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Cronaca

Benvenuti nella città d'arte sepolta dai rifiuti

Alle 15 di questo pomeriggio il centro storico di Lecce appariva così: cassonetti straripanti di rifiuti con i primi vacanzieri che si aggiravano indignati tra le vie della città vecchia

Lecce città d'arte, se ne fotte di chi arriva e di chi parte. E c'è proprio da esserne "orgogliosi" di questo detto. I sociologi lo definiscono invece una patologia, come la "leccesità", tipica di coloro che se la cantano e se la suonano da soli, mentre il mondo va invece avanti, a "banda larga".

E allora a che servono gli slogan, "Lecce porta d'Europa", "Lecce roba da Unesco", "Lecce ambita meta turistica". E ci fermiamo qui, perché mentre Lecce questo pomeriggio era in siesta così appariva ai turisti: il centro storico con i suoi cassonetti straripanti di rifiuti, i cani nei dintorni a racimolare qualche avanzo di "umido" e lì, seduta su una panchina in piazza Sant'Oronzo, una signora, turista, che si gode il sole primaverile tra gli "Rsu", la sigla che racchiude la produzione di schifezze urbane.

Dobbiamo chiederle solo scusa, alla turista, scusarci perché quel che ci raccontiamo ogni giorno vive spesso racchiuso in questo paesone di provincia, che si sforza disarmonicamente di assomigliare ad una città d'Europa e che invece, come ci racconta questa "bella" foto gallery a volte e solo, tristemente, uno spaccato del Sud che arranca dietro ai sogni.

Non ci sono scuse perché il cuore di Lecce possa apparire così, fosse anche per poche ore. Non ci sono scuse in piazza Sant'Oronzo, non ci sono scuse in via Rubichi, non ci sono scuse di fronte l'elementare Cesare Battisti, non ci sono scuse in via Leonardo Prato, non ci sono scuse in piazzetta Santa Chiara, non ci sono scuse a Porta Napoli. E non ci sono scuse per chi ancora afferma nel 2007 "Lecce città d'arte, se ne fotte di chi arriva e di chi parte".

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