In questo clima, un fatto di sangue avviene il 19 luglio del 2018, quando il gruppo “Barbetta” esplode diversi colpi di arma da fuoco all’indirizzo di Bevilacqua e Fasano, i quali scamparono miracolosamente alla morte riuscendo a trovare riparo dietro le lamiere delle proprie autovetture. Il gesto scatena l’ira di Biagio Manni che, assieme a Bevilacqua, inizia a pianificare la controffensiva da una località protetta e nota esclusivamente ai sodali di quel gruppo. Così matura l’agguato mortale ai danni di Fasano, perpetrato in concorso da Manni Daniele e Rizzo Angelo, divenuto vittima designata poiché facente parte del gruppo antagonista.

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