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Cronaca

Benvenuti a San Cataldo, terra di proclami e di nessuno

Immondizia sparsa ovunque, randagismo, abitazioni private devastate dai vandali. Ecco come si presenta la principale marina leccese alle porte dell'estate. E si chiedono perché non emerge...

Caro San Cataldo, ti scrivo.

No, ascoltami. Te lo dico subito: sono cattolico, ma non pratico. Non ti offendere, però. Non voglio che mi scomunichi per questo. Piuttosto, scomunicami perché sono leccese. Lo accetto. A capo chino. Scomunicami, perché sono leccese ed ho dimenticato la marina che porta il tuo nome. Eppure, tu non ti sei mai dimenticato di me.

Ascoltami, ti prego, San Cataldo. Sì, lo so: sembra una preghiera, ci ricordiamo dei santi solo quando ci pentiamo di qualcosa, la pro loco a te intitolata conta per i giornali solo quando porta Riccardo Cocciante a cantare sulla rotonda quadrata, quella che manco c'è più, eccetera, eccetera.

Va bene, San Cataldo, hai ragione, San Cataldo, ne convengo, San Cataldo. Però, il mio è un pentimento sincero. Nasce da un pellegrinaggio nel santuario di gioventù, rimbomba nella mia mente, si trasforma in parole. Sono passato ieri dalle tue parti. Per i soliti convenevoli, sai. Come stai, come butta, che tempo fa. E ti ho trovato in pessima forma.

No, no, non capire male, ti prego. Mica ti devi iscrivere in palestra e buttare giù quella pancetta antiestetica, San Cataldo. Semmai, devi farti visitare da un buon medico, fare un check-up completo. Ci sono cose che proprio non vanno. Troppi agenti esterni. Mannaggia a loro, che rompipalle. Questi agenti esterni. Mai che si facessero i fatti loro. Ah, e sai una cosa? In confidenza, San Cataldo: sono agenti in borghese (non lo dire in giro, ti prego!), vengono da Lecce, ti provocano in ogni modo. No, aspetta, San Cataldo. Ho detto che sono agenti in borghese, ma mica ti ho detto che sono della Digos. Sono agenti esterni. Agenti. Persone che agiscono, insomma. E male. Chi? Ma leccesi, San Cataldo mio, per la miseria. Cittadini! E dai, non fare finta di niente e soprattutto non farmi bestemmiare. Eh, ho capito, va bene, ora lo so: t'hanno fatto santo "peccé teni pacienza". Ma "puru troppa, pe mie", San Cataldo.

Però io ti voglio bene, perché sebbene io mi sia dimenticato di te, tu non ti sei mai dimenticato di me. Mi hai sempre accolto a braccia aperte. Sai, ti ricordi quando non avevo manco 16 anni? Ti ricordi, eh? Nascevano i primi amori, nascosti fra le cabine delle spiagge. E quella volta che è venuta la modella dalla Repubblica Ceca? Ti ricordi, eh? Monello d'un San Cataldo, non fare commenti. Eppure, quanto t'ho voluto bene, amico mio. Lei ha scoperto grazie a te i colori del mare. Ricordo io stesso quel colore, quel verde meraviglioso, cristallino, limpido. Si riverberava nei suoi occhi e si tramutava in amore stupito. Beh, sì, poi non è andata bene, fratello mio. Ma questa è la vita, lo sai. E poi, chissenefrega. Poi è arrivata l'amica dall'Inghilterra. E anche lì, anche lì è stato un trionfo di gradazioni armoniose, di tinte spennellate fra cielo e mare, di occhi colmi di lacrime di fronte alla stupefacente bellezze della natura. E anche lì è esplosa la gioia, incontenibile, divampante.

E' una vita che mi stai accanto, San Cataldo mio. A dieci chilometri da casa mia, il paradiso dei sognatori. Hai visto nascere, morire e rifiorire i miei mille amori, mi hai accolto silenzioso fra le tue braccia nei giorni più tristi dei pensieri sparsi e confusi, quando il mio papà se ne andava via per sempre ed avevo bisogno delle onde del tuo mare per chiudere gli occhi e gettare nell'infinito i miei sentimenti di ragazzino smarrito nel suo intimo dolore.

Ti voglio bene, San Cataldo. E so che silenziosamente, ti amano in tanti. Come me, più di me. Eppure, San Cataldo, per te facciamo proprio poco, facciamo veramente poco, facciamo proprio un cavolo si nulla. So che stai sorridendo, da lassù, tu che sei antichissimo Portus Adriani, che vivi da tempi immemori ed hai visto nei secoli di storia ben altri personaggi che i grotteschi chiacchieroni di oggi. Un uccellino s'è poggiato sul balcone di casa mia, e m'ha raccontato che poco tempo fa c'è stata un'elezione, e che i vari candidati sindaco più volte sono venuti a piangere sulla tua tomba.

Ahimè. Loro hanno la soluzione ai tuoi mali, San Cataldo mio. Almeno così dicono. E sai che ti dico io? Ti dico che spero facciano davvero qualcosa, che ripuliscano tutta l'immondizia su strada e spiagge, che propongano controlli serrati nei tuoi boschi violati da luridi sozzoni (vergogniamoci, leccesi, vergogniamoci: guardate le foto, ammirate quanto facciamo schifo), che si facciano garanti di una vigilanza notturna serrata per impedire che quattro deficienti senza altro pensiero nella vita, se non quello di demolire gli altrui testicoli, distruggano deliberatamente le proprietà private messe in piedi con onesta fatica e sudore (ho contato e fotografato personalmente undici citofoni divelti o dati alle fiamme: chi vigila?), che rimettano in sesto pavimenti sconnessi e taglino l'erba che germoglia sovrana nel deserto.

Ho viaggiato in tutto il mondo, San Cataldo. Sono stato in posti celebratissimi, senza capire perché lo fossero. Ed alla fine ho capito che sei bellissimo tu, ma incompreso. Colpa mia, di leccese zozzo e ignorante, San Cataldo. E ti chiedo scusa. Scusami, davvero. Sei un potenziale paradiso, l'incuria dei mortali ti dipinge come un inferno.

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